Frank Schirrmacher, direttore del Frankfurter Allgemeine
di ANDREA TARQUINI
BERLINO - Il flusso d'informazioni, il dominio dei computer, di internet, del mondo digitale, minaccia di sommergerci e renderci schiavi dell'intelligenza artificiale. Il genere umano deve difendersi, ha fretta di pensare a strategie per affrancarsi e riappropriarsi dell'emotività e dell'imprevedibilità, valori costitutivi che l'intelligenza umana ha e quella delle macchine no. Oppure soccomberà ai motori di ricerca. E' la tesi che Frank Schirrmacher, direttore della Frankfurter Allgemeine, espone nel suo nuovo libro, Payback, il saggio sociopolitico del momento in Germania. Ascoltiamolo.
Dottor Schirrmacher, internet e i computer dunque sono non più una conquista ma un'oppressione da cui dobbiamo liberarci?
"Oggi comunichiamo, leggiamo e scriviamo solo con i computer e la rete. Ma i computer non sono solo computer, bensì gigantesche reti di dati. Da alcuni anni è possibile, grazie all'immensa mole di informazioni in rete, elaborare calcoli molto precisi sugli individui. Veniamo sempre più trasformati in formule matematiche. La domanda è chi governa chi: noi il computer, o il computer noi? Nelle nostre società il multitasking, fare le cose più diverse contemporaneamente, è diventato una religione. Sms, e-mail, più finestre aperte sul computer e sempre in rete. Adesso cominciamo a renderci conto che il cervello umano non è in grado di padroneggiare costantemente questo processo".
Con che conseguenze?
"Questa inondazione di flusso d'informazione ha effetti negativi, si vedono specie tra i giovani: smemoratezza, disturbi nella concentrazione, disturbi nella comunicazione e l'incapacità di riconoscere da soli quali informazioni sono importanti e quali no. Riceviamo passivamente tutto senza più sapere di quali informazioni abbiamo bisogno. E' un cambiamento epocale. Molti dicono che esagero, mi invitano a spegnere il cellulare. Ma la rete è così cresciuta che chiunque ci giudica con l'aiuto delle macchine. I datori di lavoro hanno accesso a talmente tanti dati personali da poter decidere con l'aiuto della rete e del computer quali dipendenti lavorano bene insieme e quali no, quali vanno promossi e quali emarginati o licenziati. E provi a ordinare un libro da Amazon: arriva subito dopo la prossima offerta mirata d'acquisto. Ben altro che non andare in libreria a scegliere da soli un libro".
E nel mondo del lavoro?
"In America appunto, con i dati personali dei dipendenti, le macchine dicono ai dirigenti aziendali quali dipendenti hanno facoltà e caratteristiche simili, suggeriscono di promuovere questo, di licenziare quest'altro che tra cinque anni sarà buono a nulla. Il dominio del calcolo matematico sugli individui e sulla mente umana si estende in ogni campo, e ciò è molto pericoloso".
Teme più computer e software o computer e motori di ricerca?
"Sono cresciuti insieme, in sinergia, si complementano. Ora abbiamo l'internet in tempo reale. Fino ai cellulari. Solo i motori di ricerca possono governare un simile volume d'informazioni. Ma il motore di ricerca non è un essere umano, bensì solo un software. Adesso ti aiuta a scegliere un buon ristorante o acquisti. Ma presto giudicherà quali esseri umani sono buoni e quali cattivi o pericolosi o inutili. I primi passi, pur necessari quanto vuole, li vediamo nell'uso di computer e motori di ricerca nell'analisi per la lotta al terrorismo. Vedo un pericolo: disimpariamo a vivere nella dimensione dell'imprevedibile, momento costitutivo dell'essere umano".
Il rischio è dunque perdere o atrofizzare l'imprevedibilità dell'anima e delle emozioni?
