DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

RATZINGER E SEN MAESTRI DI WELFARE.

MARCO RONCALLI
L
e radici della crisi attuale?
Finanziarie, congiunturali, dovute a squilibrati processi nell’accumulazione e nella distribuzione della ricchezza.
Ma anche legate ai profondi cambiamenti della condizione umana e dei rapporti sociali. E all’assolutizzazione della politica. Che fare allora in quello che dovrebbe essere il tempo della responsabilità e dell’investimento a lungo termine? Che fare quando gli stessi studi di settore invecchiano in fretta? Secondo l’epistemologo Mauro Ceruti e il giuslavorista Tiziano Treu – che firmano insieme il recente «Organizzare l’altruismo.
Globalizzazione e welfare» (Laterza) – occorre ricercare un nuovo paradigma «più rispondente all’esigenza di sviluppare capacità personali e benessere collettivo, di alimentare i valori della cooperazione e dell’altruismo anche nei rapporti economici«.
Così sostengono indicando tra le condizioni del percorso delineato «nuove responsabilità delle comunità e degli Stati nazionali, per un governo democratico della globalizzazione; una società aperta rivolta all’Europa e un nuovo ruolo dell’Europa stessa; nuovi rapporti fra Stato, mercato e società; nuovi orientamenti e nuove strutture del welfare». In una parola, prendendo atto della globalizzazione non ancora realizzata (quella «dal volto umano» o «senza esclusione» indicata dal cardinale Dionigi Tettamanzi), sono da ripensare poteri, confini, relazioni, compiti e ruoli fra pubblico e privato. E sono da ridefinire assetti anacronistici per superare le conseguenze della vigente separazione fra logiche di mercato e istanze di socialità.
Insomma le questioni trascurate dalla riflessione politica, e che invece – come non dimenticano i due autori – sono state svolte ampiamente dai teorici dello sviluppo umano come Amartya Sen o nella «Caritas in veritate» di Benedetto XVI. Davanti alle illusioni di chi attende una miracolistica ripresa e all’assenza di profonde discussioni su fenomeni come la denatalità, la longevità, l’immigrazione, o la scomparsa dei ceti medi (l’allarmante anomalia indicata da Paul Krugman), nell’insufficienza delle soluzioni affidate alle teorie economiche (specie nel delineare scenari futuri), ecco l’indicazione netta di un cambio di prospettiva (inderogabile e fondamentale). Somma al positivo («vinci tu e vinco io», cioè reciprocità dell’unicità), di tanti sguardi competenti: per migliorare i sistemi di welfare e far funzionare meglio il mercato. Come? Fra gli esempi proposti: l’allineamento alla media europea degli ammortizzatori sociali o la partecipazione dei lavoratori all’azionariato delle aziende. Ma in queste pagine si chiede anche di superare la contrapposizione fra gli investimenti e gli obiettivi a breve periodo e quelli a lungo periodo, generando invece una complementarità e un’ecologia dei tempi e dei progetti. E c’è spazio per ribadire il valore proscrittivo e non prescrittivo delle regole, per comparare soluzioni che passano per il pluralismo economico e le reti di imprese, l’innovazione tecnologica e la «green economy», per chiedere la più corretta applicazione del principio di sussidiarietà , nonché la rinuncia a forme di conflittualità per una convivenza responsabile dove i legami sociali siano più forti.
Insomma, i valori della solidarietà, della fiducia, persino dell’altruismo: liberati dall’alone moralistico che sin qui li ha circondati.


© Copyright Avvenire 17 marzo 2010