DA R OMA A NGELO P ICARIELLO
I casi sono due: o Mercedes Bresso sceglierà di litigare con sé stessa e con il suo passato, oppure rischia di farlo presto con gli alleati dell’Udc. Fra le scelte di campo effettuate dal partito di Pier Ferdinando Casini, la più difficile da spiegare al proprio elettorato è proprio quella in Piemonte per la Bresso. L’ex capolista dei Radicali (anni ’70), che da governatrice ha ha avviato la sperimentazione della pillola abortiva. E che, sul caso Eluana, dopo aver dato la sua disponibilità ad ospitarla, ha parlato di «Repubblica degli Ayatollah» replicando al cardinale Poletto che rivendicava semplicemente il diritto all’obiezione di coscienza.
Il partito di Casini ha già pagato dazio, perdendo per strada molti consiglieri comunali e anche un consigliere regionale, Deodato Scanderebech, messosi in proprio con una sua lista centrista alleata di Roberto Cota. E ci prova anche il ministro Gianfranco Rotondi, con una lista personale, a intercettare lo sconcerto dell’elettorato postdemocristiano.
Ma anche fra chi resta nell’Udc le per- plessità non mancano. A volte espresse col silenzio. Come quello del deputato Luca Volonté, che si avvale della facoltà di non rispondere, limitandosi a ricordare la fiera battaglia sulla sperimentazione della Ru486 in Piemonte ingaggiata nell’estate 2006 a suon di interrogazioni al ministro Livia Turco. Della stessa scelta si avvale Carlo Casini, da capodelegazione dell’Udc al Parlamento Europeo, ma da presidente del Movimento per la Vita ci dà una notizia che parla da sola. La richiesta inviata a tutti i candidati presidenti di impegnarsi ad inserire nello statuto la tutela della vita fin dal concepimento ha prodotto questo risultato: Cota ha risposto sì, Bresso non pervenuta.
Nessuna meraviglia allora se sul documento inviato del Forum delle associazioni familiari del Piemonte si registra analoga differenziazione. Con il candidato del centrodestra che risponde secco con la sua firma in calce. Mentre la risposta affermativa della Bresso è arrivata, un po’ anomala, con una lettera. Per assicurare che «il programma elettorale risponde pienamente alle richieste formulate dal Forum». Impegni importanti, certo: dai sostegni alla natalità ai Centri di aiuto alle famiglie; dall’aiuto alle gestanti in difficoltà alle politiche fiscali, fino all’impegno per il quoziente familiare. Ma, a ben vedere, nella lettera della Bresso viene totalmente ignorato, di nuovo, l’aspetto bioetico, e in particolare la difesa della vita umana sin dal concepimento.
La Bresso d’altronde non fa mistero di mantenere le sue convinzioni. Come sulla «provocazione» del sindaco Sergio Chiamparino officiante per finta di un matrimonio gay. «Sono assolutamente d’accordo e se mi avessero invitato avrei partecipato per richiamare il giusto diritto delle coppie di fatto», ribadisce il concetto. Sulla pillola Ru486 «seguiremo le direttive», assicura invece la governatrice.
L’Udc, allora, ha piazzato un puntello forte chiedendo all’ex sottosegretario Teresio Delfino, buttiglioniano di Cuneo, di presidiare in giunta le ragioni dei centristi. Il patto è stato sancito da un impegno in cinque punti, fra cui figurano anche la tutela della vita e le politiche familiari. Ma ciò non ha impedito a molte sigle dell’associazionismo cattolico di manifestare il proprio dissenso. Con Cota, ad esempio, si schiera il Movimento Cristiano Lavoratori e i Centri di aiuto alla Vita. Altri invece, pur non nascondendo dubbi e perplessità, continuano a scommettere sul ruolo di Delfino. Il quale difende la sua scelta anti-Lega ricordando che anche l’accoglienza è un valore portante della dottrina sociale. Sintetizza allora Paola Binetti: «Per noi una personalità come Delfino è una garanzia sul mantenimento degli impegni. Poi, certo, che la Bresso possa accettare con convinzione quello che oggi accetta solo per convenzione è una scommessa tutta da verificare».
Le contraddizioni della governatrice su bioetica e famiglia spiazzano l’elettorato dei centristi alleati del Pd in Piemonte
© Copyright Avvenire 25 marzo 2010