DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Dal Canada all’Australia: qui l’eutanasia è alla porta. Ma Belgio, Olanda e Lussemburgo sono gli unici (per ora) ad aver legalizzato la «dolce morte»

Canada e Australia, con due postille, una olandese, l’altra indiana. Sono questi i fronti caldi del 2010 sul 'fine vita' nel mondo, oltre naturalmente al caso-Italia, con la discussione del ddl Di Virgilio che riprende l’originaria bozza-Calabrò.
La data in terra nordamericana è già fissata, come rileva Alex Schadenberg, direttore esecutivo della Euthanasia Prevention Coalition, con sede a London, in Ontario. Il 2 febbraio la proposta di legge di legalizzazione dell’eutanasia (nota come C-384) verrà discussa dal Parlamento canadese; il giorno successivo passerà al vaglio del voto. Introdotta dal deputato del Blocco del Quebec Francine Lalone il 13 maggio scorso, tale testo è stato già oggetto di analisi parlamentare il 2 ottobre, il 19 novembre e il 1 dicembre. Secondo Schadenberg «i nostri calcoli indicano che la C-384 dovrebbe essere sconfitta con un margine di voti significativo. Ma non dobbiamo restare fermi e anzi dobbiamo continuare la nostra pressione sui parlamentari per assicurarci che
venga sconfitta». Infatti, durante la prima discussione in aula, solo due furono gli interventi a favore della dolce morte: la stessa Lalonde e il suo compagno di partito Serge Cardin. Altri sei parlamentari di diverse forze politiche, come i liberali intervennero invece in maniera decisamente contraria.
È da notare poi la pervicace insistenza della Lalonde, che già per due volte è stata sconfitta: nel giugno 2005 e nel giugno 2008 il Parlamento di Ottawa cassò i suoi tentativi eutanasici. Ma vi è un dato non indifferente da segnalare: la Royal Society of Canada, una prestigiosa associazione di scienziati, ha da poco istituito un Comitato di esperti sul fine vita, in cui – sui 6 membri – ben 4 hanno posizioni chiaramente filo-dolce morte: ad esempio Johannes van Delden, olandese, uno dei ricercatori che resero legale l’eutanasia nei Paesi Bassi.
E venendo al caso-Olanda, va segnalato che nei giorni scorsi un ricercatore di Amsterdam, Hilde Buiting, sul giornale medico nazionale
Zorgkrant , ha chiesto al governo di permettere ai dottori di dare l’eutanasia ai minori che soffriranno un domani, in base a previsioni sanitarie.
L’

Australia, poi, dove il 30 giugno prossimo si tengono le elezioni federali: di certo le forze pro­eutanasiche faranno pesare la loro posizione in vista di questo appuntamento elettorale, anche facendo leva su decisioni prese dalla magistratura in questo campo. Ad esempio quella di un tribunale di Perth che il 14 agosto 2009 ha autorizzato un tetraplegico, Christian Rossiter a «mettere fine ai propri giorni» in quanto «la sua vita era diventata un inferno». Il giudice Wayne Martin ha stimato che alimentazione e idratazione non dovevano più essere fornite al disabile. Così il Brightwater Care Group che lo aveva in cura è stato sollevato da ogni responsabilità. L’uomo è deceduto a settembre a causa di un’infezione al torace, inconveniente per il quale aveva chiesto di non essere curato. E nel Parlamento dello Stato della South Australia c’è chi non si rassegna alle vittorie pro-life e ci vuole riprovare. Mark Parnell, deputato verde, sostenitore della proposta di depenalizzare l’eutanasia (affossata a novembre dalla Camera alta dello Stato) ha dichiarato di volerci riprovare all’indomani delle elezioni statali previste per marzo.
Infine l’India, dove vi è un caso-Eluana che sta lasciando aperto il dibattito sul fine vita. La Corte suprema, comunque, a metà dicembre ha emesso una nota in cui si afferma che «secondo la legge del Paese, non possiamo accordare il diritto di morire a una persona»'. La vicenda è quella di Aruna Shanbhag, una donna 59enne in coma da 36 anni, per la quale la famosa scrittrice Pinki Virani ha chiesto l’eutanasia. Il 2010 dirà se il Paese di Gandhi ha eretto un blocco stabile a ogni tentativo eutanasico.



