DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Da Giussani ad Alberto da Giussano, i cattolici si scoprono minoranza


Al direttore - Che l’Italia sia un paese
cattolico – cioè fedele al cristianesimo
romano universale – ormai lo credono
solo i miscredenti. Cioè la maggioranza
degli italiani. Le recenti e ripetute uscite
della Lega in difesa del crocifisso lo
confermano. Ci sono i tatticismi, che
consigliano ai lumbard una
trasformazione in partito di opinione
(accanto alla permanenza periodica e
spettacolare di movimentismo militante),
e quindi il drenaggio metodico di tutto il
residuo elettorato orfano della Dc. Ma ci
sono soprattutto le caratteristiche del
“popolo” italiano che quasi nulla ha
ormai a che vedere con quello del
dopoguerra. I cattolici, in senso stretto,
sono una discreta minoranza, culturale
prima ancora che politica, così come lo
sono i post-comunisti: gli unici due
“popoli” che hanno fatto l’Italia, sono
ormai immersi nella società liquida,
priva di idee più che di ideologie.
Quando dalla metà degli anni
Cinquanta don Luigi Giussani si propose
un radicale intervento di ricristianizzazione
della società italiana
pochi capirono che il grande prete di
Desio aveva mostrato una sensibilità più
acuta di presunti intellettuali o
giornalisti. Loro continuavano a
etichettare il paese come “servo” (o
“figlio” per i più benevoli) della Chiesa
cattolica. Invece, al più, l’Italia del boom
economico era democristiana. Cristiana
sempre meno, almeno nel senso del
cristiano cattolico. Lui aveva avvertito
che il paese e la chiesa non
assomigliavano più a quelli che aveva
conosciuto nella formazione della sua
vocazione cristiana e sacerdotale.
Spiriti protestanti si erano diffusi nel
sentimento del paese reale, così come
nella gerarchia ecclesiale. L’individuo
aveva progressivamente preso il suo
posto distinto e separato all’interno del
popolo. Il sistema relazionale si era
laicizzato e ridotto a sistema di potere.
Era rimasta una profonda vena
solidaristica, di forte cultura cattolica, ma
sempre più disinteressata alla politica, se
non nel momento in cui chiedeva
l’essenziale per vivere, scambiando il
voto con la richiesta di qualche
necessario sussidio. I cattolici erano fuori
dalla cultura e da tutte le altre casematte
gramsciane. La scuola innanzitutto. Il
sistema mediatico. I grandi centri del
potere economico. I cattolici in Italia
hanno continuato a vivere accettando di
operare in un paese non più loro. I più
lucidi hanno vissuto di missione. I più
generosi non si sono chiesti nulla, se non
la conversione e la solidarietà. Ma la
storia non si ferma: la Dc che crolla come
un guscio vuoto non può essere spiegata
solo dal fervore della magistratura del
’92. Vuol dire che dietro e dentro la Dc
era cambiato il paese. E pochissimi se
n’erano accorti. Da settimane in Italia
rimbalzano le polemiche sui crocifissi,
ma non s’è mai vista una manifestazione
come quella spagnola sull’aborto, o come
quelle francesi di qualche anno fa. In
Italia i cattolici manifestano solo quando
riescono a rappresentare qualcun altro:
l’ultimo evento di piazza è stato forse
quello per la famiglia (con Roccella e
Pezzotta, per intenderci), guidato più da
obiettivi trasversali che cattolici.
Per tornare alla politica la Lega mostra
anche in questo caso la rapidità
manovriera che abbiamo imparato a
conoscere ormai da vent’anni. Il
neopaganesimo che invoca il dio Po, con
pellegrinaggi ai limiti del ridicolo alle
fonti del Monviso, stramba velocemente,
e senza imbarazzi, verso la croce, ridotta
a simbolo ornamentale, al più bellico,
sicuramente non culturale. Una croce
c’era (forse) sullo scudo di Alberto da
Giussano. Una croce c’era (certamente)
sullo scudo della Democrazia cristiana.
La croce brandita dalla Lega è ormai
depurata dal crocifisso. La croce è
innalzata solo come insegna ostile alla
mezzaluna. Perché così è ormai la croce
per la gran parte degli italiani, senza
memoria, senza storia, senza identità, né
cristiana, né altra.
La Lega ha visto i cittadini italiani
sradicati dal loro passato, dopo anni di
risacca scolastica, mediatica, culturale. Il
successo di opinione della Lega si spiega
in questa capacità di conoscere la realtà
del paese: un paese protestante, ma senza
chiese protestanti, senza etica
protestante, senza integralismo religioso
protestante. E certamente non più
cattolico, se non in una sua parte
largamente minoritaria.
Marco Barbieri