DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

“Non sappiamo che Bonino pigliare”

Rieti. Il citofono suona una volta a vuoto.
Al di là del vetro, la parrocchia è deserta.
E’ pomeriggio, forse è l’ora del pisolino
post pranzo. Alla seconda scampanellata
il sacerdote, in servizio a Rieti da innumerevoli
anni, viene di persona ad
aprire. Alla richiesta di un commento sulla
candidatura Bonino, il parroco per prima
cosa sospira. Pensa al monte Terminillo
“innevato che è una meraviglia” e ricorda
con nostalgia i tempi in cui, dice,
“la chiesa non soffriva di timidezza e la
domenica organizzava per i fedeli gite lassù”
– sci, pranzo e messa sul calar della
sera oppure messa al sorgere del sole, sci
e pranzo. “E insomma”, dice, “allora sì
che con i fedeli c’era un bel rapporto”. Invece
adesso “il clero sonnecchia” e la
gente “manco ci va, al Terminillo”, stazione
sciistica di fasti mussoliniani caduta in
disgrazia dopo il boom dei Settanta. D’improvviso
il sacerdote, dopo essersi
chiesto “chissà che cosa
ha in mente l’Udc”,
sbotta: “Ma che hanno
paura di perdere
clienti?”. La frase
non è rivolta all’Udc,
come si potrebbe
inizialmente pensare,
ma alla chiesa, secondo il
parroco “troppo defilata
su Emma Bonino, una
donna che su certe questioni
amministrative ci
capisce più della Polverini,
ma che su alcuni
temi è davvero lontana
da noi. Come fanno i
cattolici di sinistra, dico
io, a restare inerti di
fronte a un Pd che si è fatto
scavalcare da una candidata che
predica l’amore libero, il divorzio, l’aborto
e che tra un po’ dirà che i sessi sono tre
o quattro?”. Se si fa notare al sacerdote
che per strada, a Rieti, più di un sedicente
“cattolico di sinistra” dice “la voto lo
stesso” (come fa il signor Mario Ciancarelli,
fuori da una libreria di via Roma) e che
una signora uscita dalla preghiera mattutina
in duomo, Virginia Properti, ha detto
“sono una più sveglia dell’altra, Bonino e
Polverini, vorrei votarle tutte e due”, il sacerdote
non si scompone. E però molto si
indispone: “Ti credo, che dicono così. Se
uno ha un figlio senza lavoro, vuoi che
pensi a Emma Bonino abortista o divorzista?
No, certo che no. E infatti è compito
di chi ha a cuore l’educazione del fedele
portare alla sua attenzione la contraddizione
insita in questa candidatura. L’uomo
non vive di solo lavoro”. Il sacerdote
critica Franco Marini che giustifica “la
decisione del Pd sulla Bonino” e “i politici
locali che non vogliono lasciare la sedia”,
ma si capisce che ce l’ha soprattutto
con “i preti che si accomodano, senza ragionare,
lungo la divisione destra-sinistra”.
Chi ascolta, reduce da una serie di
conversazioni con i cronisti locali e con il
portavoce del vescovo, non può far a meno
di pensare: “Che ce l’abbia anche con
la sua Curia?”. Perché il sacerdote non fa
nomi, ma a Rieti, sull’argomento, c’è maretta.
Qualche giorno fa, infatti, Renata
Polverini si è fatta vedere in centro, ha
chiesto un’udienza privata al vescovo e il
vescovo, naturalmente, gliel’ha concessa.
Senonché, accanto alla Polverini, in piazza,
a un certo punto è comparso colui che
i cronisti locali chiamano “il papa nero”,
ovvero don Valerio Shango, originario del
Congo, in quell’occasione prodigo di complimenti
per Silvio Berlusconi (“gli ho
portato fortuna quando è venuto qui”) e
per Polverini stessa (“Renata, so che non
hai la bacchetta magica ma so anche che
hai l’intelligenza per ridare dignità alle
famiglie italiane e ai migranti”). Apriti
cielo (in senso letterale): a quel punto la
Curia reatina ha diramato una nota sul
settimanale diocesano Frontiera, per invitare
i sacerdoti “alla sobrietà”. A voler
sentire la campana vescovile, bisogna – di
citofono in citofono – giungere al cospetto
di Massimo Casciani, portavoce di monsignor
Delio Lucarelli. Casciani conferma:
“Abbiamo invitato i sacerdoti alla sobrietà,
non è il caso di
mettersi a fare la guerra.
E’ vero che Emma
Bonino piace a molti
cattolici per l’impegno
contro la pena di morte
e la fame nel mondo, basta
ascoltare Radio radicale,
ma sulla famiglia e sulla vita siamo
molto lontani. Un cattolico, in
teoria, dovrebbe essere messo
