Ma, insomma, chi ha cominciato la guerra contro la pedofilia nella Chiesa? E chi ha stigmatizzato duramente e con toni e parole irrituali la violenza sessuale nei confronti dei più deboli e fragili, dei piccoli? Un uomo soltanto: Joseph Ratzinger, prima nei panni di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e infine come Pontefice. Fatti, non chiacchiere da bar o accuse da salotti laicisti organizzati. Pierluigi Battista ha scritto sul Corriere della Sera che la Chiesa non debba "gridare al complotto della "lobby laicista internazionale"; conviene alla Santa Sede proseguire "sulla stessa linea indicata da Ratzinger nella sua lettera all’Irlanda cattolica". Appunto. Ma lo sa Battista che il mondo laicista odia la Chiesa e che la subcultura laicista è diventata altro dalla sana cultura laica, anti-ideologica e realista? Questo è il primo punto: il mondo è cambiato e non in meglio, cosa che può capitare, nella storia.
Detto questo, seguire la linea Ratzinger significa proprio assumere il criterio della verità come pietra angolare dell’intelligenza e della storia. Chi attacca volendo far male all’avversario - o al Nemico -, senza tener conto dei fatti, compie un’altra operazione. Si chiama mistificazione e di solito non fa bene alla civiltà. Non basta. La laicità avrebbe oggi tutto da imparare da un Papa come Ratzinger. Perché la strada che egli indica apre all’uso della ragione e al metodo dell’equilibrio nella valutazione storica e ciò favorisce il rapporto tra mondo agnostico e cristianità. Aprire un fronte di attacco come questo indebolisce la laicità e innalza il valore oggettivo della cristianità che, purtroppo, si trova priva di un credibile interlocutore. A chi giova tutto ciò? Non al mondo laico, perché non è innocente, come molti agnostici intelligenti dicono da decenni - da Glucksmann a Finkielkraut, per fare qualche nome noto -; non al mondo politico perché senza la Chiesa non esiste bene comune e concezione del bene comune.
Questo violento spostamento del baricentro dell’attacco, con questi toni beceri e indecenti, disgrega e rafforza la desocializzazione. Stando così le cose, domandiamoci: come viene usata la libertà di informazione? Per quali finalità dobbiamo fare informazione? Va tutto bene al di là delle finalità specifiche oppure si deve ragionare intorno a queste ultime?
Raffaele Jannuzzi
27/03/2010
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