S e l’America non è un Paese per vecchi, l’Italia non è un Paese per figli. Andiamo verso il «suicidio demografico », tuona il Rapporto del Centro internazionale studi famiglia, presentato ieri a Milano. «Viviamo in un Paese dove non viene garantita la libertà di procreare quanti figli si desiderano», fa eco Francesco Belletti, che del Cisf è direttore. Se oggi in Italia ogni donna ha in media 1,71 figli, nella realtà ne desidererebbe 2,13. Perché quel mezzo figlio in più rimane nel libro dei desideri delle coppie? «Perché nel nostro Paese tutti si riempiono la bocca con la famiglia, tutti fanno promesse, ma poi nessuno fa nulla », provoca don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana, cui fa capo il Cisf.
Il Rapporto del Cisf 'Il costo dei figli. Quale welfare per le famiglie' (edito da FrancoAngeli), curato da un’équipe interdisciplinare di esperti coordinati dal sociologo Pierpaolo Donati, offre risposte articolate, partendo da una ricerca approfondita sulla realtà italiana. Ecco che si scopre che la responsabilità della procreazione oggi ricade appena su una famiglia su due, perché il 53,4 delle famiglie anagrafiche non ha figli: di quelle con figli, il 21,9 per cento ne ha uno solo, il 19,5 ne ha due e il 4,4 per cento di temerari si spinge fino a tre figli. Va oltre il terzo bambino appena lo 0,7 delle coppie. Se si chiede, come ha fatto il Cisf, perché si rinuncia al secondo o al terzo figlio, all’incirca una famiglia su 5 (il 19,5 per cento) risponde che non aveva abbastanza soldi, il 9 per cento che non riusciva a conciliare famiglia e lavoro e un altro 11,7 per cento che ci penserà più avanti, come se rimandare a un futuro indeterminato fosse una risposta adeguata al desiderio di paternità e maternità. Abbastanza sorprendentemente, l’assenza di servizi per l’infanzia, come gli asili, conta appena per lo 0,3 per cento nella scelta di rinunciare a un figlio. Altre «motivazioni personali» hanno inciso per il 57,8 per cento dei casi. «In sostanza – fa notare il team di ricercatori che ha condotto l’indagine – le cause che hanno ristretto la natalità sono per quasi il 58 per cento rappresentate da motivi soggettivi. Si tratta di motivi psicologici legati al senso di incertezza e al rischio sul futuro», oltre che a condizionamenti culturali legati alla difficoltà di impegnarsi nell’educazione dei figli.
Degne di qualche riflessione anche le rilevazioni sulle spese per i figli in base alle disponibilità economiche: le famiglie a più basso reddito spendono per ogni figlio (costo di accrescimento) 308 euro, quelle a più alto reddito addirittura 1.861 euro al mese, creando nei fatti una vera e propria diseguaglianza delle opportunità cui possono godere i figli. Nel rapporto si indicano tre tipologie familiari. Quelle definite 'marginali' che hanno in media 1,77 figli, vivono soprattutto al Sud, e riservano ai figli il 35,94 per cento della spesa totale, memtre per cibi e bevande la spesa si ferma a 546 euro. Ci sono poi le 'famiglie adattive' collocate nelle isole e al Centro, che in media spendono per i figli il 39,83% (565 per cibi e bevande). E infine i nuclei indicati come 'modernizzati' (Nordovest e Nordest) in cui il costo per i figli sul totale della spesa generale scende al 32,59% ma sale in media a 634 per rifornire il frigorifero.
La crisi economica pesa gravemente sulle famiglie con figli: secondo il Rapporto Cisf, il 16,4 per cento dei nuclei è considerata nell’area della povertà, il 18 per cento è a rischio di entrarci e un altro 37,2 per cento denuncia qualche difficoltà ad arrivare a fine mese. Solo il 22,4 per cento della famiglie dichiara di chiudere il bilancio con una certa facilità. Del resto, ha fatto notare l’economista Luigi Campiglio, l’Italia destina alla spesa sociale per le famiglie due punti percentuali di Pil in meno rispetto alla Germania (1,1 per cento nel 2005 rispetto al 3,2 della Germania e al 2,5 della Francia). «Che equivalgono a 30 miliardi di euro », ha puntualizzato il prorettore della Cattolica. «Pensate a cosa si potrebbe fare con quel denaro: ad esempio, una vera politica di accoglienza ai nuovi nati. E poi riportare la famiglia al centro dell’agenda politica». Di un «welfare delle opportunità» ha parlato il presidente della Camera Gianfranco Fini, intervenuto alla presentazione del Rapporto, pensando soprattutto ai giovani che «al di là delle facili polemiche sui bamboccioni », stanno diventando sempre più una «categoria strutturale debole nella società ».
«I soldi? Non c’entrano. A vincere è la paura»
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© Copyright Avvenire 24 marzo 2010