DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

RAGAZZI DI CHIESA. Cosa si intende ed equivoca su pedofilia cattolica? Tutto quello che avete sempre voluto sapere sull’amore dei preti per i bimbi

di Umberto Silva

Innanzitutto chiamiamo le cose con
il loro nome, se non vogliamo appiattirci
su un grottesco negazionismo
che contrabbanda l’odio per
amore, in omaggio a questa nostra
società dello spaccio che non risparmia
nemmeno il linguaggio. Quindi
basta chiamare “pedofili” coloro che
molestano e stuprano i bambini e le
bambine. Abusare sconciamente del
termine “filia” – se gli antichi greci
lo fecero peggio per loro – è mettersi
in qualche modo, in un modo oscuro
e viscido, dalla parte dei criminali.
Coloro che amano il cinema, il vero
grande cinema, si chiamano cinefili
e certo non distruggono le pizze dei
film; né mi risulta che i cinofili torturino
i cani e così via. Se insistiamo
con il greco, chiamiamoli misopedi
gli orchi; se suona male c’è sempre
un’ampia scelta: assassini, perversi,
maledetti e giù di lì. Aboliamo il
tabù che non permette di chiamare il
più nefando dei crimini con il suo vero
nome. E’ possibile nominare l’odio
per le donne e correttamente
chiamarlo misoginia, ma l’odio per il
bambino risulta innominabile. Eppure
tutta l’antichità odiava i bambini
al punto tale che Dio dovette incarnarsi
in uno di loro per porre un freno.
E le chiese si riempirono di mamme
col bambino e si benedisse la sua
testolina, che fin dall’alba della vita
il piccino sentisse d’essere ben accetto
su questa terra. Mi rifiuto di
parlare di pedofilia se non per indicare
qualcosa che concerne l’amore
– ghirlanda di intelligenza, generosità
e quel certo nonsoché. Per questo
oso parlare di pedofilia cattolica.
Immergiamoci nelle acque misteriose
del ricordo. I preti possono essere
l’oscuro oggetto di lampanti desideri
o, circostanza ben più sciagurata,
farsi essi stessi protagonisti di
losche voglie; cominciamo con il primo
caso, assai più confortante. Penso
ai Padri spirituali che ho conosciuto
e amato negli anni Cinquanta,
quando studiavo in un collegio di gesuiti.
Allora il prete di charme era
una preda ambita, forse la più ambita:
ricordo l’affascinante moglie di
un miliardario che di botto lo abbandonò
per seguire in convento un vecchio
predicatore prossimo alla morte.
Erano uomini che sapevano ascoltare
con fermezza le ansie delle anime
più inquiete ed esigenti, parlare
con loro e innamorarsene era tutt’uno.
I ragazzi, soprattutto quelli che
sarebbero diventati i più ribelli,
quelli che avrebbero fatto dell’anticlericalismo
una bandiera, amavano
i preti proprio perché in fondo al
cuore sentivano che un giorno li
avrebbero traditi. In collegio studiavo
Sofocle e le peripezie di Edipo,
ma ero attento a quel che mi accadeva
attorno. Mi sembrava di stare in
un luogo misterioso e cifrato, niente
a che vedere con i college inglesi dove
i ragazzi si ubriacavano da mane
a sera, e a furia d’incularsi diventavano
comunisti, arcicontenti di passare
ai soviet i segreti della regina.
Dalle mie parti era tutto soavemente
enigmatico e ogni colpo di racchetta
s’incideva per sempre nella memoria
poiché toccava finire alla svelta la
partita per correre… all’Angelus. Il
mondo era maiuscolo e latino, tanto
più sacro quanto più profanabile,
perché l’Angelus lo celebrava lui, il
Padre spirituale che forse, con quelle
stesse mani benedette, pochi minuti
prima…
Dieci anni passai con i gesuiti ed
ebbi sentore d’un solo caso sospetto
di abuso. In spiaggia il figlio quindicenne
di un famoso imprenditore si
apriva e si chiudeva l’accappatoio
mostrando il corpo nudo e vantandosi
d’avere sedotto un certo prete, il
più inquietante in verità. L’ammirazione
di tutti lambiva la carne appena
rosata del piccolo dongiovanni, io
ero viola per l’invidia ma un dubbio
mi consolava: una settimana prima
mi ero stirato una coscia giocando a
calcio e mi ero fatto massaggiare proprio
da quel prete, che eseguì l’operazione
con il massimo scrupolo professionale,
senza mai deviare verso il
proibito. E dire che non avevo potuto
trattenere una certa eccitazione.
Inoltre, a ulteriore riprova della castità
del gesuita, a quell’epoca ero un
ragazzo piuttosto carino mentre
quell’altro, che si vantava d’averlo
conquistato, era un mostriciattolo
che pochi anni dopo sarebbe diventato
completamente calvo. A ping
pong lo battei ventuno a sette.
