Kiran, prima di morire, è riuscita a raccontare agli inquirenti la sua vicenda e a portare all’arresto di due giovani musulmani
di Stefano Vecchia
Tratto da Avvenire del 13 marzo 2010
Un altro caso di stupro di una giovane cristiana seguito da un orrendo omicidio. La comunità cristiana di Sheikhupura, a una quarantina di chilometri da Lahore, nella provincia del Punjab, piange la morte di Kiran George, spirata nei giorni scorsi per le gravissime ustioni a due giorni dal ricovero nel Mayo Hospital di Lahore. Nell’agonia, Kiran è riuscita a raccontare agli inquirenti la sua vicenda e a portare all’arresto di Mohammad Ahmad Reza, un giovane musulmano figlio del datore di lavoro, e della sorella. Insieme le avrebbero gettato addosso della benzina, dandole poi fuoco, per timore che la giovane riferisse alla polizia della violenza subita. Nonostante le gravissime condizioni della ragazza, il suo assassino non l’aveva portata in ospedale, ma aveva invece chiamato i suoi genitori raccontando che gli abiti avevano preso fuoco mentre puliva la cucina. Kiran aveva confessato alle amiche il comportamento sconveniente di Muhammad Ahmad Raza, nella cui casa prestava servizio come domestica ma esitava a lasciare il posto di lavoro a causa della povertà della sua famiglia. Muhammad Ahmad Raza si trova ora sotto custodia della polizia in attesa che si concludano le indagini preliminari. Subito dopo la morte di Kiran, alcuni cristiani avevano bloccato strade e incendiato copertoni chiedendo l’arresto dell’omicida.
Il caso della ragazza di Sheikhupura ricorda da vicino quello della 12enne Shazia Bashir, morta il 21 gennaio a Lahore dopo essere stata stuprata e massacrata dall’avvocato Mohammad Naeem presso cui prestava servizio. Naeem è sotto indagine, ma gli avvocati della famiglia e i gruppi che si sono impegnati per fare giustizia si trovano di fronte a minacce e ai tentativi di insabbiare la vicenda che riguarda un personaggio, di fede musulmana ed ex giudice dell’Alta Corte provinciale, assai conosciuto in città e sostenuto dai suoi stessi colleghi. Ancora nel distretto di Sheikhupura, nella cittadina di Narang Mandi, il 10 marzo una folla di musulmani ha svaligiato e incendiato l’abitazione di una famiglia cristiana. Come riportato da AsiaNews, a scatenare la rabbia degli estremisti il presunto coinvolgimento di un cristiano, Yasir Abid, ora in custodia cautelare, nell’assassinio del figlio di un latifondista locale.
I cristiani del distretto denunciano «l’incendio deliberato» di alcune copie della Bibbia trovate nella casa incendiata. La polizia ha avviato le indagini e valuterà se aprire un fascicolo di inchiesta anche per il reato di blasfemia. In questo caso, spiega Peter Jacob, segretario esecutivo della Commissione Giustizia e pace della Chiesa cattolica pachistana, la magistratura «non agirà in base alla sezione 295-B del codice penale pachistano», che prevede pene fino all’ergastolo per chi dissacra il Corano, ma non include i testi sacri di altre fedi.
«Siamo contrari alla legge sulla blasfemia – conclude Jacob – e questo indipendentemente dal testo sacro o da chi si è reso colpevole del crimine». Questo non esclude però «indagini approfondite» e la punizione dei responsabili dell’incendio della casa dei cristiani. Per ricordare le violenze che il mese scorso hanno interessato diverse comunità e luoghi di culto, in particolare nell’area di Pahar Ganj, ieri nella metropoli meridionale di Karachi i cristiani hanno osservato una giornata di digiuno.