Il triste primato del Benelux


L
o chiamava­no Benelux. Era la zona di libero scam­bio economi­co tra Belgio, Olanda e Lussem­burgo. Oggi biso­gnerebbe prefarlo con il suffisso 'euta­nasia', visto che i tre Paesi condividono il non invidiabile primato di essere (qua­si) gli unici al mondo ad aver legalizza­to l’eutanasia. Negli Usa due Stati sono arrivati a tanto, e uno – Washington – proprio nel 2009 (l’Oregon già da tem­po). Il Granducato è stata la grande 'con­quista' delle lobby eutanasiche dell’an­no appena conclusosi. Il 17 marzo 2009, infatti, la legge sulle 'cure palliative e l’eutanasia' è stata promulgata in Lus­semburgo, dopo che il Granduca Henri aveva affermato, nel dicembre prece­dente, la propria contrarietà a firmare u­na normativa – approvata in Parlamen­to – perché in contrasto con la propria coscienza. Per ovviare all’impasse, l’aula aveva rimosso il veto del granduca. Se­condo la nuova legge, l’eutanasia sarà re­golata mediante la volontà stabilita dal malato con una direttiva anticipata. I dot­tori devono richiedere il consulto di un collega in modo da determinare che il pa­ziente
sia in situazione terminale e in
«condizioni
gravi e incurabili».
A
nche in Gran Bretagna si è aperta u­na breccia nella difesa del malato ter­minale. Il 23 settembre sono state diffuse le nuove linee-guida sul suicidio assistito dal direttore della Procura ge­nerale dello Stato, Keir Starmer: un fat­to che interessa diverse decine di cittadi­ni inglesi che si recano all’estero, per lo più in Svizzera, dove la pratica, legale, è operata dall’associazione eutanasica 'Di­gnitas'. Con questo provvedimento Lon­dra ha sancito che chi accompagna un malato al proprio suicidio non è puni­bile se l’ammalato ha espresso un «au­spicio chiaro, definito e informato sul suicidio», se «soffre di una malattia in­curabile » e «se lui ha preso l’iniziativa» nel domandare aiuto a un’altra persona. Negli Usa, invece, il 5 marzo lo Stato di Washington è diventato il secondo or­ganismo statale americano a riconosce­re legale l’eutanasia. Lo aveva sancito un referendum abbinato alle elezioni pre­sidenziali
del novembre 2008. E a mag­gio una donna di 66 anni, malata di can­cro al pancreas, ha subito 'usufruito' di questo escamotage legale per darsi la morte.
M
a il 2009 ha visto numerose vitto­rie pro-life in diverse parti del glo­bo. La più squillante in Francia, do­ve il 26 novembre il Parlamento ha re­spinto il tentativo, operato dal deputato del Partito socialista Manuel Valls, di ap­provare la depenalizzazione della 'dol­ce morte'. Un’altra, per di più doppia, de­bacle per il fronte eutanasico è avvenu­ta in Australia. Nello Stato della Tasma­nia il deputato dei Verdi Nick McKim a­veva introdotto a giugno una proposta di legge sul suicidio medicalmente assi­stito. Ma nei mesi successivi la Camera della Tasmania ha bocciato tale propo­sta. Anche nello Stato della South Au­stralia l’eutanasia è stata respinta – a metà novembre – dalla politica. Infine, una nota dall’America centrale: la Repubbli­ca dominicana ha 'blindato' in chiave anti-eutanasia la propria Costituzione: a settembre l’assemblea nazionale (128 voti a favore e 32 contrari) ha introdot­to una clausola nella Carta che vieta o­gni
possibilità di 'dolce morte'.
Lorenzo Fazzini



Avvenire 7 gennaio 2010