Contro la "Proposizione 8"
di Theodore B. Olson
Tratto da L'Occidentale il 17 gennaio 2010
Insieme al mio buon amico e occasionale avversario in tribunale David Boies, sto cercando di convincere una corte federale di annullare la "Proposizione 8" della California.
Trattasi di un provvedimento entrato in vigore in seguito a referendum, che ha sostituito il diritto, sancito nella Costituzione della California, di contrarre matrimonio con persona dello stesso sesso. Il mio coinvolgimento in tale iniziativa ha provocato costernazione tra i repubblicani. Come può un repubblicano di vecchia data, un veterano delle amministrazioni Ronald Reagan e George W. Bush, sfidare la “tradizionale” definizione di matrimonio e sostenere una interpretazione “attivista” della Costituzione, venendo così a creare un “nuovo” diritto costituzionale? La mia risposta si basa su una vita in cui ho conosciuto persone di provenienze, storie, punti di vista e caratteristiche profondamente diverse; e dal rifiuto di quel che mi appare come una percezione superficialmente convincente, ma in ultima analisi distorta sia della Costituzione, sia delle garanzie costituzionali a tutela dell’eguaglianza e dei diritti fondamentali dell’individuo.
Molti dei miei compagni di partito quasi sobbalzano al solo sentir parlare delle unioni gay. E’ un atteggiamento privo di senso, perché i matrimoni omosessuali promuovono quei valori che gli stessi conservatori sostengono. Il matrimonio è uno dei mattoni fondamentali delle nostre comunità e della nazione. Al suo meglio, è un patto stabile tra due individui che lavorano per creare una dimora in cui regna l’armonia, e che hanno instaurato una proficua collaborazione economica e sociale. Incoraggiamo le coppie a sposarsi perché l’impegno che esse in tal modo assumono porta benefici non solo a loro stesse, ma anche alle loro famiglie e alla comunità. Il fatto che individui omosessuali vogliano condividere questa istituzione dimostra che gli ideali conservatori godono di un largo consenso. Si tratta di un fatto di cui i conservatori dovrebbero essere lieti, invece di lamentarsene.
Legalizzare i matrimoni gay sarebbe anche un riconoscimento di quelli che sono i principi americani fondamentali, e rappresenterebbe il culmine dell’impegno nazionale verso una società che garantisca uguali diritti per tutti. L’uguaglianza è al centro dei valori tanto dei liberali quanto dei conservatori. Il sogno che poi divenne l’America iniziò con il concetto rivoluzionario espresso nella Dichiarazione di Indipendenza: “Crediamo fermamente in queste verità, tanto evidenti quanto indiscutibili: tutti gli uomini sono creati uguali, e a tutti il Creatore conferisce alcuni Diritti inviolabili. Tra questi la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità”. Purtroppo, la nazione ha impiegato molto tempo per mantenere queste promesse. Nel 1857, la Corte suprema stabilì che a un afroamericano non poteva essere conferita la cittadinanza. Subito dopo la fine della guerra civile, con lo scopo di trasformare in realtà la sfuggente promessa dell’uguaglianza, al 14° emendamento della Costituzione venne aggiunto il seguente comando: “Nessuno stato... dovrà privare alcuna persona della vita, della libertà o delle sue proprietà, senza che ciò avvenga al di fuori di un processo secondo le leggi; né dovrà negare ad alcuna persona... un equo trattamento secondo le leggi”.
In seguito, altre leggi e sentenze della Corte suprema hanno reso chiaro che l’uguaglianza in senso legale si estende a persone di qualsiasi razza, religione e nascita. Quale miglior modo di completare questa aspirazione nazionale, che applicare la stessa protezione a uomini e donne che differiscono dagli altri solo per l’orientamento sessuale? Diverse leggi, federali come statali, hanno concesso certi diritti e privilegi alle coppie omosessuali, ma queste protezioni variano drammaticamente da stato a stato, e quasi ovunque negano una vera uguaglianza agli omosessuali che vogliano unirsi in matrimonio. La stessa idea di matrimonio è fondamentale per riconoscersi come membri della società con stessi diritti degli altri; qualunque cosa meno del matrimonio è inferiore, ingiusta e incostituzionale.