in crisi da questa candidatura.
Ma i cattolici più
pragmatici voteranno secondo
le indicazioni di partito.
Chissà, forse qualcuno dovrebbe
pensare a una terza
via”. Casciani dice anche
che il vescovo mantiene
un atteggiamento “molto
equilibrato” e non si impiccia
di politica “per evitare strumentalizzazioni”.
A questo punto si capisce che
la linea ufficiale della Curia non è quella
di lotta dura e pura del sacerdote antiboniniano
nostalgico del Terminillo. Prova
ne è che altri due sacerdoti, raggiunti in
parrocchia, dicono, più o meno: “Qui ci
occupiamo di altro”.
Neppure nell’antico chiostro dell’istituto
“Figlie di San Camillo”, sede di corsi
universitari per infermiere, si ottengono
risposte. La reverenda suora Afra Marcolongo,
coordinatrice, prima risulta a pranzo
(“non sente che c’è odore di pasta?”, dice
una signora che scende le scale), poi “in
preghiera”, dice l’impiegata, una ragazza
che “odia” sia Bonino sia Polverini e che,
come il portavoce del vescovo, si interroga
sulla “terza via” (non Linda Lanzillotta,
ipotesi ventilata da Rutelli, ma, dice la ragazza,
“magari uno di Forza nuova”). Infine
si ottiene il numero dell’ufficio di suor
Afra, ma una sua consorella dice: “No, grazie.
E’ tempo di esami universitari”. Al
centro di ascolto diocesano, intanto, i volontari
Caritas ascoltano gli ultimi dei
trentacinque immigrati della giornata.
Emma Bonino non è in cima ai loro pensieri.
C’è prima la signora velata che chiede
vestiti per il bimbo che piange e ride se
qualcuno lo saluta, c’è prima la mamma
con accento dell’est che vuole viveri e “un
costume da principessa” per la figlia (tra
poco è carnevale).
La coordinatrice del
centro, Cristina, fa capire che la posizione
della Bonino sui temi etici è l’ultima
delle sue preoccupazioni. L’urgenza, dice,
“è là fuori”. Fuori ci sono tre ragazzi in fila.
“Sono somali, li hanno mandati su da
Crotone tempo fa”, dice la signora Cristina
prima di esprimere il suo pensiero sulle
candidature: “Se uno non la pensa come
me, ma risolve i problemi della gente,
io lo voto. Basta che sia onesto. E guardi
che i problemi non li hanno solo gli immigrati
ma pure tanti italiani: povertà, disoccupazione,
pensioni da miseria. Vedremo
cosa diranno queste due signore”. Nelle
vie del centro, però, molti hanno già deciso.
“Polverini tutta la vita”, dice l’impiegato
cattolico Giuseppe, interpellato al
bar Quattro Stagioni, mentre da una radio
risuona il vecchio “Alli-galli”. Sul corso,
fuori da una casa-famiglia, un ragazzo che
si definisce “vicino all’Azione cattolica”,
dice “la Bonino difende i deboli e i cattolici
difendono i deboli. Ben venga”. Poco
distante, nei pressi di un negozio di pesci
tropicali “in saldo”, il signor Antonino dice:
“Io sono da sempre cattolico e di destra,
ma destra vera. Bonino mai, Polverini
forse”. Il farmacista Paolo Selvi afferma
di “aver intrapreso un percorso di fede”
che gli fa dire: “Emma Bonino non la
voto, pur nel rispetto per la persona. Certo,
il problema ce l’hanno i cattolici del
Pd”. Un cattolico del Pd, Vincenzo Ludovisi,
consigliere provinciale di area ex
Margherita, chiede al partito “di fare ora
in modo che tutte le sue anime siano rappresentate”,
e pare più rassegnato dei capi
del Pd locale (franceschiniani e molto
contrariati). In ogni caso, un manifesto
targato Pd “con Emma, per vincere” campeggia
sul vetro della fermata del bus Cotral,
appena fuori città, lungo la strada
per Roma. A bordo del bus un vigile in divisa
lo indica e dice all’amico: “Oh, mi sa
che voto ’sta Bonino”. Interrotto dalla telefonata
di qualcuno che – si evince origliando
– cerca di ottenere invano l’abbuono
di una multa, il vigile insiste: “Oh,
’sta Bonino è piovuta un po’ a cavolo, ma
è seria”. L’amico dice: “Boh, io voto per
Casini”. Il cronista a quel punto si intromette,
si presenta e chiede ai due signori:
“Siete cattolici?”. Un po’ stupiti, quelli rispondono:
“Sì, sì, cattolici, cattolici”. Il vigile
boniniano aggiunge: “Mo’ me devo
preoccupa’ di che religione è la Bonino?
Grasso che cola se nun c’ha i problemi
esistenziali come Marrazzo, e l’ho pure
votato”. (3. continua)

Il Foglio 29 gennaio 2010