che a sua volta ha per ancella una cattiva filosofia.
In questo sta il perché del disarmante atteggiamento
del mondo cattolico a fronte della candidatura di Emma
Bonino. Un fenomeno che potrebbe apparire strano se si
pensa che questo mondo, solo l’altro ieri, aveva partorito
il Family day. Eppure, strano non è, lo dicono i fatti.
Nel viterbese, una nutrita rappresentanza della base cattolica
voterà Bonino senza neanche turarsi il naso. Dal
canto suo, Avvenire, quotidiano della Conferenza episcopale
italiana, nasconde a pagina 11 una critica alla
candidata radicale riducendo a rango di parere quello
che avrebbe dovuto essere un articolo di fondo: lo ha denunciato
il direttore del laico Foglio, tirando in ballo il
diavolo, argomento così giù di moda in casa cattolica.
Non basta: perché un cervello non certo gettato all’ammasso
del politicamente corretto come Antonio Socci
spiega che la Bonino e il diavolo non si accostano neanche
in iperbole, ché si mischiano indebitamente politica
e teologia: e lo spiega, naturalmente, al direttore del laico
Foglio. Intanto, il direttore di Avvenire illustra che lui
impagina come vuole, in piena autonomia, eccetera: e lo
illustra sempre al direttore del laico Foglio.
In un mondo, non si dice ideale, ma quasi normale, tutto
questo avrebbe del grottesco e i fatti di cui sopra andrebbero
capovolti di segno. E invece no. All’indomani,
o al massimo dopodomani, del Family day, il direttore
del laico Foglio, si trova messo in croce dagli ambienti
cattolici per aver detto ciò che essi stessi dovrebbero
avere, se non il coraggio di dire, almeno la coerenza di
pensare. Il paradosso nasce dal fatto che Giuliano Ferrara,
ha l’abitudine di argomentare sillogisticamente, e
mal gliene incoglie perché tale abitudine il mondo cattolico
l’ha buttata alle ortiche assieme da vari decenni.
Il caso Bonino è la summa di tale debacle. Ragionare per
credere, e partire dalla realtà per ragionare.
Ora, la realtà dice che i radicali, sono dei praticanti
rigorosi che professano un anticattolicesimo ortodosso,
argomentato, dottrinale. Si occupano di tutto ciò che sta
a cuore al Papa e alla chiesa, tenendo immancabilmente
una posizione inversa. Il loro obiettivo non è soltanto
quello di cambiare le leggi o di mettere a segno
vittorie politiche. La loro vera scommessa è capovolgere
la mentalità dell’opinione pubblica senza che nessuno
se ne accorga. E ora hanno piazzato la Bonino nella
corsa alla presidenza del Lazio, imponendola a un
Partito democratico che, a dispetto di certi sommessi e
comunque colpevoli rigurgiti teodem, non è affatto
estraneo alla ideologia radicale, ma ne rappresenta
l’incarnazione di massa. A fronte di tale premessa maggiore
del sillogismo, traducibile in “la Bonino è il diavolo”,
si trova la premessa minore “i cattolici combattono
il diavolo”, cui dovrebbe seguire la conclusione
“dunque i cattolici combattono la Bonino”. Ma la conclusione
non segue. E non può seguire poiché il mondo
cattolico è in debito di dottrina, e non solo nella sua cosiddetta
ala sinistra. Il risultato è una popolazione cattolica
spesso animata dalle migliori intenzioni, ma che
ha convinzioni, princìpi, criteri di riferimento totalmente
alternativi e contraddittori.
Tutto questo non è accaduto tra il Family day e la candidatura
della Bonino. Ha radici ben più profonde, messe
in luce acutamente da Luigi Manconi in un articolo
pubblicato sull’Unità il 15 gennaio con l’inequivocabile
titolo “I cattolici appoggeranno Emma Bonino”. Dopo
aver spiegato che la secolarizzazione è “la tendenza ad
adottare comportamenti e modelli di vita immanenti non
derivati da dogmi di fede o da morali sovradeterminate”,
e dopo aver messo in luce, evocando lo “scisma sommerso”
di Pietro Prini, che “tale processo non riguarda solo
i semplici fedeli, ma coinvolge anche una parte delle gerarchie”,
Manconi fornisce le ragioni del fenomeno. “Le
politiche sulle questioni di fine vita” dice “ma anche lo
stesso antiproibizionismo, sono il frutto di una riflessione
morale che pone al centro l’integrità della persona
umana, la sua dignità e i suoi diritti”. E da ciò desume
che “l’antropologia radicale rivela profondi punti di contatto
con l’antropologia, anch’essa fondata sui concetti di
dignità e integrità della persona. (…) In altre parole, le
controversie etiche finiscono con l’avvicinare i cattolici
(e anche le gerarchie) ai Radicali più di quanto li avvicinino
i titolari di una concezione agnostica e amorale della
vita”. E’ ovvio che, quando è integro, il cattolicesimo
non offre alcun appiglio a tale prospettiva. Ma le cose
cambiano totalmente se si pensa che Manconi ci sta descrivendo
impietosamente quel magma informe che oggi
porta sulla divisa la targhetta di “mondo cattolico”. Un
coacervo che attraversa la politica, la teologia, la filosofia,
e che può scegliere Hans Kung o S’Alfonso Maria de
Liguori, Kant o Tommaso d’Aquino, Bonino o Berlusconi,
Martini o Ratzinger, sostenendo di appartenere alla
stessa religione.
Lo svarione teologico, che si traduce in svarione morale
e politico, ha come strumento uno svarione filosofico:
l’assunzion
e dei princìpi di filosofie estranee al cattolicesimo. Per
cui, davanti a un qualsiasi fenomeno nato in quel brodo
culturale, non si è in grado di dare risposte cattoliche.
L’impostazione di un problema ne determina la soluzione,
quindi le questioni sociali formulate oggi all’interno
del radicalismo possono avere, con sfumature diverse,
soltanto soluzioni radicali. E’ il dialogo, bellezza. Peguy
denunciava questo dramma già nel 1900 parlando di “cristiani
sfaldati nel loro cristianesimo. Perché è da dirsi
che non sono più cristiani; forse non lo sono più in nulla
e sono puramente, propriamente moderni”. Gente che,
votando la Bonino, si illude persino di perfezionare, purificare
il cristianesimo. Ma, è sempre Peguy che parla,
“perfezionare il cristianesimo è quasi come se si volesse
perfezionare il nord, la direzione del nord. Ma il cristianesimo
è naturalmente e sovrannaturalmente fisso”.
Il Foglio 26 gennaio 2010