A stabilire che questa regola vale per tutte le persone che hanno avuto una infanzia difficile è stato uno studio, realizzato dall’Istituto san Raffaele di Milano, grazie alla collaborazione tra il centro studi universitario Vita e Salute e i centri di studio americani e australiani di Richmond e Bribane. Lo studio è stato condotto su 700 gemelli ed è stato reso noto dall’Archivio generale di Psichiatria, incentrato sulle dinamiche che portano i bambini a essere soggetti ad attacchi di panico.
Il lavoro è stato condotto attraverso interviste inerenti le separazioni precoci, per valutare l’impatto che hanno avuto poi nel comportamento rispetto a chi non ha sofferto traumi del genere: il risultato è stato che nel caso di separazioni per morte o per divorzio i bimbi hanno una base psicologica più fragile e soggetta a ansia e cedimenti.
I gemelli oltre essere stati intervistati, sono stati analizzati per valutare la loro situazione in fatto di respirazione e di battiti cardiaci, in tutti i casi la valutazione è stata utile per stabilire quanto fossero soggetti o portati ad attacchi di panico.
Il test lavora con una somministrazione di anidride carbonica insieme a ossigeno, che serve per rendere il soggetto fondamentale nel decidere come respirare: tanti respiri inefficaci sono segno di perdita del controllo, pochi ma efficaci sono segno che la persona non soffre di ansia e di panico.
Le persone che rischiano l’attacco sono quelle, dai risultati emersi, che hanno avuto traumi psicologici da piccoli, per cui identificare precocemente questi disturbi aiuta a curarne poi le manifestazioni o anche a prevenire che questi attacchi possano accadere tamponando le incertezze interiori dei soggetti.