La data in terra nordamericana è già fissata, come rileva Alex Schadenberg, direttore esecutivo della Euthanasia Prevention Coalition, con sede a London, in Ontario. Il 2 febbraio la proposta di legge di legalizzazione dell’eutanasia (nota come C-384) verrà discussa dal Parlamento canadese; il giorno successivo passerà al vaglio del voto. Introdotta dal deputato del Blocco del Quebec Francine Lalone il 13 maggio scorso, tale testo è stato già oggetto di analisi parlamentare il 2 ottobre, il 19 novembre e il 1 dicembre. Secondo Schadenberg «i nostri calcoli indicano che la C-384 dovrebbe essere sconfitta con un margine di voti significativo. Ma non dobbiamo restare fermi e anzi dobbiamo continuare la nostra pressione sui parlamentari per assicurarci che venga sconfitta». Infatti, durante la prima discussione in aula, solo due furono gli interventi a favore della dolce morte: la stessa Lalonde e il suo compagno di partito Serge Cardin. Altri sei parlamentari di diverse forze politiche, come i liberali intervennero invece in maniera decisamente contraria.
È da notare poi la pervicace insistenza della Lalonde, che già per due volte è stata sconfitta: nel giugno 2005 e nel giugno 2008 il Parlamento di Ottawa cassò i suoi tentativi eutanasici. Ma vi è un dato non indifferente da segnalare: la Royal Society of Canada, una prestigiosa associazione di scienziati, ha da poco istituito un Comitato di esperti sul fine vita, in cui – sui 6 membri – ben 4 hanno posizioni chiaramente filo-dolce morte: ad esempio Johannes van Delden, olandese, uno dei ricercatori che resero legale l’eutanasia nei Paesi Bassi.
E venendo al caso-Olanda, va segnalato che nei giorni scorsi un ricercatore di Amsterdam, Hilde Buiting, sul giornale medico nazionale Zorgkrant , ha chiesto al governo di permettere ai dottori di dare l’eutanasia ai minori che soffriranno un domani, in base a previsioni sanitarie.
L’
Australia, poi, dove il 30 giugno prossimo si tengono le elezioni federali: di certo le forze proeutanasiche faranno pesare la loro posizione in vista di questo appuntamento elettorale, anche facendo leva su decisioni prese dalla magistratura in questo campo. Ad esempio quella di un tribunale di Perth che il 14 agosto 2009 ha autorizzato un tetraplegico, Christian Rossiter a «mettere fine ai propri giorni» in quanto «la sua vita era diventata un inferno». Il giudice Wayne Martin ha stimato che alimentazione e idratazione non dovevano più essere fornite al disabile. Così il Brightwater Care Group che lo aveva in cura è stato sollevato da ogni responsabilità. L’uomo è deceduto a settembre a causa di un’infezione al torace, inconveniente per il quale aveva chiesto di non essere curato. E nel Parlamento dello Stato della South Australia c’è chi non si rassegna alle vittorie pro-life e ci vuole riprovare. Mark Parnell, deputato verde, sostenitore della proposta di depenalizzare l’eutanasia (affossata a novembre dalla Camera alta dello Stato) ha dichiarato di volerci riprovare all’indomani delle elezioni statali previste per marzo.
Infine l’India, dove vi è un caso-Eluana che sta lasciando aperto il dibattito sul fine vita. La Corte suprema, comunque, a metà dicembre ha emesso una nota in cui si afferma che «secondo la legge del Paese, non possiamo accordare il diritto di morire a una persona»'. La vicenda è quella di Aruna Shanbhag, una donna 59enne in coma da 36 anni, per la quale la famosa scrittrice Pinki Virani ha chiesto l’eutanasia. Il 2010 dirà se il Paese di Gandhi ha eretto un blocco stabile a ogni tentativo eutanasico.
Il triste primato del Benelux
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Avvenire 7 gennaio 2010