DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Il matrimonio gay non è uguaglianza. Difficilmente la Corte costituzionale oggi lo equiparerà alla famiglia

La Corte costituzionale è chiamata
a pronunciarsi oggi sulla legittimità
delle norme che prevedono che
il matrimonio, in Italia, possa riguardare
soltanto persone di sesso diverso.
Nei mesi passati, quattro differenti
magistrati hanno portato la questione
all’attenzione della Consulta, perché
ritengono che il matrimonio così
concepito sia in contrasto con gli articoli
2 e 3 della Costituzione. In realtà,
la Carta fondamentale (all’articolo 29)
proclama il riconoscimento dei “diritti
della famiglia come società naturale
fondata sul matrimonio”. Società
naturale significa, fino a prova contraria,
un uomo, una donna, i loro figli.
Far ricadere nella categoria l’unione
di due persone dello stesso sesso è
contrario alla logica, prima ancora
che al diritto, e comunque la lettera
dell’articolo della Costituzione che si
occupa di matrimonio non è manipolabile
a piacimento.
Molto poco plausibile, per non dire
risibile, è il richiamo a una presunta
lesione del principio di uguaglianza.
Bisogna ricordare che quel principio
risulta violato non solo quando si trattano
in modo diverso situazioni uguali,
ma anche quando si impone la stessa
disciplina a situazioni diseguali. E’
quindi proprio il principio di uguaglianza
a esigere che il matrimonio,
dunque la famiglia costituzionalmente
tutelata (fondata sull’unione di due
persone di sesso diverso) e le unioni
omosessuali siano trattate diversamente.
C’è di più. La Corte costituzionale,
anche con recenti pronunciamenti,
ha sempre evidenziato come la
famiglia sia diversa da tutte le altre
forme di convivenza. In una ordinanza
del 2007, per esempio, la Corte ha
ribadito, per l’ennesima volta, la
“profonda diversità che caratterizza
la convivenza more uxorio rispetto al
rapporto coniugale, tale da impedire
l’automatica parificazione delle due
situazioni, ai fini di una identità di
trattamento fra i rispettivi regimi”. Se
le parole hanno un senso, è difficile
che sia la Consulta ad avallare la via
giudiziaria al matrimonio gay in Italia.

© Copyright Il Foglio 23 marzo 2010