La Corte suprema degli Stati Uniti ha ripetutamente affermato che il matrimonio è uno dei più importanti diritti degli americani. Ha affermato che il matrimonio è parte delle protezioni costituzionali in materia di libertà, vita privata, associazione, realizzazione personale. Senza un uguale diritto a sposarsi, non può esserci una vera uguaglianza legale. E’ senz’altro vero che il matrimonio, tradizionalmente, è sempre stato visto come l’unione di un uomo con una donna. Ma mentre la Corte suprema ha sempre considerato il matrimonio sotto questa luce, i diritti e le libertà ad esso legati non sono in alcun modo confinati agli eterosessuali. Il matrimonio è un patto civile e spesso (ma non sempre) anche un sacramento. E’ una relazione che i governi riconoscono, e alla quale conferiscono un’importanza particolare; una relazione che ha il diritto di ricevere l’appoggio dello stato. In tutti i casi in cui lo stato ha riconosciuto un’istituzione e accordato privilegi a chi ne faccia parte, le corti americane hanno sempre preteso precise giustificazioni quando a un cittadino viene rifiutata l’appartenenza a quella istituzione, appartenenza che non può in alcun modo essere negata in via arbitraria.
Quali sono, allora, le giustificazioni addotte nella Proposizione 8 della California, in base alle quali viene negato il diritto a contrarre matrimonio per alcuni cittadini? Non sono rimasto persuaso dalle ragioni che ho ascoltato. Il motivo più citato è la tradizione. Ma il semplice fatto che una cosa la si sia sempre fatta in un certo modo, non vuol dire che quella cosa la si debba continuare a fare in quel modo. E la California, e con lei molti altri stati, hanno permesso a gay e lesbiche di formare collaborazioni domestiche (o unioni civili) che godono di molti dei diritti concessi alle coppie etero. Sembra strano chiamare in causa la tradizione, come giustificazione per etichettare quelle relazioni come meno positive, meno riconoscibili, meno legittime.
Il secondo motivo di cui sento spesso parlare è che il matrimonio tradizionale promuove l’interesse dello stato alla procreazione. Ma, semplicemente, ciò è irrilevante. Impedire a gay e lesbiche di sposarsi non spingerà gli eterosessuali a sposarsi di più, o a fare più figli. Appare altrettanto evidente che permettere a gay e lesbiche di sposarsi non scoraggerebbe gli eterosessuali dal farlo. Né indaghiamo sulle intenzioni delle coppie eterosessuali di avere bambini, o sulla loro capacità di allevare bambini, prima di permettere che si sposino. Un altro argomento, ancor meno convincente, è che il matrimonio gay in qualche modo metta in pericolo il matrimonio etero. Devo ancora trovare qualcuno che mi sappia spiegare questo punto. In qual modo permettere a omosessuali di sposarsi diminuirebbe i matrimoni etero? Quando il giudice ha chiesto di definire i modi in cui ciò sarebbe possibile, va dato credito al nostro avversario di avere ammesso che non riusciva a immaginarsene alcuno.
Non c’è alcuna buona ragione per negare il matrimonio a partner omosessuali. D’altra parte, esistono molte ragioni per le quali dovremmo riconoscere quel tipo di relazione. A prescindere di quel che possiate pensare dell’omosessualità, gay e lesbiche fanno parte delle nostre famiglie, dei nostri club, del nostro ambiente di lavoro. Sono nostri medici, nostri insegnanti, nostri soldati (che lo si ammetta o meno), e nostri amici. Conservatori e liberal hanno bisogno di incontrarsi su quei valori che ci uniscono. Possiamo certamente essere d’accordo sul valore della famiglia, ossia di una realtà plasmata da durature relazioni personali, e formata da comunità di individui tra i quali è instaurato un patto dal valore tanto privato quanto istituzionale. Confinare alcuni dei nostri concittadini a uno status di seconda classe ai margini della legge compromette il loro sentimento di appartenenza e indebolisce il loro legame al resto di tutti noi.
Io comprendo, ma rifiuto, certi insegnamenti religiosi che denunciano l’omosessualità come qualcosa di moralmente sbagliato, e muovo pesanti obiezioni a coloro che sostengono la necessità di introdurre mezzi legali per scoraggiare le relazioni omosessuali. La scienza ci ha insegnato, anche se la storia ancora non lo ha fatto, che gay e lesbiche non hanno scelto l’omosessualità. In gran parte dei casi, si tratta di caratteristiche immutabili. E, mentre la Costituzione garantisce la libertà di seguire il proprio credo religioso, allo stesso tempo proibisce di imporre le proprie convinzioni al prossimo.
Un tempo tolleravamo leggi che proibivano il matrimonio tra persone di razze diverse. La Corte suprema della California fu la prima ad affermare che si trattava di una discriminazione incostituzionale. La Corte suprema federale approvò una tale presa di posizione all’unanimità, venti anni più tardi, nel 1967. La maggior parte degli americani va fiera di quella decisione. Sono convinto che quegli americani saranno altrettanto fieri quando non discrimineremo più i gay e le lesbiche. Le reazioni alla nostra iniziativa legale mi hanno rinforzato in queste convinzioni. Ho avvertito rabbia, risentimento, ostilità. Ma, soprattutto, sono stato sommerso da espressioni di gratitudine e di buona volontà. Una motivazione particolare per andare avanti sono state le tante testimonianze che raccontavano quanto renda soli e quanto sia distruttivo a livello personale essere trattati come un escluso, e quanto sia importante essere tutelati dalle leggi e dalle istituzioni americane.
