DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Diritti & ipocrisie. Emilia Romagna:Aborto chimico in day hospital

Bisogna ringraziare l’assessore alla Sanit dell’Emilia Romagna Giovanni Bissoni. Perch la nota con la quale ieri ha gelidamente informato che dopo la somministrazione della Ru486 negli ospedali della regione le donne vengono rispedite a casa ad abortire da sole­un contributo alla chiarezza. Basta con l’ipocrisia delricoveroche l’Agenzia del farmaco – del cui consiglio d’amministrazione Bissoni fa parte – diceva di voler assicurare. Non c’proprio alcun ricovero: l’Emilia Romagna rimanda le pazienti a spasso, perchla grande conquista, il nuovo diritto civile acquisito, il magnifico trofeo del femminismo post-moderno­l’aborto domiciliare. Tanto­solouna mestruazione abbondante, meglio non intralciare gli ospedali per una sciocchezza simile.
Un tragico inganno, spacciato per 'libertà'.





DA B OLOGNA
STEFANO ANDRINI

L
e donne che in Emilia Romagna hanno abortito con la pillola Ru486 sono state, da dicembre 2005 a marzo 2009, 1.684 (circa 42 al mese). Tutte le interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg) sono state praticate in regime di day-hospital. Il dato­stato fornito dall’assessorato regionale alla Sanitin risposta a una interrogazione del consigliere Gianni Varani (Pdl).
Le Ivg totali effettuate in Emilia Romagna sono state 11.274 nel 2007, 11.124 nel 2008 (-1,3% rispetto al 2007) e, nel primo trimestre 2009, 2.986. Nel 2007 quelle praticate con metodica medica sono state 563 (5,7% delle Ivg totali), mentre nel 2008 sono state 526 (4,7% delle Ivg totali). Nel 1trimestre 2009 gli aborti con pillola abortiva sono stati 161, pari al 5,4% del totale. Quanto ai fallimenti dell’Ivg farmacologica, gli interventi di revisione della cavituterina a seguito di mancato o incompleto aborto sono stati 97, pari al 5,8% delle procedure con pillola abortiva; in particolare nel 2008 si sono registrate 28 revisioni su 526 Ivg mediche pari al 5,3% dei casi. Per l’assunzione della pillola, ha anche reso noto l’assessorato, si prevede un percorso assistenziale di 14 giorni, con l’assunzione il primo giorno in day hospital (e quindi con le immediate dimissioni), un periodo di osservazione di 3 ore il 3giorno, prolungando eventualmente il ricovero in caso di necessito se richiesto dalla donna; infine, quando necessario o richiesto, un controllo a casa tra il 3e il 14giorno.
Su cosa avvenga del feto espulso la risposta ufficialela seguente:­Poichl’espulsione si presenta come una mestruazione abbondante non­possibile determinare in maniera esatta l’avvenuta espulsione del tessuto embrionale, pertanto il controllo clinico ed ecografico al 14giorno­necessario per verificare l’avvenuto aborto. Per il consigliere Varani il fatto che le Ivg siano avvenute in regime di day hospital,­palesemente in
contrasto con la legge 194 e con le disposizioni nazionali associate di recente alla liberalizzazione della pillola abortiva decisa dall’Aifa, l’Agenzia del farmaco che aveva disposto il ricovero nel rispetto della legge demandando peralle Regioni l’applicazione della direttiva. Quanto riferito dall’assessorato conferma, secondo Varani, gli aspetti pidiscutibili della pillola abortiva, compresa la delicata questione del ricovero ospedaliero non effettivamente assicurato e l’espulsione 'anonima' del feto. I dati forniti ieri dalla Regione sembrano confermare il giudizio critico espresso pivolte da Paolo Cavana, docente alla Lumsa, sulle linee guida regionali per l’applicazione della legge 194 nel caso dell’aborto chimico-medico. Sorprende – afferma il giurista – che dall’Emilia Romagna non venga dato alcun rilievo ai princpi ispiratori della legge 194, tra cui la tutela della vita umana dal suo inizio e l’esplicito divieto di considerare l’aborto come ­mezzo per il controllo delle nascite, nal compito da essa espressamente assegnato alle Regioni e agli enti locali di assumere leiniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.
Dedurre la piena applicazione della 194 sulla base del mero riscontro della corretta applicazione delle sue procedure significa­darne una lettura riduttiva e fuorviante, rispetto non solo al chiaro dettato normativo ma anche alla giurisprudenza costituzionale, che ha sempre ribadito come le sue disposizioni attuano un bilanciamento tra la tutela della salute della donna e il diritto alla vita del feto, il cui sacrificio non puquindi essere rimesso alla volontdiscrezionale della madre. Le statistiche della Regione non riescono a spegnere la preoccupazione delle donne. Teresa Mazzoni, esperta di questioni educative, dice che­permettere che una madre risolva da sil 'problema' del figlio indesiderato­una scelta del tipo 'me-ne-lavo-lemani', che non ha nulla a che vedere con la tutela della salute della donna. Ndi quella fisica, ntanto meno di quella psicologica.

Avvenire 20 gennaio 2010