"Assolutamente. Questo è il problema, questo è il pericolo. E' un circolo chiuso. Tra qualche anno emergeranno dirigenti d'azienda o personalità dei media o politici che penseranno adeguandosi alle macchine. E improvvisamente sarà importante solo quanto rientra negli schemi di computer e motori di ricerca. In America le diagnosi elettroniche dei motori aiutano molti medici, ma il medico tradizionale ha un'esperienza diretta insostituibile per curare e guarire ogni singolo diverso paziente. Se rinunciamo all'imprevedibilità, all'elemento incalcolabile della mente umana, vivremo in un mondo in cui tutto è predestinato e deciso dalla matematica. Gli uomini si trasformeranno in realtà matematiche. Anche nel giornalismo, specie digitale, già lo vediamo: su molte testate l'inizio del pezzo deve essere scritto con certe parole-chiave secondo certi canoni, in modo che Google o gli altri motori di ricerca lo capiscano e lo captino. Cioè scriviamo per le macchine, non più per i lettori. Urge riflettere".
Quasi il pericolo di un totalitarismo digitale?
"Assolutamente. Strowger, uno dei massimi matematici americani, ha detto che la matematica negli ultimi anni ha risolto problemi di estrema complessità grazie ai computer, ma ormai conosce solo la soluzione, non il processo matematico che vi ci porta. Questo conduce a un nuovo autoritarismo delle macchine. E' pericolosissimo: può imporsi nella biologia, in ogni altra scienza, fino alla politica. Internet è importante e utile, ma sbagliamo a considerarlo un giocattolo. E' uno spazio vitale perfettamente capitalista. Google è una multinazionale per cui milioni di persone lavorano di fatto gratis. Come all'alba del capitalismo. Il mondo digitale ricorda la società industriale del 18mo secolo, con tutte le sue realtà di sfruttamento e accettazione di massa dello sfruttamento".
Ricorda un po' 1984 di Orwell o Il mondo nuovo di Huxley?
"Al tempo: non è Orwell, che in 1984 descrive una dittatura fatta di divieti, di libri proibiti. E' invece Huxley: nel suo "mondo nuovo" alla gente non è vietato leggere libri, ma nel nuovo modello di vita la gente non ne ha più voglia. Ecco la sfida: un bel mondo nuovo, seducente, in cui come nelle pagine di Huxley le emozioni di fatto sono proibite e il divieto implicito di ogni curiosità o emozione è accettato, ritenuto naturale dalla gente. Non sono contro internet ma l'aggressività che vi domina è un fenomeno della comunicazione digitale, e problemi di memoria e di concentrazione derivanti dall'uso della rete e del computer possono produrre una demenza digitale di massa. Siamo sempre più dipendenti dalle macchine. L'altro giorno ho chiesto a un collega quale musica preferisce. Non ha risposto subito, non aveva risposte spontanee pronte. Ha dovuto prima leggere sul suo Blackberry la lista dei brani scaricati. La comunicazione tra macchine e uomini può diventare come la musica. Larry Page, fondatore di Google, ha detto anni fa che la sua aspirazione è connettere Google direttamente col cervello. Quando i fratelli Wright fecero volare il primo aereo, non prevedevamo il livello tecnologico dei jet di oggi e il loro ruolo nel nostro quotidiano, invece la realtà è cambiata a fondo".
È un pericolo anche sulla scena politica?
"Cambia a fondo il modo di far politica. Angela Merkel già governa con gli sms".
Come possiamo difenderci?
"Per la prima volta nella Storia affrontiamo una nuova legittimazione di arte e creatività. Dobbiamo difendere i nostri concetti costitutivi: i computer non sono creativi né tolleranti, né hanno fantasia. Ecco i valori da difendere, che hanno un'incredibile importanza per il futuro delle nostre società. In scuole e università non dobbiamo più insegnare nozionismo su geografia e storia, ma il modo di usare il pensiero, l'emozione, le intuizioni. Così abbiamo la chance di governare noi la simbiosi con la dimensione dei computer. Prima che i computer ci dicano a quale concerto andare o quale donna sposare. Già adesso il successo dei portali che offrono la ricerca e la scelta dell'anima gemella calcolando tutto con algoritmi sui dati personali è inquietante".
Quindi dipende da quanto l'umanità saprà o vorrà difendere imprevedibilità ed emozioni?
"Esattamente. E da quanto l'umanità onorerà e retribuirà questi sentimenti-valori. Devi sapere e ricordare che quanto ti indicano i tuoi sentimenti e il tuo intuito è più importante dei calcoli di Google. E' decisivo non trasformarsi in matematica. Leggere, concentrarsi, la meditazione, saranno i nostri strumenti di difesa decisivi".
