DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

La bestemmia della scemenza. I calciatori chiedono “libertà d’espressione”. Ridicolo, a prescindere da Dio. Di Giuliano Ferrara

Se in nome della libertà si commettono
(pure) crimini, in nome della
libertà di espressione si dicono (spesso)
scemenze. L’ultima – ma qualitativamente
tra le prime – è toccata al sindacato
FifPro, che a livello internazionale
rappresenta i calciatori professionisti.
E di cosa si lagna, tanta
spettabile internazionale? Del fatto
che la Federazione italiana abbia deciso
di sanzionare i giocatori che bestemmiano
in campo. Ora, quello che
alla fine hanno capito persino i concorrenti
del Grande Fratello (tu bestemmi?
tu fuori!), per dire di quanto
possa risultare facile e ovvia la norma,
appare difficilmente comprensibile
alla FifPro, che nientemeno, vantando
un avvocato a nome Wil van Megen
(pare preso da un giallo esotico degli
anni Trenta), tira di mezzo “una violazione
dei diritti fondamentali per la libertà
di espressione”. Dovrebbero, oltre
che sanzionare la bestemmia, liberalizzare
la pernacchia, così da poterne
indirizzare una sonora, da udirsi
internazionalmente, al sindacato dei
calciatori professionisti tutti. Che la
bestemmia possa rientrare tra i “diritti
fondamentali della libertà di
espressione”, ecco, questa è una cazzata
(quello che fa schifo è la bestemmia,
per le parolacce si può essere di
manica larga, oltre che di blanda deprecazione)
che rischia di rendere ridicolo
ogni serio discorso intorno al
diritto alla libertà d’espressione.
A parte la saggezza di Trapattoni (a
volte si scova il meglio nell’inaspettato),
che nota: “Se sei un somaro e sbagli,
cosa c’entra Dio?”, bestemmiare è
soprattutto offensivo non tanto verso il
Padreterno – che certe cose se le sa
sbrigare da solo – ma anche verso chi
crede. Se bestemmi non credi; se non
credi chi cavolo bestemmi? Ancora
più irritante il fatto che a rivendicare
l’umiliante diritto sia il sindacato di
parecchi bamboccioni miliardari – cui
troppi soldi hanno definitivamente
tolto ogni remora di buon gusto e ogni
obbligo al rispetto altrui. Ci può stare
persino la bestemmia di un muratore
che si dà una martellata sulle dita, ma
se il problema è la palla che non va
dove tu vorresti che andasse, qualche
corso di autodisciplina in più e qualche
Ferrari in meno potrebbero aiutare
a guarire dal problema. Il bestemmiatore
è, al fondo, un poveretto.
Ma siccome nel caso specifico è poveretto
nell’anima e non nel conto in
banca, si accontenti della Costa Smeralda
e quando serve stia zitto.

© Copyright Il Foglio 25 marzo 2010