L'Italia è quindi il quarto Paese al mondo per uso dei social network. È battuta solo da Australia, Stati Uniti e Regno Unito. E non di molto. Gli australiani, che sono in testa, trascorrono 6 ore e 52 minuti sulle community web. Tra l'altro, così lo studio smentisce un luogo comune su internet: che la gente vi spende tempo perché fuori c'è sempre pioggia e il sole fatica a levarsi. No, gli australiani certo non difettano di belle giornate. In Svizzera, al contrario, si trascorrono 3 ore e 54 minuti al mese sui social network; in Germania quattro ore e 11 minuti.
Latitudini a parte, il fenomeno è globale: il tempo pro capite trascorso sui social network è aumentato dell'82 per cento rispetto a dicembre 2008. Che cosa si faccia, in queste ore, lo studio non lo dice. Ma basta entrare nel laboratorio d'informatica di un'università o in un ufficio per sbirciare che cosa fa il collega su Facebook: probabilmente, passerà d'un balzo dai commenti scritti dai propri amici reali e alle foto di chi invece ancora non conosce (ma vorrebbe tanto).
Questa è una buona notizia per il mercato, perché più tempo si passa a scorrere i profili, più pubblicità ci passa sotto gli occhi. Si sa che finora i social network non hanno brillato per profitti. Ma secondo eMarketer Facebook farà il boom quest'anno, ricavando 605 milioni di dollari, contro i 435 milioni del 2009. Sorte avversa invece per MySpace, ex stella dei network: perde utenti e di pari passo pubblicità (385 milioni previsti nel 2010, contro i 490 milioni del 2009). Facebook in Italia è un fenomeno a sé: ha raggiunto in pochi mesi 19 milioni di utenti registrati (sui 350 milioni al mondo).
Su Facebook si contano già molti libri e anche film. È sicuramente il fenomeno del web 2009, per l'Italia. A poco sono valse le polemiche sul dubbio rispetto della privacy degli utenti. Tutto sommato, se poi queste sei ore siano ben spese, lo studio di Nielsen non può dirlo: il giudizio è sospeso. Se si va avanti di questo passo, è facile immaginare che cosa diranno i "posteri": che sei ore al mese erano perfino poche.
La Repubblica 2 febbraio 2010
(02 febbraio 2010)