DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

La Toscana è già scettica sulla Ru486

L’
Agenzia italiana per il farmaco (Aifa) ha autorizzato la commercializzazione del mifepristone (meglio conosciuto come Ru486) negli ospedali di tutto il Paese. Ma la richiesta di aborto chimico è decisamente in calo. Così, almeno, in Toscana. Secondo i dati forniti dagli uffici regionali, gli aborti portati a termine con l’uso combinato di Ru486 e prostaglandine erano stati 394 nel 2006, 224 nel 2007, 141 nel 2008 e appena 47 nel primo semestre del 2009. Un trend dunque, in costante calo. E comunque una goccia nel mare del totale degli aborti consumati in Toscana: 8.879 nel 2006 e 8.077 nel 2008.

I
l primo a introdurre l’uso della pillola abortiva in Toscana, com’è noto, fu il ginecologo Massimo Srebot. Era il novembre del 2005 quando per la prima volta una confezione di mifrepristone arrivò nell’ospedale toscano. La via toscana si è poggiata per quattro anni su un semplice criterio: niente sperimentazione stile Torino, ma, semmai l’equiparazione della Ru486 a una
qualunque medicina disponibile solo all’estero. Un decreto del ministero della Sanità del 1997, infatti, permette l’importazione di medicinali non registrati in Italia se giudicati utili dal medico per un determinato paziente, se salvavita (ma la Ru486 quale vita salva?) e in assenza di una alternativa terapeutica (ma non esiste già l’alternativa dell’aborto chirurgico?).
Ecco dunque la procedura: far arrivare il mifepristone direttamente dalla ditta produttrice, la Exelgyn di Clermont­Ferrand.
Da allora ad oggi a Pontedera sono stati praticati circa 400 aborti con la Ru486. A Pontedera si sono affiancati, nel tempo, gli ospedali di Siena e di Empoli e, in rari casi, anche quello di Pescia. A Siena, però, dopo il pensionamento del ginecologo Cosimo Facchini, che per mesi ha
praticato l’aborto chimico, nessuno più lo ha sostituito in questa prestazione. Ad Empoli il servizio è sospeso da circa un anno. «Non avevamo le risorse sufficienti per portarlo avanti», fanno sapere dall’Azienda Usl 11. Sì, perché tre giorni di ricovero ordinario, così come previsto dal protocollo regionale, impegna più personale di quello impiegato in un aborto chirurgico in regime di day hospital.

A
ltri presidi ospedalieri l’aborto chimico non l’hanno mai praticato. A Firenze l’unico dei sei ospedali dove si pratica l’aborto è il Piero Palagi di viale Michelangelo. Ma in questi anni domande di aborti chimici – ci dicono – non ci sono state. Stessa risposta all’ospedale di Livorno. A Pisa, ginecologia è ospedaliera ed universitaria. Nella prima, fino a non molto tempo fa, i medici ginecologi erano tutti obiettori e il problema degli aborti, di qualunque tipo, non si poneva nemmeno.
Adesso due ginecologi si sono resi disponibili per l’aborto. «Ma non abbiamo mai ricevuto richiesta di Ru486 – ci dice il primario Maria Giovanna Salerno – del resto l’aborto chimico è più affare di servizi territoriali che di un ospedale di terzo livello. E la vicina presenza di Pontedera ha, probabilmente, calamitato
tutte le donne che intendevano ricorrere all’aborto farmacologico».

A
desso Srebot, a Pontedera, è stato sostituito dal collega Giorgio Guazzanelli, per andare a dirigere l’omologo reparto di Volterra. Dove immediatamente ha fatto sapere di essere disposto ad accogliere donne che intendono abortire con la Ru486. Ma la procedura, come ha rilevato lo stesso ginecologo, è ferma, proprio ora che è arrivato l’ok dell’Aifa alla commercializzazione. Questione di giorni: la Exelgyn non avrebbe ancora finito di stampare le scatole e i bugiardini in lingua italiana e, d’altronde, non è più possibile accedere al prodotto dalla vecchia procedura dell’importazione ad personam, adesso che la pillola abortiva è stata inserita negli stessi prontuari italiani.
Come intendono organizzarsi i reparti di ginecologia, ora che l’aborto chimico è stato inserito tra i cosiddetti Lea, ovvero i livelli essenziali di assistenza e, dicono all’assessorato regionale, ogni donna potrà legittimamente chiedere la Ru486 per abortire in ogni ospedale della Toscana? La domanda coglie di sorpresa un po’ tutti.
«Se ne occuperanno i professionisti che praticano aborti», è la risposta più ricorrente.

Una delle Regioni capofila nell’uso disinvolto del «farmaco» scopre che gli aborti chimici sono in costante calo dal 2006 All’ospedale di Empoli servizio sospeso perché troppo costoso, a Siena non c’è più il medico, a Livorno e Firenze zero richieste

Avvenire 28 gennaio 2010