BERLINO - Il flusso d'informazioni, il dominio dei computer, di internet, del mondo digitale, minaccia di sommergerci e renderci schiavi dell'intelligenza artificiale. Il genere umano deve difendersi, ha fretta di pensare a strategie per affrancarsi e riappropriarsi dell'emotività e dell'imprevedibilità, valori costitutivi che l'intelligenza umana ha e quella delle macchine no. Oppure soccomberà ai motori di ricerca. E' la tesi che Frank Schirrmacher, direttore della Frankfurter Allgemeine, espone nel suo nuovo libro, Payback, il saggio sociopolitico del momento in Germania. Ascoltiamolo.
Dottor Schirrmacher, internet e i computer dunque sono non più una conquista ma un'oppressione da cui dobbiamo liberarci?
"Oggi comunichiamo, leggiamo e scriviamo solo con i computer e la rete. Ma i computer non sono solo computer, bensì gigantesche reti di dati. Da alcuni anni è possibile, grazie all'immensa mole di informazioni in rete, elaborare calcoli molto precisi sugli individui. Veniamo sempre più trasformati in formule matematiche. La domanda è chi governa chi: noi il computer, o il computer noi? Nelle nostre società il multitasking, fare le cose più diverse contemporaneamente, è diventato una religione. Sms, e-mail, più finestre aperte sul computer e sempre in rete. Adesso cominciamo a renderci conto che il cervello umano non è in grado di padroneggiare costantemente questo processo".
Con che conseguenze?
"Questa inondazione di flusso d'informazione ha effetti negativi, si vedono specie tra i giovani: smemoratezza, disturbi nella concentrazione, disturbi nella comunicazione e l'incapacità di riconoscere da soli quali informazioni sono importanti e quali no. Riceviamo passivamente tutto senza più sapere di quali informazioni abbiamo bisogno. E' un cambiamento epocale. Molti dicono che esagero, mi invitano a spegnere il cellulare. Ma la rete è così cresciuta che chiunque ci giudica con l'aiuto delle macchine. I datori di lavoro hanno accesso a talmente tanti dati personali da poter decidere con l'aiuto della rete e del computer quali dipendenti lavorano bene insieme e quali no, quali vanno promossi e quali emarginati o licenziati. E provi a ordinare un libro da Amazon: arriva subito dopo la prossima offerta mirata d'acquisto. Ben altro che non andare in libreria a scegliere da soli un libro".
E nel mondo del lavoro?
"In America appunto, con i dati personali dei dipendenti, le macchine dicono ai dirigenti aziendali quali dipendenti hanno facoltà e caratteristiche simili, suggeriscono di promuovere questo, di licenziare quest'altro che tra cinque anni sarà buono a nulla. Il dominio del calcolo matematico sugli individui e sulla mente umana si estende in ogni campo, e ciò è molto pericoloso".
Teme più computer e software o computer e motori di ricerca?
"Sono cresciuti insieme, in sinergia, si complementano. Ora abbiamo l'internet in tempo reale. Fino ai cellulari. Solo i motori di ricerca possono governare un simile volume d'informazioni. Ma il motore di ricerca non è un essere umano, bensì solo un software. Adesso ti aiuta a scegliere un buon ristorante o acquisti. Ma presto giudicherà quali esseri umani sono buoni e quali cattivi o pericolosi o inutili. I primi passi, pur necessari quanto vuole, li vediamo nell'uso di computer e motori di ricerca nell'analisi per la lotta al terrorismo. Vedo un pericolo: disimpariamo a vivere nella dimensione dell'imprevedibile, momento costitutivo dell'essere umano".
Il rischio è dunque perdere o atrofizzare l'imprevedibilità dell'anima e delle emozioni?
