Questo è il testo dell’editoriale di
Tempi, settimanale diretto da Luigi
Amicone, in edicola da domani.
C’è una maggioranza schiacciante di illuminati
che vorrebbe cancellare il cristianesimo
dall’Europa. E c’è una maggioranza
(relativa?) di ecclesiastici che
non sa rispondere a questo pervasivo
“odio di sé” se non con la convegnistica.
La realtà è questa. C’è un dissidio senza
precedenti tra élite e popolo. Un dissidio
che in Svizzera si è manifestato nel voto
referendario che, contro il parere di chiese,
giornali, partiti e Parlamento – insomma,
contro tutto l’establishment di potere
– ha bloccato la costruzione di nuovi minareti.
Dicono che è un “verdetto a sorpresa”.
Dicono che ricorreranno a quella
stessa Corte europea che ha appena sentenziato
contro l’esposizione negli ambiti
pubblici del simbolo cristiano per eccellenza
– la croce – per chiedere la messa in
mora della volontà popolare. Errori marchiani.
Invece di piagnucolare dovrebbero
riflettere sulle ragioni della distanza
siderale che c’è tra gli “illuminati” e il
“volgo disperso che nome non ha”. Eddo
Rigotti, insigne linguista e fondatore della
facoltà di Scienze della comunicazione
della Svizzera italiana, sostiene che “la
cultura, a differenza dell’ideologia, ha
una dignità incontestabile che ci detta,
tra l’altro, il rispetto dovuto a ogni cultura”.
Visto da questa prospettiva, niente è
più lontano da ogni dialogo e tolleranza
interculturale di quell’ectoplasma ideologico
e giuridico che chiamano “multiculturalismo”.
“Il rispetto dell’altro – ricorda
Rigotti nel suo libro Conoscenza e significato
– è possibile solo a condizione
che non trascuriamo noi stessi e apprezziamo
la nostra radice culturale”. Imparino
la lezione i signori di Strasburgo e
gli Zagrebelsky de noantri. Chi legifera,
sentenzia e istruisce gli europei a buttare
al vento le proprie radici cristiane, sia
pronto a raccogliere la tempesta di cui il
voto svizzero sembra essere solo una primizia.