DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Küng? Modesto esercizio antipapista. E una lettera di Amicone al Foglio

Gian Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano, sostiene che il teologo
antiratzingeriano “cade sempre nelle stesse banalità”, e che su celibato
e pedofilia fa “errori madornali”. Il Papa sa degli attacchi e se ne dispiace


Paolo Rodari

Città del Vaticano. “Ratzinger reciti il
mea culpa sulla pedofilia” scriveva ieri su
Repubblica il “teologo ribelle” Hans Küng,
perché da arcivescovo di Monaco prima,
da prefetto della Congregazione per la dottrina
della fede e da Pontefice poi, pur conoscendo
“i più gravi reati sessuali commessi
dal clero in tutto il mondo” non ha
fatto nulla per evitarli. Cosa avrebbe dovuto
fare? Denunziare per tempo i preti pedofili
e abolire il vincolo del celibato sacerdotale
il quale, dice Küng citando lo
psicoterapeuta americano Richard Sipe,
“può favorire tendenze pedofile”.
A queste parole è Gian Maria Vian, direttore
dell’Osservatore Romano e voce
autorevole dentro le mura leonine, che decide
di rispondere. Lo fa, Vian, chiarendo
subito un concetto: “L’articolo di Küng è
modesto e di pessimo gusto. Non meriterebbe
risposta ma siccome gli attacchi al
Pontefice sono diretti ed espliciti qualche
parola ritengo sia opportuno dirla”. Del
resto, non è la prima volta che Vian interviene
contro Küng. Lo fece
con un editoriale sul
giornale vaticano il 29 ottobre
scorso. Il teologo
svizzero criticò la decisione
del Papa di aprire le
porte agli anglicani, “il
Papa pesca nell’acqua di
destra” scrisse Küng. E
Vian rispose per le rime:
“Le critiche di Küng sono
lontanissime dalla
realtà”. Parole che Vian userebbe anche
oggi? “Sostanzialmente sì”, dice. “Dispiace
che uno come Küng, antico collega di
Ratzinger e amico, cada sempre nelle stesse
banalità. E lo faccia contro il Papa il
quale, ricordiamolo, nel 2005, solo cinque
mesi dopo la sua elezione, lo invitò a Castelgandolfo,
in amicizia, per discutere
delle comuni basi etiche delle religioni e
del rapporto tra ragione e fede”.
Küng chiede l’abolizione del celibato
sacerdotale e insieme accusa Ratzinger di
aver coperto gli abusi su minori commessi
da preti. In particolare parla di quando
l’attuale Papa era arcivescovo di Monaco:
“Lasciamo stare Monaco. I fatti non sono
andati come Küng e certa stampa li ha raccontati.
Ratzinger, quando era arcivescovo
di Monaco, accolse nella propria diocesi
un prete accusato di pedofilia. Venne
mandato a Monaco per curarsi. Ratzinger
chiese che non venisse impiegato pastoralmente
ma qualcuno disobbedì. Al di là
delle vicende di Monaco, sono principalmente
gli attacchi personali di Küng al Papa
e anche al presidente dei vescovi tedeschi
Robert Zollitsch che stupiscono perché
sembrano fatti più a beneficio del
grande pubblico che per altro”. Cioè?
“Küng offre articoli preconfezionati (quello
di ieri è stato pubblicato in eguale copia
dalla Suddeutsche Zeitung), pezzi scritti
più per andare dietro a degli stereotipi
che per entrare nel fondo delle questioni”.
Quanto dice sul celibato è sbagliato? “Direi
di sì. Küng parla della norma ecclesiastica
del celibato introdotta soltanto nell’XI
secolo. Lo scrive per dire che il celibato
prima non esisteva. Ma a parte il fatto
che la riforma gregoriana, la grande riforma
dell’XI secolo, venne messa in campo
proprio con un forte richiamo al valore del
celibato così come la traduzione della
chiesa l’aveva tramandato, c’è da dire anche
un’altra cosa: il celibato ha evidentemente
fondamenti neo testamentari. Basta
ricordare Matteo (19,11): ‘Vi sono infatti eunuchi
che sono nati così dal ventre della
madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi
eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che
si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli.
Chi può capire, capisca’. Oppure la prima
ai Corinzi (7,1): ‘E’ cosa buona per l’uomo
non toccare donna’. Siamo ai primordi del
cristianesimo. Sono parole chiare. Parole
poi riprese nella storia della chiesa. Una
storia dove la sessualità è altamente valorizzata.
Fino ai giorni nostri. Ci stiamo dimenticando
dell’importante testo firmato
da Margherita Pelaja e Lucetta Scaraffia
intitolato ‘Due in una carne. Chiesa e sessualità
nella storia’?”. E ancora: “Come si
fa a ignorare che la scelta del celibato ha
permesso a tante donne di emanciparsi?”
Emanciparsi? “Sì. La scelta della vita religiosa
è una grande forma di emancipazione
femminile. E’ un segno grande che richiama
a Dio. Un segno che tanti Pontefici
hanno valorizzato. Non dimentichiamoci
di Pio XI con la sua ‘Casti connubii’, di
Paolo VI con la ‘Sacerdotalis caelibatus’ e
la ‘Humanae vitae’, encicliche tanto contestate
quanto importanti, di Giovanni Paolo
II con tutta la sua teologia del corpo. Fino
a Benedetto XVI, un Papa che ha parlato
più volte del celibato e ha messo in
campo una grande operazione di trasparenza
per quanto riguarda gli abusi su minori
commessi da preti. Ha parlato della
sporcizia della chiesa nella via crucis del
Colosseo pochi giorni prima che Wojtyla
morisse. Ha parlato degli abusi dei preti
durante il viaggio negli Stati Uniti. In Australia
ha addirittura incontrato l’associazione
delle vittime di pedofilia”.
Gli attacchi di Küng senz’altro non fanno
piacere al Papa. “Assolutamente no”
dice Vian. Ma il Papa ne è informato? “Il
Papa legge i giornali, è sempre informato
e quanto scrivono i giornali è a sua conoscenza”.
Gli arriva tutto? “Assolutamente
sì. E si dispiace quando i giornali stravolgono
la realtà. Ne ho parlato anche recentemente
sul Corriere della Sera quando
ho detto che il tentativo che certa stampa
sta mettendo in atto è proprio quello di alterare
la realtà presentando la chiesa come
un ‘club di pedofili’. Una cosa falsa e
disgustosa. Per fortuna c’è chi non fa questo
tipo di operazioni. Vorrei in questo
senso elogiare Angela Merkel che in un discorso
al Bundestag ha detto che il problema
della pedofilia è di tutta la società”.
Gian Maria Vian non ha complessi nell’attaccare
la cattiva stampa e nell’elogiare
la buona. L’ha fatto proprio con Repubblica,
recentemente. Dopo gli attacchi a
Küng nello scorso ottobre ha elogiato il
quotidiano di Ezio Mauro: “L’ho fatto perché
era giusto farlo. Marco Ansaldo sta lavorando
molto bene nella ricostruzione
delle vicende storiche legate alla figura di
Pio XII. E per questo motivo va lodato. Del
resto ora sono qui a parlare con il Foglio.
Non diceva Maritain che bisogna distinguere
per unire?”.



