DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

La Spagna pensa al referendum contro l'aborto folle

La Costituzione spa­gnola è chiara: «Le decisioni politiche di particolare impor­tanza potranno esse­re sottoposte a un re­ferendum consultivo» (arti­colo 92.1). Le principali associazioni pro-vita e alcune delle maggiori organizzazioni familiari esigono un referendum sulla riforma dell’abor­to, attualmente in Parlamento. La piattaforma «Diritto di Vivere» ha già raccolto quasi un mi­lione di firme a favore della consultazione: a fi­ne mese gli scatoloni verranno consegnati al pre­mier Zapatero. «Il primo ministro – denuncia I­gnacio Arsuaga, di 'Derecho a Vivìr' – promise che questa legge sarebbe stata approvata col più largo consenso», ma i sondaggi «dimostrano che la società è contraria all’aborto». Secondo Luis Tejedor, coordinatore dei giovanni volontari di Diritto a Vivere, anche molti «elettori del Parti­to socialista si sono espressi contro» la modifi­ca legislativa: «Tutto questo comporterà un du­ro colpo per il governo di Zapatero».
U
n sondaggio pubblicato dal quotidiano
El Mundo dimostra ancora una volta che il punto più spinoso del testo – criticato da destra e sinistra – è il diritto per le minorenni di poter abortire senza il consenso dei genito­ri: uno strappo che non piace neppure al 60% degli elettori socialisti e al 40% di quelli di Iz­quierda Unida (comunisti). La Spagna dunque è spaccata. La legge – che non era neppure nel programma elettorale socialista – genera ma­lumori. Ma le associazioni civiche contrarie al­l’aborto non ci stanno: vogliono il referendum. Perché l’interruzione volontaria della gravidanza è «un business» e un «fallimento collettivo» di tutta la società, lamenta Arsuaga. All’obiettivo del milione di firme (di fatto, già raggiunto) si sono uniti anche Concapa (la federazione sco­lastica dei genitori cattolici) e l’Istituto di Poli­tica Familiare (Ipf). Il presidente di quest’ulti­mo, Eduardo Hertfelder, sostiene che la con­sultazione è fondamentale per evitare che ven­ga «imposto l’aborto, sulla pelle spalle dell’e­lettorato, e nonostante un’opposizione sociale senza precedenti».

D
al 1985 in Spagna è possibile abortire in tre casi: violenza sessuale (nelle prime 12 set­timane), malformazione del feto (22 setti­mane) o grave rischio fisico o psicologico per la madre (senza limiti temporali). La riforma li­beralizza l’aborto nelle prime 14 settimane, lo permette fino alla 22esima in caso di malfor­mazioni e dà la possibilità di interrompere la gra­vidanza alle minorenni. Questa legge «è un pas­so indietro, che aumenterà ancor più il numero degli aborti» avverte Hertfelder. Ogni anno in Spagna gli aborti sono 112 mila, il 98% in cli­niche
private.

Avvenire 7 gennaio 2010