Insomma, accerchiati da ogni parte,
i preti belli mostravano un grande
eroismo. Mi sono sempre chiesto come
facessero, considerando che personalmente
ho ceduto a donne che,
per dirla con Swann, nemmeno erano
il mio tipo. Per conto mio sarò
sempre riconoscente ai padri gesuiti
perché davvero mi furono Padri in
un’adolescenza disperata. Da loro
capii che noi ragazzi, per quanto nevrotici
e rachitici, eravamo esseri degni
d’amore, quello vero, che arricchisce
e fa crescere. Uno di quei Padri,
quello che più amavo e che mi
aveva insegnato tutto ciò che sapevo,
durante la gita scolastica a Parigi
sbuffando disse al suo devoto quindicenne
di non stargli attaccato alla
sottana, e mi spinse a fare amicizia
con un gruppo di graziose inglesine
con il nastro blu sul berretto. Anni
dopo, a un raduno di ex alunni, per
farmi bello lo avrei pubblicamente
deriso, strappandogli un sorriso che
diceva quanto fosse fiero di me!
Fin qui la giovinezza, l’amore, la
fortuna. Ora entra in ballo la perversione,
quella vera, e le cose si fanno
dure e tristi. Procediamo con il Vangelo
sottobraccio. Rompendo la consuetudine
di complicità propria dei
pagani – che magari qualche leggina
la facevano ma poi se ne fregavano –
con voce per una volta tanto fremente
d’ira Cristo disse che coloro che
stupravano i bambini andavano puniti,
anzi, facessero il favore di togliersi
di torno annegandosi da qualche
parte. L’invito e l’esempio di Gesù
a una paternità degna e operosa
vale innanzitutto per i preti, e che
Benedetto XVI li sproni è più che
sensato. Che i giornalisti sollecitino
il Papa va anche bene, basta che non
facciano i perversi, pretendendo una
chiesa pura come un bambino solo
per insozzarla. L’idea di purezza è
torbidamente allucinatoria, per fare
le opere che ha fatto la chiesa si è
sempre sporcata le mani, come fanno
i bambini del resto. C’è il dogma
ma anche il magma e soprattutto il
pragma, non facciamo gli ingenui,
che tra i puristi sono i più schifosi.
Sminuire la grandezza della chiesa
per la sua intraprendenza è negazionismo
efferato; nelle epoche in cui
gli uomini si dedicavano quasi esclusivamente
alle guerre e agli stupri di
massa, la chiesa si dedicava alla carità
e alla conoscenza, e così oggi in
tante parti del mondo. Impegnarsi in
un’immensa e complessa impresa
non è esente da rischi, anzi è un rischio
assoluto: come controllare tutti
coloro che vi partecipano? Come
accorgersi in tempo se uno di essi sta
per venire travolto da un blasfemo
delirio di onnipotenza, o un’altro
dalla voglia di degradarsi degradando
quel che sta facendo? Si possono
commettere tanti errori, ma rinunciare
all’impresa è il peccato davvero
imperdonabile. C’è chi ci prova: il
capo dei cattolici tedeschi progressisti
ha appena sollecitato le dimissioni
del Papa invitandolo a dichiarare
pubblicamente “d’essere d’ostacolo
alla purificazione della chiesa”. Meno
male che ancora ce n’è uno, di
ostacolo, sennò dovremmo passare il
tempo in arcaici catariclisteri e in
modernissimi anorexic vomiting. Caduto
il Papa diventeremo tutti puri
purissimi, per la gioia di guardoni
senza sguardo.
Tante le accuse, le damnationes.
La chiesa è tutta da gettare, sostengono
i saccenti, toglie la libertà agli
umani, infantilizzandoli e asservendoli
al suo volere. Ma se fu lei a inventare
il libero arbitrio togliendo
agli umani le catene del fato! Perverso
è piuttosto chi pensa che davvero
qualcuno possa levare il senno a
qualcun altro, chi pensa che siamo
tutti bambini idioti pronti a farci asinelli
e burattini. Altri picchiano sulla
verginità: conta quella psichica
non la ginecologica, e l’insistenza
della chiesa per il celibato è una fisima
che ne dimostra la grettezza. Verissimo,
rispondo, la verginità che fa
la differenza è sicuramente quella
psichica, ma se uno vuol fare un voto
di castità lo faccia pure, non saremo
noi a portarlo di forza al bordello, come
certi genitori – perversi essi sì –
che poi si stupiscono se il figlio si
vendica. Se uno non ha voglia di copulare
con una donna sono fatti suoi
e non per questo ne deriva che è misogino,
tanti misogini si accoppiano
con le donne solo per accopparle
giorno dopo giorno.
E voi care signore, se volete un
prete dovete conquistarvelo, e non è
facile perché il vostro rivale è Dio;
mettere il prete in quota azzurra è
patetico, anche perché a quel punto
non sapreste cosa farvene. Né è da
credere che l’astinente si getterà sui
ragazzini pur di sfogare da qualche
parte la sua libido, solo un perverso
può pensare e dire cose così grossolane.
