A. I.
Il Cristianesimo è una cosa seria perché riguarda il rapporto del credente con il Dio che si è fatto uomo per condividerne la vita e per sostenerlo. Non è dunque solo un insieme di riti tradizionali svuotati di significato e utili dal punto di vista coreografico. Così infatti pare diventato nella mentalità di alcuni che pretendono di usare ciò che è sacro per scopi completamente diversi da ciò per cui Dio l'ha consegnato alla Sua Chiesa. E così capita che se un parroco rifuta i sacramenti ad un bambino senza che i genitori siano coinvolti in questo gesto educativo, che è dono e non può essere pretesa, si arriva all'assurdo di ricorrere ad un avvocato....
Parroco accusato di rifiutare la comunione a bimba disabile. Ha solo chiesto che la famiglia frequentasse il catechismo
Tratto da Avvenire del 29 gennaio 2010
«Parroco nega la comunione a bambina disabile». Questo il titolo ad effetto con il quale, da ieri mattina, i mezzi di informazione della provincia di Avellino hanno trattato una vicenda che, nel giro di qualche ora, è balzata agli onori della cronaca nazionale. In realtà, spiega don Rocco Mansueto, sacerdote di Melito Irpino, il comune dove si verificata la querelle, si «tratta di una storia che si ripete, il solito polverone che copre i fatti veri e ne presenta altri del tutto inventati». Secondo Renato e Silvana Di Flumeri, genitori della bam- bina di dieci anni affetta da un leggero deficit mentale e con problemi all’udito, il sacerdote avrebbe negato il sacramento alla loro figlia perché disabile. Da qui l’iniziativa dei coniugi di dare mandato ad un avvocato per denunciare «alla magistratura una decisione gravemente discriminatoria e particolarmente crudele del parroco». Pronta e pacata la replica del prelato: «In realtà - ha spiegato don Rocco - l’unica cosa vera nella vicenda è quella che la bambina non è nelle condizioni di poter ricevere il sacramento ma la ragione non va assolutamente ricercata nella disabilità. I sacramenti, a cominciare dall’Eucarestia non vengono e non possono essere negati in ragione della condizione fisica e mentale dei fedeli ma impongono, a quanti intendono accostarsi e riceverli una sufficiente consapevolezza». Il sacerdote ha spiegato le ragioni della sua decisione anche al vescovo della diocesi di Ariano Irpino - Lacedonia, monsignor Giovanni D’Alise, con il quale ha avuto un lungo colloquio telefonico ricevendo comprensione e solidarietà. «La mia intenzione è quella di aiutare la bambina e i genitori: da tempo li sollecito a frequentare la parrocchia, a partecipare ai corsi preparatori del catechismo ma non si sono mai fatti vedere.
Per questo ho deciso di mandare loro un segnale che faccia riconsiderare il loro comportamento: non c’è alcun tentativo discriminatorio, più semplicemente anche questa famiglia, al pari delle altre della nostra comunità, deve sentirsi impegnata in un cammino che, liberamente scelto, impone la cristiana consapevolezza e la dovuta considerazione dei sacramenti».
Una spiegazione che non ha indotto i genitori a recedere dal proposito di adire alle vie legali. Anzi. Il loro disappunto è aumentato quando don Rocco ha negato il nulla-osta per far celebrare la funzione in una chiesa di un paese vicino.
Anche in questo caso, però, Rocco è stato irremovibile attenendosi al diritto canonico: niente permesso fino a quando la famiglia, insieme alla bambina, non saranno pronti per ricevere il sacramento, dopo cioè aver frequentato il corso di catechismo. «Credetemi - ha concluso don Rocco - ci troviamo al cospetto del solito polverone mediatico sollevato da parte di chi pensa di poter ottenere tutto e subito solo per un fatto di forma. Peccato solo che l’avvocato di famiglia non mi abbia ancora chiamato: se correttamente mi avesse interpellato, gli avrei spiegato come stanno le cose».
di Marco Ingino
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