Lettera di Amicone al Foglio

Al direttore - Jeremy Rifkin è a Roma per
spiegarci la civiltà dell’empatia, titolo del suo
ultimo libro. Se ho ben compreso, per lui l’empatia
è la naturale predisposizione di ognuno
di noi a conoscere e condividere i problemi di
chi ci sta vicino, dai parenti all’inquilino della
porta accanto. Essa oggi è planetaria, grazie
a Internet e ai social network. Per fortuna,
perché senza empatia – egli dice – il capitalismo
non ha scampo. Anzi, perfino la razza
umana è a rischio di estinzione.
Mi chiedo fino a quando dovremo sopportare
le profetiche amenità dell’economista
americano. All’inizio del secolo aveva pronosticato
il crollo dell’occidente senza un regime
energetico fondato sull’idrogeno. Cinque
anni prima aveva predetto la fine del lavoro
salariato, scoprendo il cattivo nelle tecnologie
mangiaposti e additando la terra promessa
delle attività gratificanti. Ma la cosa
più stupefacente è che adesso se la prende
con i governanti mondiali per non aver previsto
il tracollo finanziario. Giulio Tremonti
una volta ha invitato gli economisti a stare
zitti. Forse è esagerato. Basterebbe solo pretendere,
da qualcuno di loro, un pizzico di
pudore in più.
Michele Magno
Al direttore - Io non so perché il povero
Küng, teologo sostenitore di tutte le cause secolari,
sia così inferocito da addebitare al suo
ex amico Ratzinger tutti i peccati di santa
madre chiesa. Però mi sembra che così come
lo pone lui, il problema del celibato lo ha già
risolto anche l’ultimo dei missionari di santa
madre chiesa. Per esempio, proprio ieri, mentre
Küng troneggiava sulla prima pagina della
Repubblica, ho sentito don Aldo Trento,
missionario tra morenti, malati di aids, bambini
stuprati (il 99 per cento dei casi mondiali
di pedofilìa riferisce in effetti di casi extra ecclesiam),
sbottare davanti a una scolaresca:
“Ma se un prete non ha a cuore Cristo, che
problema c’è? Butti via la veste e si sposi, auguri
e figli maschi”. Insomma, visto che la prima
papessa dei protestanti tedeschi si è dimessa
solo perché prima è passata col rosso,
invece di continuare a molestare il suo vecchio
amico Papa, cosa aspetta Hans Küng a
esibire la sua specchiata patente di illibato
automobilista e a ufficializzare la sua candidatura
a leader delle chiese non celibatarie?

Luigi Amicone

Sublime, caro Amicone. Küng mi sta antipatico,
lo ebbi ospite in tv e mi parve animoso
e vanitoso come i suoi pezzi.


© Copyright Il Foglio 19 marzo 2010