Alcuni sostengono che abbiamo sollevato una tale questione troppo presto, e che né il paese né i tribunali sono “pronti” per affrontare il problema e rimuovere “il marchio”. Non siamo d’accordo. Noi rappresentiamo clienti reali, due meravigliose coppie californiane legate da relazioni assai lunghe. Le nostre clienti lesbiche stanno allevando quattro bambini, che non possono chiedere genitori migliori. Le nostre clienti vogliono sposarsi. Credono che la Costituzione ne dia loro il diritto. Desiderano essere rappresentate in tribunale per rivendicare quel diritto, intentando una causa contro la validità della Proposizione 8, sulla base del 14° emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, in cui sono contenute le clausole di una tutela uguale per tutti i cittadini, e della obbligatorietà del procedimento legale. E infatti, il procuratore generale della California ha concesso l’incostituzionalità della Proposizione 8, mentre la città di San Francisco si è unita alla nostra causa.
Ai cittadini ai quali viene negata l’uguaglianza viene invariabilmente detto di “aspettare il vostro turno” e di “portare pazienza”. Eppure, i veterani delle passate battaglie per i diritti civili hanno scoperto che è sempre stata l’insistenza nelle loro pretese, a far partire il processo che avrebbe portato al riconoscimento di quei diritti per i quali si battevano. Quanto al fatto se le corti giudicanti siano “pronte” per un caso come questo: solo qualche anno fa, nel processo Romer contro Evans, la Corte suprema federale demolì una modifica costituzionale introdotta in Colorado, peraltro assai popolare, che pregiudicava i diritti degli omosessuali. Sette anni dopo, nel processo Lawrence contro Texas, la Corte suprema bocciò una legge del Texas che proibiva pratiche sessuali intime tra persone dello stesso sesso, in quanto priva di ogni base razionale.
A quelle decisioni seguirono polemiche, ma si tratta comunque di decisioni assunte dalla più alta corte della nazione, alle quali i nostri clienti hanno tutto il diritto di richiamarsi. Se ogni cittadino ha il diritto di sposarsi, se le leggi che sospendono le tutele legali a gay e lesbiche in quanto categoria sono incostituzionali, se la condotta sessuale privata è protetta dalla Costituzione, resta veramente poco in mano agli oppositori dei matrimoni omosessuali. La Proposizione 8 della California è particolarmente vulnerabile a un esame costituzionale, perché quello stato ha introdotto una folle regolamentazione in materia di matrimonio, nella quale riesce difficile per chiunque trovare un senso. La California riconosce i matrimoni tra uomo e donna, anche tra soggetti come reclusi nel braccio della morte, pedofili e pregiudicati per violenza contro le donne. Allo stesso tempo, proibisce matrimoni tra persone dello stesso sesso che si amano, che hanno cura l’una dell’altra, che hanno instaurato una relazione stabile; e tenta di ovviare a ciò offrendo loro l’alternativa della “collaborazione domestica” (domestic partnership), che garantisce quasi tutti i diritti del matrimonio. Infine, la California ha riconosciuto i 18 mila matrimoni omosessuali avvenuti nei mesi trascorsi tra la sentenza della Corte suprema a tutela del diritto di matrimonio per gli omosessuali, e la decisione dei suoi cittadini di ritirare quel diritto approvando la Proposizione 8.
Così ci ritroviamo con tre categorie di californiani: coppie etero che possono sposarsi, divorziare e, se vogliono, risposarsi; coppie omosessuali che non possono sposarsi ma possono vivere insieme nel quadro della “collaborazione domestica”; coppie omosessuali attualmente sposate ma che, in caso di divorzio, non possono sposarsi di nuovo. Si tratta di un sistema irrazionale e discriminatorio, che non può continuare a sussistere. Gli americani che credono nelle parole della Dichiarazione di Indipendenza, in ciò che Lincoln disse a Gettysburg, nel 14° emendamento e nelle tutele costituzionali su uguali diritti e pari dignità di fronte alla legge, non possono stare a guardare mentre una situazione a tal punto sbagliata si protrae. Non si tratta di una causa conservatrice o liberal; si tratta di una causa americana, ed è tempo che gli americani la sostengano.
Tratto da Newsweek
Traduzione di Enrico De Simone