I media, nel mondo occidentale, stanno mettendo
sul banco degli imputati la chiesa e il suo
Pontefice, Benedetto XVI. Si ha l’impressione che
alcuni vogliano approfittare di scandali senz’altro
abominevoli che riguardano singole persone per
regolare i conti con la chiesa. Ma forse qualcuno
pensa che sia giunto anche il momento di
regolare i conti con lo stesso cristianesimo,
magari in nome di un individualismo che è niente
altro che la legittimazione ideologica
dell’egoismo. Lo ha capito molto bene
l’arcivescovo anglicano di Canterbury, che è sceso
in campo con forza a difesa di Benedetto XVI.
Ma cosa sarebbe il mondo moderno senza il
messaggio di Cristo? “Vi do un comandamento
nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho
amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da
questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se
avrete amore gli uni per gli altri”. Questo
insegnava Cristo, e fu un messaggio dirompente
che cambiò il corso della storia. L’idea di
filantropia non era estranea al mondo classico,
ma nel cristianesimo si aggancia a una verità
soprannaturale, e trasforma una idea generica di
amicizia e di buona predisposizione verso l’altro,
in amore operoso verso il prossimo destinato ad
alleviare la sofferenza umana, ovunque la
incontri.
Ed è proprio Cristo che in virtù di questo amore
pronuncia parole durissime contro chi
scandalizzi i più piccoli, i più indifesi: “Sarebbe
meglio per lui che gli fosse appesa al collo una
macina girata da un asino, e fosse gettato negli
abissi del mare”. Il cristianesimo ha dato agli
uomini, più di qualsiasi altra religione o filosofia,
una meta alta e nobile, un’alternativa al nostro
egoismo, ha additato un esempio, spesso difficile,
qualche volta, per molti, quasi impossibile, ma ha
contribuito a elevare la storia dell’umanità.
Il cristianesimo è stato usato e abusato, come
“instrumentum regni”, come occasione di
successo personale, come copertura per vizi
individuali, ma tutto ciò non ha scalfito in nulla la
portata del suo insegnamento perché quella
Parola appartiene per sempre alla storia
dell’umanità.
D’altro canto senza la fede in quell’ordine
naturale delle cose che discende dal Vangelo,
persino il giudizio su tutto ciò che di più
spaventoso è accaduto nel corso della storia,
sarebbe senz’altro relativo e affidato ai meri
equilibri di potere. Di fronte al messaggio
cristiano, mi comporto come quel legato che si
dice fosse stato inviato da Tiberio in Palestina per
assumere notizie su Cristo e i suoi discepoli. Di
ritorno, avrebbe detto: “Io non so se Cristo sia
effettivamente il figlio di Dio, ma ciò che lui dice
è buono e giusto e perciò io credo in Lui”. E
questo grande messaggio di amore che pretende
di fondarsi sulla verità, val la pena difendere, a
prescindere dagli errori che uomini
necessariamente imperfetti possano aver
compiuto, consapevoli che quelle ignominie sono
nient’altro che il frutto perverso di un egoismo
che ha rinnegato la parola di Cristo.
Giuseppe Valditara
© Copyright Il Foglio 31 marzo 2010