La confessione non è una scuola di morale e il confessore non è uno psicoterapeuta, con il compito di affermare principi e valori in generale o di rimproverare il penitente. Al contrario la confessione è "una relazione di aiuto per offrire gli strumenti, le conoscenze e le motivazioni" necessarie affinché i fedeli possano comprendere il senso del peccato e assumersi "le proprie responsabilità di cristiani adulti". Compito del confessore è "di raggiungere le persone lì dove si trovano nel loro cammino di crescita morale e spirituale verso la maturità" e di accogliere ognuno "nella globalità delle sue risorse e dei suoi limiti". La lezione dell'oblato di Maria Immacolata, Giovanni Colombo, durante la quarta giornata del corso sul foro interno - organizzato dalla Penitenzieria Apostolica dall'8 al 12 marzo - nonostante avesse come argomento specifico l'aiuto pastorale che il confessore può dare ai coniugi in situazioni di rischio di fallimento del matrimonio, ha allargato l'orizzonte sul senso vero del sacramento della riconciliazione e sull'approccio del confessore con il penitente.
Padre Colombo infatti, precisato l'ambito del suo intervento e ribadita l'assoluta estraneità del sacramento della confessione alle tecniche psicoanalitiche, ha proposto un percorso di avvicinamento a questa delicata missione - tentare, cioè, di restituire vigore al sacramento del matrimonio in una coppia in difficoltà - che tuttavia mostra come la conoscenza dei basilari concetti della psicologia possa aiutare a penetrare meglio il misterioso ambito della coscienza dell'uomo, dunque della coppia.
Quale aiuto può offrire il confessore a coniugi che sentono venir meno ogni presupposto per la stabilità del loro rapporto matrimoniale? È la domanda che, nella sua semplicità, ha dato origine alla complessa risposta, che è stata poi la nervatura della lezione del prelato consigliere della Penitenzieria. Complessa perché dovendo innanzitutto favorire il discernimento delle ragioni e delle cause che hanno provocato o provocano la crisi coniugale, chiama in causa tutta una serie di implicanze concatenate le une alle altre. Padre Colombo si è riferito, per esempio, agli influssi del clima culturale odierno, caratterizzato dal consumismo edonistico.
Il malessere etico, come perdita di un senso unitario della vita con punti di riferimento certi - ha detto in sostanza padre Colombo - si associa al malessere e ai conflitti personali, coniugali e familiari. Questi trovano un terreno fertile nella cultura postmoderna, che ha sviluppato tendenze alla disgregazione di valori fondamentali quali la ragione e la fede, l'amore e la famiglia, la dignità e la responsabilità derivanti dal battesimo. A essi si è sostituita la provvisorietà e reversibilità di ogni scelta, la perdita del senso della storia e del legame tra generazioni, l'esaltazione della soggettività. Ne è risultata una cultura, che è stata definita utilitarista, narcisista, spontaneista e massificata.
Da tutto ciò deriva un impoverimento esistenziale il cui sintomo più grave è la mancanza di progettualità e il distacco da certi valori che finiscono per avere ripercussioni serie e riscontrabili sulla vita coniugale: dalla perdita del senso della gratuità del dono di sé, al prevalere del provvisorio sul definitivo e all'esaltazione del fattore emotivo. Situazioni che, nella logica esposta dal religioso, portano a carenze nella relazione di coppia - come senso di solitudine, conflittualità, incomunicabilità e risentimento - e carenze di maturità nelle persone come desideri e aspettative infantili, scoraggiamenti frequenti, individualismo narcisistico, rivendicazioni. Si tratta evidentemente di manifestazioni che, sebbene non siano esclusive in un rapporto di coppia, si aggravano proprio nel contesto coniugale.
Cosa può fare il confessore per aiutare la coppia? Padre Colombo ha distinto due ambiti: fuori e dentro il confessionale. Al di fuori della confessione il cammino da percorrere è quello della pastorale familiare. Nell'amministrare il sacramento della penitenza invece il confessore deve identificarsi con "Gesù medico delle anime", anzi deve "condurre il penitente all'incontro sanante con Gesù". Deve perciò "accogliere il penitente con l'atteggiamento misericordioso di Gesù", aiutarlo nel comprendere il senso della sua vita, quello della sua libertà e della sua responsabilità, da condividere, quest'ultima, con quella dell'altro coniuge. Si tratta sostanzialmente di aiutare le persone a rinnovare la propria vita alla luce della fede affinché possano "camminare verso la santità".
(©L'Osservatore Romano - 12 marzo 2010)