di Marco Invernizzi
Tratto da Il Timone il 3 dicembre 2009
Come saprete dai giornali, il card Carlo Caffarra ha scritto un appello al Presidente della Regione Emilia e a tutto il Consiglio regionale per chiedere che non venga approvato il comma 3 del progetto di legge che equipara singoli individui, famiglie e convivenze nell’accesso ai servizi pubblici offerti dalle istituzioni locali.
L’arcivescovo di Bologna usa un’argomentazione precisa: «se è ingiusto trattare in modo diverso gli uguali, è ugualmente ingiusto trattare in modo uguale i diversi». Ora, nel progetto di legge è scritto proprio così: «I diritti generati dalla legislazione regionale nell’accesso ai servizi, alle azioni e agli interventi, si applicano ai singoli individui, alle famiglie e alle forme di convivenza…». Quindi nessuno vuole discriminare i singoli individui, ma nessuno può pensare che siano una famiglia; e così neppure può mettere sullo stesso piano una famiglia con chi, scegliendo di convivere, ha deciso di restare su un piano privato. L’accesso ai servizi della Regione sarà certamente garantito ai singoli in quanto tali, siano o meno conviventi, il trattamento alle famiglie dovrà essere necessariamente diverso.
Queste cose sono state già dette e ripetute in occasione dei Dico e del dies familiae o family day. Ma c’è sempre qualcuno che ci riprova.
Vorrei anzitutto fare sentire un po’ di solidarietà al cardinale, che non ne riceverà moltissima, temo, neppure dall’interno della sua famiglia spirituale. Perché dire la verità in pubblico è la più grande verità che possiamo fare in questo momento storico. Dobbiamo dirla con grande attenzione a non offendere nessuno, perché ciascuno di noi ha sbagliato o potrebbe sbagliare nel corso della vita, e dunque vorrebbe trovare qualcuno che lo aiuti a riprendersi dall’errore e dal male commesso. Ma perché questo avvenga è necessario che la verità venga affermata.
Del resto i cattolici non devono avere complessi d’inferiorità su questo punto. Nei temi drammatici che feriscono la vita del nostro tempo, il divorzio, l’aborto, la droga, l’identità di genere, l’omosessualità, sono spesso gli unici a dire la verità in pubblico, ma anche ad aiutare concretamente le persone a riconoscere e a riprendersi dai loro errori. E questo la gente lo sa perché, se vuole, lo può vedere. Chi aiuta le mamme a portare a termine una gravidanza, chi le aiuta a riprendersi dall’aborto commesso? Chi aiuta i singoli dopo il fallimento del loro matrimonio a gestire dignitosamente la loro solitudine o a recuperare un rapporto infranto? Chi aiuta i loro figli? Chi mette in piedi comunità di recupero per i tossicodipendenti e chi accompagna gli omosessuali che desiderano recuperare la loro eterosessualità?
Quindi l’arcivescovo di Bologna deve essere aiutato e sostenuto di fronte a questo appello profetico: «L’approvazione eventuale avrebbe a lungo andare effetti devastanti sul nostro tessuto sociale».