DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Egitto, strage di cristiani. E nessuno protesta. Di Renato Farina

Tratto da Il Giornale dell'8 gennaio 2010

Come nulla fosse, senza che ci sia qualcuno in Occidente, Oriente, Nord, Sud, Onu, Unesco, pronto a minacciare sanzioni, raid militari, convocazione di ambasciatori; come se fosse ordinaria amministrazione si è consumato un eccidio di cristiani in Egitto. Per non sbagliare, mica ci andasse di mezzo qualche povero innocente musulmano, i terroristi benedetti dalla polizia hanno aspettato che i nemici si radunassero contenti e vestiti a festa per la Santa Messa della notte di Natale. E la strage andrà avanti, non subito, tra qualche settimana. Intanto i gendarmi locali fingeranno qualche arresto, ma si lascerà sempre pendere sulla testa dei battezzati la mannaia del repulisti islamico. Persino ammantato dal sapore di giustizia.

La notizia spicciola dice: otto cristiani copti nell’Alto Egitto, più un modesto e isolato metronotte musulmano (traditore!) che era stata ingaggiato per difendere i fedeli, sono stati assassinati da un commando di tre uomini armati di kalashnikov fuori dalla porta della chiesa di San Giovanni (a Nagaa Hamadi, nella provincia di Qena, a 64 chilometri da Luxor), alle ore 23 della ricorrenza della nascita di Gesù, che i copti e gli ortodossi celebrano il 7 gennaio. Tra le navate l’incenso profumava i canti, risuonavano felici gli alleluia, ed ecco le raffiche, l’urlo di dolore, quello di trionfo: «Allah è grande!».

C’erano state pesantissime minacce. Il vescovo copto Kirillos aveva trasmesso alla polizia un messaggio chiaro dai fanatici: «Non vi faremo celebrare le feste». Inerzia, passività. Allo stesso modo le autorità non fecero nulla quando una sommossa anticristiana si scatenò a fine novembre. Le forze dell’ordine non se la sognano di intervenire, sono musulmani come i killer, c’è una certa comprensione, preferiscono giustificarli. Il ministero dell’Interno al Cairo ha diffuso la sua versione: non c’entra il terrorismo, ma si tratta di una vendetta connessa «allo stupro di una ragazzina dodicenne a opera di un cristiano». Il fatto sarebbe accaduto nel novembre scorso, e già la folla, sulla base di questa notizia fasulla, aveva dato l’assalto ai cristiani, i quali non sono stati per nulla difesi: come sempre.

Ricordiamo che le persecuzioni dei discepoli del Nazareno sin dai tempi dell’Impero Romano prendevano avvio da calunnie di presunte orge con bambini, stupri e perversioni, sacrifici umani. Ci cascò anche Tacito. Ci cascheranno tanti altri. Ma noi no, per favore. Criminali ce n’è dappertutto, anche tra i cristiani d’Egitto, ovvio. Ma l’accusa è inverosimile. Da quelle parti sono le ragazze cristiane a essere rapite e costrette a convertirsi all’Islam. Le denunce di questi ratti a scopo di conversione forzosa si susseguono da anni, e sono inascoltati. Se i copti dovessero vendicare con una strage di islamici lo stupro di una loro ragazzina, non ci sarebbero più musulmani all’ombra delle Piramidi. Non credete alla storia dei rapimenti delle ragazze copte, sistematicamente impuniti? Se credete vi passo il saggio: «La scomparsa, la conversione forzata e i matrimoni forzati delle donne cristiane copte in Egitto» del professor Michele Clark, docente di Traffico di esseri umani alla George Washington University.

Il presidente Hosni Mubarak non ha ostilità personale contro i copti. Ma deve lasciare un po’ di redini libere ai Fratelli musulmani, i quali oggi sono la vera maggioranza tra gli islamici, e bisogna pure che si sfoghino ammazzando a man salva qualche cristianuccio. Il tutto fa parte del tentativo di ridurre all’impotenza e all'insignificanza questa gloriosa minoranza egizia che adora la Santa Trinità. Cercano di costringerli all’emigrazione, come capita oggi in Irak. Molti partono, ma i più resistono. È gente tosta. Pur essendo questa stirpe religiosa più antica di quella islamica, essi dovettero sopportare di essere considerati al tempo della conquista araba cittadini di serie B. Eppure non hanno scelto la strada facile dell’omologazione al Corano. E tuttora sono perseguitati e insieme orgogliosi della loro fede.

I copti d’Egitto sono come minimo il dieci per cento della popolazione, circa sette milioni e mezzo. Le autorità ne abbassano il numero per dar loro meno peso, e dicono siano la metà per giustificare il fatto che non contano un fico secco. Hanno un Papa molto coraggioso, si chiama così il loro Vescovo del Cairo: è Shenuda III ed è il 117° patriarca dalla predicazione di san Marco. Fu sbattuto in galera da Nasser nel 1981, nella solita indifferenza dell’Occidente che applaudiva il raìs poiché era anti israeliano. Dopo che i cristiani furono oggetto di assalti da parte dei fanatici islamici in cerca di scalpi, lui protestò coi suoi fedeli, e la polizia aggredì loro invece degli aggressori, vecchia storia. A quel tempo i Fratelli musulmani uccisero 17 cristiani e ne ferirono 112. In prigione finì il Papa copto...

Ci piacerebbe vedere in questi giorni giungere alle nostre parrocchie invece dei saluti e degli auguri dei musulmani egizi letti dai preti durante le solenni celebrazioni, qualche condanna per queste uccisioni, e per l’oppressione insistita, la costrizione all’esilio. Figuriamoci. Gli islamici egiziani delle nostre moschee emarginano i loro connazionali copti. Ma nessuno dice niente su questo, neanche i cristiani. Prima di dare la cittadinanza a questi musulmani egiziani dovrebbero mostrare di condividere davvero l’uguaglianza che negano a casa loro e pure a casa nostra.

Non permettiamo più siano assassinati tranquillamente questi poveri nostri fratelli egiziani. La comunità pare sia fiorita sui luoghi dove la Sacra famiglia fuggì in Egitto per salvarsi da Erode.

Le dobbiamo qualcosa.