Siate sicuri, signori perversi:
un uomo che parla con Dio, prete o
eretico che sia, troverà infiniti e più
interessanti modi per esprimere la
propria sessualità, per esempio scrivendo
“La salita del Monte Carmelo”.
Infine, che qualcuno rinunci a
qualcosa in questo mondo di avidi è
un esempio per tutti. Che monaci e
suore si rinchiudano nei conventi
per celebrare l’ora et labora, la sobrietà
e il silenzio, rinfresca l’alito
del pianeta più di mille protocolli di
Kyoto e Copenaghen.
E che dire di chi punta la sua trave
contro la chiesa ben sapendo che
il novantanove per cento degli stupri
avviene all’interno delle famiglie?
(Le aboliamo?). E’ un favore a Satana:
togliendo di mezzo preti e suore
si priva l’infanzia, specie quella dei
paesi ove più è esposta alla prostituzione
e alla tratta, del suo storico e
più efficace difensore. Da sempre infatti
il vero scandalo è un altro: lo
scandalo di uomini che invece di accarezzare
i bambini prima di mandarli
a morire in trincea, li proteggono
a costo della propria vita. Chi saranno
mai i preti per osare tanto?
Orchi travestiti da angeli custodi, naturalmente;
figurarsi se a un uomo
può fregargliene qualcosa di un ragazzino,
a meno che sia suo figlio ma
anche lì… A tantissimi l’amore risulta
inconcepibile.
La chiesa non può prendere sul
serio le accuse dei suoi nemici. Travolta
dal senso di colpa fa mea culpa
per gli altrui peccati; ma se stima i
preti a lei consustanziali, dovrebbe
risarcire anche i crimini di Totò Riina
poiché tutti noi fedeli siamo corpus
ecclesiae. Pas de zèle, meglio
una bella scomunica, non ai divorziati
ma ai giornalisti che sparano cattiverie.
Il cardinal Bertone sostiene
che i fedeli hanno fiducia nella chiesa,
ed è vero, ma solo se la chiesa ha
fiducia in se stessa, pronta a controbattere
con bella insolenza. Se il sole
e la luna cominciassero a dubitare
si spegnerebbero immediatamente,
diceva William Blake. Se poi la
chiesa decidesse di puntare ancora
più in alto, a un altro Rinascimento,
la formazione del seminarista è la
chiave di svolta. La colpa della chiesa
non è di avere scarsamente vigilato,
che sennò si torna ai preti che
passano per le camerate a vedere cosa
accade tra le lenzuola; la colpa è
di non avere adeguatamente promosso
la paternità. Quello della paternità
è un pensiero decisivo che partendo
dalla Bibbia arriva all’oggi e
già si affaccia sul domani. Attorno alla
paternità cose importanti si sono
dette e si dicono, in una ricerca costellata
di trovate che sgorgano dalla
penna di Dostoevskij e di tanti altri
grandi scrittori e artisti. E’ stato san
Freud a mostrare quel che a san
Tommaso d’Aquino non era riuscito,
le prove dell’esistenza di Dio, ad
esempio quel Suo farsi vivo in un lapsus;
ed è Nabokov ad avere scritto
“Lolita”, portentoso trattato sulla
perversione e la sua artistica redenzione
che tutti dovrebbero leggere, e
non solo le ragazze di Teheran. Come
incontrare Padre? Non è necessario,
cari anticlericali, aggredirlo e metterlo
a morte, si può incontrarlo
aprendo un bel libro o giocando a
ping pong con maestria. Incontrare
Padre immette nell’autorità, ritrovandosi
autori della propria vita e
così a propria volta punto d’identificazione
e d’incontro per tanti.
Ma questa storia che il fratello del
Papa lanciava le sedie per la stizza!
Strehler e Visconti parlavano sottovoce?
Mito gli uni, orco l’altro solo
perché prete? Caspita, che sopravvalutazione
sessuale, che sulfureo onore!
Va bene così: oportet ut scandala
eveniant anche quando non sono
scandali ma scandalismo a bon marché;
oportet cogliere sempre l’occasione
affinché il pensiero faccia un
balzo in avanti e irrompa ovunque. Il
pensiero è Dio, senza di Lui tutto diventa
perversione, incesto, sadismo.
Se apre al pensiero, se spalanca non
solo i suoi archivi ma il suo cuore e il
suo intelletto senza timore ch’esso
possa venire profanato dalla vita, la
chiesa ha l’occasione di mettersi alla
guida di un rinnovamento straordinario.
Viceversa le chiese chiuse, come
le famiglie chiuse e le persone
chiuse, nascondono l’incesto, sicché
il suo pestifero odore appesta la polis.
Non abbiate paura amati padri:
l’unica cosa di cui vergognarsi è di
accontentarsi della vergogna. Santo
cielo che meraviglia un prete che
torna a essere oggetto di desiderio e
non più di disprezzo, timore, sospetto,
orrore! Prete è bello!

© Copyright Il Foglio 19 marzo 2010