DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Malaysia, furia islamica

Attaccate tre chiese, due protestanti e una cattolica • Lancio di molotov contro gli edifici di culto, si scatena la «rabbia» musulmana contro le altre fedi Dura la reazione del premier Najib Razak: non saranno tollerate azioni che «mettano in pericolo l’armonia del Paese» • Massiccio e immediato il dispiegamento di forze dell’ordine • Giovedì ignoti hacker avevano su­perato le difese del sito Internet del sistema giudiziario malese, inse­rendo banner inneggianti alla su­premazia islamica.
di Stefano Vecchia
Tratto da Avvenire del 9 gennaio 2010

I cristiani tornano nel mirino. La giornata di festività islami­ca si è trasformata in quella del­la rabbia dei musulmani malesi contro l’uso da parte di altre reli­gioni della parola “Allah” per indi­care Dio. Ed è diventata una gior­nata di paura per i cristiani.

Nella notte, in un quartiere resi­denziale della capitale Kuala Lum­pur, è stato distrutto dal fuoco ap­piccato dal lancio di molotov il pia­noterra dell’edificio che ospita la Metro Tabernacle Church, luogo di culto del movimento evangelico Assemblies of God. Poche ore più tardi, all’alba, a Petaling Jaya, città­satellite della capitale sono state lanciate bombe molotov contro la chiesa cattolica dell’Assunzione e contro un centro protestante, la Li­fe Chapel. In questi casi i danni so­no stati lievi. Non è stata avanzata alcuna rivendicazione, anche se i sospetti ricadono su estremisti mu­sulmani, non necessariamente or­ganizzati nei numerosi gruppi che rivendicano la supremazia islami- ca e malese in questo Paese mul­tietnico e pluri-religioso. Il timore che questi fatti potessero anticipa­re una giornata di assedio per la mi­noranza cristiana si sono dissolti con il passare delle ore, ma la ten­sione è rimasta alta fino a sera.

Ampio il dispiegamento delle for­ze dell’ordine garantito dal capo della polizia nazionale, Musa Has­san e dure le condanne dei re­sponsabili governativi, incluso il premier Najib Razak che ha avvi­sato che non saranno tollerate i­niziative che «mettano in perico­lo l’armonia del Paese». Il ministro degli Interni ha minacciato, se do­vessero verificarsi disordini, l’ap­plicazione della Legge sulla sicu­rezza nazionale, che dà ampi po­teri discrezionali a polizia ed eser­cito e proibisce ogni assembra­mento. Condanna anche da parte del Partito islamico malese, al­l’opposizione.

Le manifestazioni al termine della preghiera pomeridiana del venerdì hanno interessato una decina di moschee nel Paese, tra cui la mo­schea nazionale a Kuala Lumpur ma con una partecipazione assai limitata. Tuttavia gli slogan scan­diti sono stati duri, inusuali anche per questo Paese in maggioranza islamico. Diversi anche da quelli dell’organizzatore della protesta, Arman Azha Abu Hanifah che ieri ha condannato come «provocazio­ni» gli atti incendiari. «Difendere­mo la dignità e i diritti dei musul­mani – aveva detto Hanifa chia­mando i correligionari all’azione –. Abbiamo vissuto in pace con tut­te le religioni, ma vogliamo che le altre religioni rispettino noi e l’uti­lizzo della parola Allah, che è e­sclusiva di noi musulmani».

Dietro alla protesta e presumibil­mente agli attacchi agli edifici di culto cristiani, la polemica acutiz­zatasi la settimana scorsa sul dirit­to dei cattolici di usare il termine “Allah” dopo che la Corte suprema ha nel giro di pochi giorni prima concesso e poi sospeso, su richie­sta del governo, l’autorizzazione accordata a un giornale cattolico locale di utilizzarla.

Il primo ad essere sorpreso dagli attacchi è proprio padre Lawrence Andrew, direttore di The Herald, pubblicato in quattro lingue, tra cui inglese e malese. Con una tiratura di sole 14mila copie, è diffuso so­prattutto tra le minoranze negli Stati di Sabah e Sarawak, sull’isola del Borneo. La lunga battaglia le­gale di The Herald, si concluderà solo con la sentenza d’appello at­tesa entro qualche tempo, ma per ora resta la proscrizione.

L’ira dei fondamentalisti contro la decisione della Corte suprema di concedere l’autorizzazione al giornale «The Herald», diretto da padre Lawrence Andrew, ad utilizzare la parola «Allah»