I senatori democratici statunitensi hanno raggiunto un compromesso con il recalcitrante collega Ben Nelson (senatore del Nebraska) che assicura i 60 voti necessari per approvare la vasta riforma sanitaria voluta dal presidente Barack Obama. Nelson ha detto che la lunga giornata di negoziati di venerdì si è conclusa con un accordo che va incontro al suo obiettivo di garantire che i fondi federali non vengano utilizzati per finanziare aborti nell’ambito della legge. «Il piano che abbiamo messo insieme qui, su cui abbiamo l’accordo, in realtà separa quei soldi in un modo efficace», ha detto Nelson.
Quello di Nelson, che si oppone con forza all’aborto, dovrebbe essere il 60esimo voto per i democratici che serve a far passare la riforma, che rappresenta la priorità dell’agenda politica di Obama. Il voto di Nelson dovrebbe assicurare la vittoria ai democratici nella prima serie di cruciali voti procedurali che iniziano domani e che potrebbero concludersi con un voto finale alla vigilia di Natale. La senatrice democratica Barbara Boxer ha detto di ritenere equo il compromesso che consentirà di separare fondi pubblici e privati per l’aborto. Il leader repubblicano del Senato Mitch McConnell ha annunciato invece che userà ogni strumento possibile per rinviare la legge. Il testo del Senato punta a estendere la copertura sanitaria a circa 30 milioni di americani che ne sono privi, e pone fine a pratiche del settore delle assicurazioni sanitarie come quella di rifiutare una polizza a persone che sono già in cattive condizioni di salute. Il leader democratico al Senato Harry Reid ha salutato positivamente il via libera di Nelson. E Obama ha detto che la riforma «sta per diventare una realtà».
La riforma dell’health care dovrebbe tagliare il deficit federale di 132 miliardi di dollari in dieci anni. Lo ha affermato il Congressional Budget Office (Cbo, l’ufficio contabile del Congresso) che ha detto che la legge presentata da Reid costerà 871 miliardi spalmati su 10 anni.
«Sì» di Nelson, ora i democratici hanno i 60 voti per varare la legge al Senato
Avvenire 20 dic 2009