"Assolutamente. Questo è il problema, questo è il pericolo. E' un circolo chiuso. Tra qualche anno emergeranno dirigenti d'azienda o personalità dei media o politici che penseranno adeguandosi alle macchine. E improvvisamente sarà importante solo quanto rientra negli schemi di computer e motori di ricerca. In America le diagnosi elettroniche dei motori aiutano molti medici, ma il medico tradizionale ha un'esperienza diretta insostituibile per curare e guarire ogni singolo diverso paziente. Se rinunciamo all'imprevedibilità, all'elemento incalcolabile della mente umana, vivremo in un mondo in cui tutto è predestinato e deciso dalla matematica. Gli uomini si trasformeranno in realtà matematiche. Anche nel giornalismo, specie digitale, già lo vediamo: su molte testate l'inizio del pezzo deve essere scritto con certe parole-chiave secondo certi canoni, in modo che Google o gli altri motori di ricerca lo capiscano e lo captino. Cioè scriviamo per le macchine, non più per i lettori. Urge riflettere".
Quasi il pericolo di un totalitarismo digitale?
"Assolutamente. Strowger, uno dei massimi matematici americani, ha detto che la matematica negli ultimi anni ha risolto problemi di estrema complessità grazie ai computer, ma ormai conosce solo la soluzione, non il processo matematico che vi ci porta. Questo conduce a un nuovo autoritarismo delle macchine. E' pericolosissimo: può imporsi nella biologia, in ogni altra scienza, fino alla politica. Internet è importante e utile, ma sbagliamo a considerarlo un giocattolo. E' uno spazio vitale perfettamente capitalista. Google è una multinazionale per cui milioni di persone lavorano di fatto gratis. Come all'alba del capitalismo. Il mondo digitale ricorda la società industriale del 18mo secolo, con tutte le sue realtà di sfruttamento e accettazione di massa dello sfruttamento".
Ricorda un po' 1984 di Orwell o Il mondo nuovo di Huxley?
"Al tempo: non è Orwell, che in 1984 descrive una dittatura fatta di divieti, di libri proibiti. E' invece Huxley: nel suo "mondo nuovo" alla gente non è vietato leggere libri, ma nel nuovo modello di vita la gente non ne ha più voglia. Ecco la sfida: un bel mondo nuovo, seducente, in cui come nelle pagine di Huxley le emozioni di fatto sono proibite e il divieto implicito di ogni curiosità o emozione è accettato, ritenuto naturale dalla gente. Non sono contro internet ma l'aggressività che vi domina è un fenomeno della comunicazione digitale, e problemi di memoria e di concentrazione derivanti dall'uso della rete e del computer possono produrre una demenza digitale di massa. Siamo sempre più dipendenti dalle macchine. L'altro giorno ho chiesto a un collega quale musica preferisce. Non ha risposto subito, non aveva risposte spontanee pronte. Ha dovuto prima leggere sul suo Blackberry la lista dei brani scaricati. La comunicazione tra macchine e uomini può diventare come la musica. Larry Page, fondatore di Google, ha detto anni fa che la sua aspirazione è connettere Google direttamente col cervello. Quando i fratelli Wright fecero volare il primo aereo, non prevedevamo il livello tecnologico dei jet di oggi e il loro ruolo nel nostro quotidiano, invece la realtà è cambiata a fondo".
È un pericolo anche sulla scena politica?
"Cambia a fondo il modo di far politica. Angela Merkel già governa con gli sms".
Come possiamo difenderci?
"Per la prima volta nella Storia affrontiamo una nuova legittimazione di arte e creatività. Dobbiamo difendere i nostri concetti costitutivi: i computer non sono creativi né tolleranti, né hanno fantasia. Ecco i valori da difendere, che hanno un'incredibile importanza per il futuro delle nostre società. In scuole e università non dobbiamo più insegnare nozionismo su geografia e storia, ma il modo di usare il pensiero, l'emozione, le intuizioni. Così abbiamo la chance di governare noi la simbiosi con la dimensione dei computer. Prima che i computer ci dicano a quale concerto andare o quale donna sposare. Già adesso il successo dei portali che offrono la ricerca e la scelta dell'anima gemella calcolando tutto con algoritmi sui dati personali è inquietante".
Quindi dipende da quanto l'umanità saprà o vorrà difendere imprevedibilità ed emozioni?
"Esattamente. E da quanto l'umanità onorerà e retribuirà questi sentimenti-valori. Devi sapere e ricordare che quanto ti indicano i tuoi sentimenti e il tuo intuito è più importante dei calcoli di Google. E' decisivo non trasformarsi in matematica. Leggere, concentrarsi, la meditazione, saranno i nostri strumenti di difesa decisivi".
(La Repubblica 1 dicembre 2009)