DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

IL PONTEFICE UMILE CHE NON SI NASCONDE. ANDREA TORNIELLI


Come sempre accade di fronte ad ogni discorso o intervento papale, c’è chi ritiene che Benedetto XVI con la sua lettera ai cattolici irlandesi, non abbia detto abbastanza.
C’è chi ha notato come non vi sia in alcun passaggio un’esplicita richiesta di perdono, né un’assunzione diretta di responsabilità da parte della Santa Sede per come gli abusi del clero sui minori sono stati gestiti.
Eppure, se si legge con serenità e attenzione il documento papale, non si può fare a meno di notare come sia imbevuto di umiltà dalla prima all’ultima riga. Ratzinger non si è difeso trincerandosi dietro le statistiche, non ha minimizzato con sottili distinzioni in base all’età della vittime, non ha fatto neanche minimamente balenare l’idea di una Chiesa sotto assedio a causa di complotti.
Non ha rilanciato responsabilità verso altre istituzioni o confessioni religiose, limitandosi soltando a consentire con quanti osservano che «il problema dell’abuso dei minori non è specifico né dell’Irlanda né della Chiesa».
Umiltà, vergogna, dolore per il tradimento. Tutto il contesto della lettera trasuda contrizione. Benedetto XVI mostra di compredere e di abbracciare la sofferenza delle vittime, arrivando a descrivere l’orrore per la sensazione di chi è stato abusato nei collegi e non poteva fuggire, con parole che paiono quasi evocare certe atmosfere del film «Magdalene», dedicato proprio a questo tema.
A far notizia saranno le parole mai così dure usate per i preti pedofili, come pure quelle gravi rivolte ai vescovi incapaci di governare e di affrontare a dovere i casi di abuso.
Eppure la vera notizia della lettera sta in quello sguardo profondamente evangelico del vescovo di Roma. Quello sguardo così assente nelle polemiche di questi giorni, talvolta anche nelle parole degli uomini di Chiesa.
Joseph Ratzinger, fin da quando era cardinale Prefetto dell’ex Sant’Uffizio, ha sempre perseguito con molta severità i colpevoli di abusi e la durezza di certi giudizi contenuti nella lettera lo attesta nuovamente. Ma la chiave di volta del documento sta nell’umiltà del Papa che parla di una Chiesa non autosufficiente, che non potrà mai bastare a se stessa. Una Chiesa bisognosa di purificazione, di misericordia, che proprio per questo sa, a sua volta, donare perdono e misericordia anche ai peccatori che si sono macchiati delle colpe più gravi. Non è un caso che le direttive concrete indicate da Benedetto nella lettera non siano leggi speciali o nuovi artifizi canonistici, ma preghiera, confessione sacramentale, adorazione eucaristica: i tradizionali strumenti attraverso cui è assicurata l’azione della grazia divina.
Con realismo, Ratzinger ha scritto che gli abusi sui minori e l’incapacità a contrastarli «hanno avuto conseguenze tanto tragiche per le vite delle vittime e delle loro famiglie e hanno oscurato la luce del Vangelo a un punto tale cui non erano giunti neppure secoli di persecuzione». E ha concluso pregando che «la nostra tristezza e le nostre lacrime, il nostro sforzo sincero di raddrizzare gli errori del passato, e il nostro fermo proposito di correzione» possa portare frutto.

© Copyright Il Giornale, 21 marzo 2010