DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Pio XII oltre i dubbi. «Fino al 1939 gli archivi sono già aperti: perché nessuno li consulta?»

DI F ILIPPO R IZZI

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al suo studio a Roma, nella sede della Curia generale della Com­pagnia di Gesù, padre Peter Gumpel – il relatore della causa di beatificazione di Pio XII – commenta positiva­mente la notizia che il « suo » Papa è « venerabile » . Non è solo legittima soddisfazione: il gesuita tedesco legge que­sto passo come un segnale importante verso il raggiun­gimento della verità storica.
« Sono sempre più convinto – spiega – della santità di que­sto grande Papa e certamen­te se avessi scoperto nell’Ar­chivio Segreto vaticano qual­siasi documento che potesse minare la sua causa di beati­ficazione, sarei stato il primo a denunciare la cosa » . Padre Gumpel ha vissuto con ama­rezza la reazione di alcune frange del mondo ebraico
all’ulteriore passo in avanti verso la beatificazione di Eu­genio Pacelli. « Prima di tutto vorrei dire che non tutto il mondo giudaico è contro la beatificazione, ma solo una parte di esso. Penso ad esem­pio agli ebrei americani, che in maggioranza sono grati per quanto Pio XII si prodigò per salvare il maggior nume­ro di vite umane. E poi mi chiedo come mai – ora che gli archivi vaticani sono a­perti fino al febbraio 1939 – non si accede a questi docu­menti. Si conoscerebbe un Pacelli nunzio in Baviera e segretario di Stato sotto Pio XI molto diverso da quello raffigurato da Rolf Hochhuth nel suo dramma Il Vicario » .
Gumpel aggiunge un parti­colare: « Ci sono tanti docu­menti inediti in difesa di Pio XII nelle cancellerie di molti Paesi. Mi chiedo: perché questi testi non vengono stu­diati? » . Gumpel ricorda i tan­ti discorsi pubblici di Pacelli contro il nazismo e il razzi­smo, come « l’allocuzione na­talizia del 1942 » , e fa sua la tesi dello storico e biografo di
Winston Churchill, l’inglese Mar­tin Gilbert di origini ebraiche che il cosiddetto « silenzio di Pio XII » permise di salvare molti più ebrei di una esplicita condanna. Anche il domenicano Ambrosius Eszer, il religioso che per conto della Santa Sede ha condotto un’ulte­riore indagine sulla causa di bea­tificazione di Pio XII, gli ha con­fermato la sua convinzione: « Nel luglio scorso mi ha scritto una lettera, dove si legge: ' Ho finito il mio lavoro presso l’archivio della Segreteria di Stato e ogni nuova ricerca potrà confermare la posi­zione attuale della Santa Sede su Pio XII' » . Gumpel snocciola i tanti aspetti poco conosciuti sul­la vita del Pontefice a favore degli ebrei: « È morto povero, lui prin­cipe romano, perché usò buona parte delle sue fortune per salva­re il maggior numero di ebrei perseguitati e nascosti nei con­venti. Mi tornano alla mente le tante ' missioni ufficiose' nella capitale della fidata suor Pascali­na Lehnert. Mai si ricorda quanto Pacelli fece prima della deporta­zione degli ebrei di Roma, il 16 ottobre 1943. Si pensi al fatto che Pio XII si dichiarò disposto a re­cuperare dell’oro da consegnare al rabbino capo di Roma Eugenio Zolli. O la protesta informale che il Papa fece per la deportazione degli ebrei nel 1943 all’ambascia­tore Ernst von Weizecker. Una te­stimonianza – quest’ultima – da me raccolta dalla viva voce della principessa Enza Pignatelli Ara­gona » . L’augurio finale di padre Gumpel è che, dopo questo im­portante attestato, « presto o tardi papa Pacelli venga elevato agli o­nori degli altari. Non so dire quando, perché non sono né un profeta né un indovino. Ma sono sicuro che avverrà e Pio XII potrà essere venerato prima come bea­to e poi come santo » .


«I miei dieci mesi di ricerche supplementari confermano: il Vaticano difese gli ebrei»

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ieci mesi di ricerca presso la prima sezione dell’archivio della Segrete­ria di Stato, esplorando 27 faldoni per appurare come Pio XII, attraverso la sua rete diplomatica e il suo provviden­ziale silenzio, si fosse mosso a favore degli ebrei durante la Shoah. È la conseguenza del supplemento d’indagine richiesto, so­lo pochi mesi fa, dalla Santa Sede e da Be­nedetto XVI al padre domenicano tedesco Ambrosius Eszer, prima di dare il via libe­ra al decreto sull’eroicità delle virtù di Pa­pa Pacelli. E l’indagine di padre Eszer – che ha studiato le carte relative a lettere e a messaggi arrivati in Vaticano tra il 1939 e il 1945 – ha permesso di dissipare ogni e­ventuale dubbio sulla beatificazione di Pio XII. Dal suo convento di San Paolo nel cuore di Berlino, padre Eszer, 77 anni, in­signe studioso e già relatore generale alla Congregazione per le cause dei santi, commenta con grande soddisfazione la notizia che Eugenio Pacelli è ufficialmen­te «servo di Dio»: «Sono contento, perché proprio la recente indagine mi ha per­messo di vedere quanto la Santa Sede e di riflesso Papa Pacelli si siano prodigati per gli ebrei». E aggiunge un particolare: «Quando si apriranno gli archivi penso si scoprirà ancor di più quanto la luce del
Pastor Angelicus
meriti di brillare per quanto, a volte nel silenzio e fuori dai ri­flettori, si è prodigato per arginare il dramma della Shoah». Il domenicano, nell’arco di dieci mesi, ha verificato molte delle corrispondenze degli episcopati (so­prattutto quello tedesco e dei Paesi occu­pati dal Reich): «Sono stato scelto io – sor­ride p. Ambrosius – anche perché quasi tutti i documenti sono in lingua tedesca, dai ritagli di giornale alle lettere autogra­fe ». E tra le tante fonti, edite e no, padre E­szer ne ricorda alcune molto significative: «Mi ha sorpreso la diplomazia nascosta e parallela, soprattutto in Paesi come Ceco­slovacchia o Ungheria, messa in atto dalla Santa Sede per salvare tante vite. Penso alla vigorosa lettera di protesta dell’arcive­scovo di Breslavia Adolf Bertram indiriz­zata ad Hitler, in cui il cardinale si oppose a separare nei matrimoni misti i cattolici dagli ebrei, scongiurando così la deporta­zione di questi ultimi». Ma emergono par­ticolari anche sul ruolo dell’Italia nel Patto d’acciaio: «Strano a dirsi, ma la presenza dell’Italia nell’Asse ha permesso di mitiga­re la ferocia nazista verso gli ebrei. Mi ha colpito nella mia verifica scoprire una let­tera preoccupata di Mussolini al gerarca fascista Cesare de Vecchi sul fatto che Hi­tler desse poca importanza al rischio di proteste dei cattolici tedeschi fedeli a Ro­ma, perché costituivano solo un terzo del­la popolazione». In generale, conclude il domenicano, «quanto ho verificato con­ferma quanto già pubblicato nei 12 volu­mi degli Actes et Documents du Saint-Siè­ge relatifs à la seconde guerre mondiale, e­diti dai gesuiti Angelo Martini, Burkhart Schneider, Robert Graham e Pierre Blet».
Cioè che il presunto «silenzio» di Pio XII era obbligato per non compromettere ul­teriormente la situazione degli ebrei.