Gli elettori faranno come sempre quel che credono, ci mancherebbe. Le suore americane, o una loro componente cospicua, hanno praticato un lobbying aperto, appassionato, sistematico, in favore della riforma sanitaria di Barack Obama, qualunque cosa ne pensassero i vescovi e i fedeli cattolici socialmente conservatori, per l’evidente motivo che essa favorisce assistenza e solidarietà mentre tende a svalutare criteri tipicamente conservative come la responsabilità individuale e la libertà di scelta privata a fronte del governo federale. Non è da dubitare che parte dell’elettorato cattolico-democratico italiano, e dello stesso clero, a partire dalle famose suorine venete che determinarono nel 1996 la prima vittoria di Romano Prodi contro Epulone Berlusconi, resterà sulle proprie posizioni. Ma Bagnasco ha formalizzato un monito di obbedienza, razionalmente motivato, che non lascia scampo.
E per ragioni che i lettori di questo giornale e i pochissimi amati elettori della lista pazza (Aborto? No, grazie) conoscono assai bene. Bagnasco ha ripetuto con vigore che la frontiera della vita è decisiva nel giudizio “politico”, che l’offesa dell’aborto all’umanità sta nel suo essere divenuto sordo moralmente, un’attività di routine nel controllo e nella pianificazione delle nascite, ma nondimeno un’ecatombe, un delitto efferato di natura culturale, una guerra segreta agli invisibili e ai deboli che grida vendetta al cospetto della ragione umana e della ragione divina. E questi, prima di ogni giaculatoria sociale, sono i principi non negoziabili della chiesa di Benedetto XVI. Chi vuole può ovviamente votare contro questa cultura di radice personalista e cristiana, e premiare le grandi antagoniste, la Bresso e la Bonino, ma da oggi sa quel che fa.
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