Il comunicato congiunto elenca i prossimi raduni il 10 febbraio in Israele e il 27 maggio in Vaticano. L’Accordo fondamentale non fa “tabula rasa” dei diritti acquisiti dalla Chiesa per 19 secoli, molto tempo prima che nascesse lo Stato d’Israele.
Tel Aviv (AsiaNews) – La Commissione permanente di lavoro fra Santa Sede e lo Stato d’Israele si è incontrata oggi a Gerusalemme “per continuare il lavoro su un accordo legato all’art.10, paragrafo 2 dell’Accordo Fondamentale fra le due parti”.
Secondo il comunicato congiunto ufficiale, “i dialoghi sono stati fruttuosi e mantenuti in un clima di cordialità. Sono stati elencati pure alcuni temi per i prossimi incontri. Il prossimo raduno avverrà il 10 febbraio nella sede del ministero israeliano degli Esteri. La Plenaria della Commissione si terrà il 27 maggio 2010 in Vaticano”.
Come si sa, l’art.10, paragrafo 2 dell’Accordo Fondamentale – che è la base per le relazioni fra Santa Sede e Israele – obbliga le due parti a negoziare un “accordo globale”, cioè una “risoluzione di tutte le rivendicazioni” sullo statuto fiscale della Chiesa in Israele, su questioni riguardo le proprietà ecclesiastiche e su altri aspetti di natura “economica” (come la partecipazione dello Stato nel finanziamento di scuole cattoliche e ospedali che servono la popolazione dello Stato).
Il testo dell’Accordo mette in chiaro che nel negoziare una nuova risoluzione globale, la Chiesa non rinuncia a rivendicare la continua validità dei molti diritti che essa ha acquisito in tutti questi campi nel corso dei secoli. Ciò significa che i dialoghi non partono da una situazione di “tabula rasa”.
In effetti, i portavoce della Chiesa hanno spesso spiegato al pubblico che, per la Chiesa, lo scopo del nuovo accordo sta nel consolidare e salvaguardare tali diritti acquisiti dalla Chiesa. Questi sono esistiti per 19 secoli nella Terra Santa, molto prima dello stabilirsi del giovane Stato d’Israele nel 1948.
Un altro importante aspetto di quella parte dell’Accordo Fondamentale è che esso promulga anche il principio legale universale del “lite pendent nihil innovetur”. Ciò significa che mentre si negozia un nuovo accordo, non è possibile imporre in modo unilaterale quei tipi di tasse per le quali la Chiesa rivendica un diritto acquisito di esenzione.