DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Fisichella: un grido di dolore che indurrà a voltare pagina. «Dopo questa Lettera apostolica non sarà possibile alcuna reticenza e scusante»

DA ROMA MIMMO MUOLO

Questa lettera è «un grido di dolore» che il Pa­pa esprime a nome di tutta la Chiesa. Ma an­che e soprattutto «un modo estremamente deciso di girare pagina». Nessuna resa davanti alle speculazioni. Ma soprattutto, «da ora in poi, nes­suna reticenza e nessuna scusante». Sia per i sacer­doti che si macchiassero di atti di pedofilia, sia per i loro superiori che non dovessero prendere adeguati provvedimenti. Così monsignor Rino Fisichella com­menta la Lettera di Benedetto XVI ai cattolici d’Irlan­da. Il rettore della Lateranense (l’Ateneo del Pontefi­ce, per definizione) è stato per anni docente di teo­logia all’Università Gregoriana. E dunque vanta una consolidata esperienza come educatore di semina­risti e di giovani sacerdoti.

Monsignor Fisichella, quali sentimenti ge­nera in lei quanto scritto dal Papa?

Innanzitutto una profonda vicinanza al Santo Padre perché ancora una volta ha do­vuto farsi carico di un peso che gli è estra­neo. Da una lettera come questa emergo­no la sua tristezza e il suo dolore, per cui tutti dobbiamo stringerci intorno a lui, per mostrargli solidarietà e affetto.

Si tratta comunque di una Lettera molto coraggiosa.

Concordo pienamente. A me sembra che il Papa ribadisca (come ha fatto in preceden­ti analoghe situazioni) con grande deter­minazione che bisogna fare luce su questi fatti di inaudita gravità. Egli del resto è sem­pre stato aperto nella denuncia, fermo e risoluto nel­l’esigere la verità nei confronti delle vittime, delle lo­ro famiglie, ma anche nei confronti dei colpevoli e dei loro superiori. Io dico che siamo di fronte a paro­le di grande coraggio che non trovano riscontro nel­la storia della Chiesa degli ultimi secoli. Così dinan­zi all’estrema gravità dei crimini commessi la voce del Papa diventa ancora più forte di quanti hanno in­vocato giustizia. E questa voce fa sentire il grido di do­lore di tutta la Chiesa, non solamente della Chiesa in Irlanda.

Si può dire che è una Lettera anche normativa per il futuro?

Con questa Lettera si volta decisamente pa­gina. Nessuna reticenza, nessuna scusan­te. Il Papa usa parole durissime nei con­fronti di quanti hanno tradito la loro voca­zione e parole altrettanto dure verso colo­ro che hanno mantenuto il silenzio e na­scosto i crimini. Quindi si tratta di un testo che che se da una parte è estremamente lu­cida e chiara nell’analisi dei fatti e nell’as­sunzione delle responsabilità, dall’altra par­te è estremamente lungimirante nell’espri­mere il grande rinnovamento che tocca alla Chiesa in­tera.

Che tipo di rinnovamento?

In primo luogo nel discernimento vocazionale. Il sa­cerdozio non è un diritto di nessuno, ma una voca­zione, che come tale deve essere sottoposta al di­scernimento per verificare in profondità le reali in­tenzioni del candidato. Nemmeno la mancanza del­le vocazioni può essere una scusante per accogliere chiunque bussi alla porta del seminario. In secondo luogo il rinnovamento deve riguardare la formazio­ne. Una formazione di profondo carattere umano, spirituale e culturale. I giovani chiamati al sacerdo­zio debbono crescere ed essere formati ad un profon­do equilibrio umano. Quell’equilibrio che consente loro di essere pienamente uomini senza alcuna for­ma di repressione, ma esclusivamente votati a una scelta di libertà. Infine dalla lettera emerge certa- mente anche l’aspetto dell’applicazione delle norme giuridiche, specie considerando che quello del sa­cerdote e dei religiosi è un agire di tipo pubblico. Le norme canoniche sono estremamente chiare e per­mettono di valutare la gravità del crimine che viene compiuto.

Da oggi, dunque, non è più valida la 'politica' del troncare e sopire.

Anzi, diventa ancora più evidente la 'politica' del Pa­pa e della Santa Sede dinanzi alla gravità dei fatti del­la pedofilia. Ripeto: non può esserci nessun elemen­to né di scusante, né di reticenza. La Chiesa intera e le migliaia di sacerdoti che ogni giorno compiono con entusiasmo e con fedeltà il loro dovere si sentono profondamente traditi da pochissime persone che hanno compiuto atti così gravi mettendo a repenta­glio la credibilità di tutta la Chiesa. E tutti ci sentiamo ancora più vicini alle vitti­me e alle loro famiglie. Il Papa ha detto delle parole molto belle a tal proposito, ricordando che come nel passato, così anche in futuro egli è disposto ad acco­gliere queste persone e ad ascoltarle. E così devono fare tutti i vescovi e i superiori religiosi.

A fronte delle speculazioni mediatiche c’è chi ha ri­cordato nei giorni scorsi che la Chiesa non è «una multinazionale della pedofilia».

La storia della Chiesa non è ovviamente fatta di que­ste poche pagine di cronaca, ma di tanti capitoli che non si dovrebbe neanche tentare di passare sotto si­lenzio e che, comunque, non possono essere sover­chiati dai misfatti compiuti da alcuni sacerdoti. Quel­la della Chiesa è una storia bimillenaria di credibilità, è una storia fatta di attenzione e di amore verso tut­ti, soprattutto verso i più deboli, gli emarginati, i ma­lati i sofferenti. Questa è la nostra storia. E non può essere oscurata.

© Copyright Avvenire, 21 marzo 2010