DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Card. Schönborn: Il Santo Padre è sempre stato di una chiarezza senza nessun dubbio. Lo testimonia il suo comportamento nel caso del card. Groer

MARIA TERESA MARTINENGO

TORINO
Il cardinale Christoph Schönborn, il carismatico arcivescovo di Vienna che ha dato voce alle vittime dei preti pedofili, che ha chiesto loro scusa a nome della Chiesa, che con la Conferenza episcopale austriaca ha invocato «verità e giustizia sugli abusi sessuali», perché spesso «i colpevoli sono stati protetti più delle vittime», è senza dubbio una delle personalità che hanno ispirato il documento pubblicato ieri dal Vaticano. Schön-born ieri era a Torino per guidare il pellegrinaggio di duecento fedeli della sua diocesi alla Sindone e per tenere una meditazione davanti al Telo. Lo abbiamo incontrato nel pomeriggio, in Arcivescovado, in una pausa della visita. Sul documento non ha voluto fare commenti. «Non posso, non parlo di un testo che non ho letto nella sua interezza». Ma ha accettato di parlare della «ferita» della pedofilia e delle iniziative adottate a Vienna.

Eminenza, i passi fatti da lei e dai vescovi austriaci nelle scorse settimane - la dichiarazione dei vescovi alla stampa, la celebrazione nel Duomo di Santo Stefano con le vittime degli abusi e l’incarico a una donna come avvocato indipendente delle vittime - hanno portato a una svolta?

«È stato un momento importante fare la liturgia penitenziale nel Duomo il mercoledì della Settimana santa, prima dei grandi giorni della Pasqua. Quella sera abbiamo pregato davanti a Dio per chiedere il perdono per la Chiesa, per noi tutti, perché la Chiesa è una. È stato giusto chiedere perdono a Dio e alle vittime a nome di tutta la Chiesa d’Austria».

Fino a ieri esponenti della gerarchia ecclesiastica hanno continuato a minimizzare, ricordando che il peggio accade in famiglia, a scuola. Perché?

«È vero che esistono statistiche, soprattutto in Germania, che confermano una minima percentuale di abusi sessuali in ambito ecclesiale se paragonati al totale. Ma la gravità di questi abusi, e il Santo Padre lo ha detto molto chiaramente alla Chiesa d’Irlanda, è che sono commessi da persone che rappresentano la bontà, la vicinanza, l’amore di Dio. Certo, si può dire che i mass media hanno un’attenzione esagerata a questi fenomeni in ambito ecclesiale. Forse. Ma per noi Chiesa ciò che conta è di dire la verità. E se la verità è grave, di dire la gravità della verità».

Sul fronte opposto, il Papa è stato accusato di non essere intervenuto con sufficiente fermezza...

«Il Santo Padre è sempre stato di una chiarezza senza nessun dubbio. Lo testimonia il suo comportamento nel caso del mio predecessore: Ratzinger, da Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, nel ’95, avrebbe voluto una commissione d’inchiesta uincaricata di fare chiarezza sulle accuse di pedofilia rivolte all’arcivescovo Hans Hermann Groer, ma fu fermato dall’ala della Curia romana favorevole all’insabbiamento. Poi, c’è anche un’altra intepretazione. Quella che dice che ad attaccare sono i nemici della Chiesa. Ma questa non è una ragione per dire che i fatti non sono i fatti».

Il mercoledì della Settimana Santa, nel Duomo di Vienna, la celebrazione è culminata nel suo atto di contrizione. Fra le tante espressioni forti, qual è quella che le riassume meglio?

«Io ho parlato di “Vergiftung”, cioè del fatto che l’immagine di Dio possa essere “avvelenata” per tutta una vita. Per questo l’abuso in ambito ecclesiale è senza dubbio più grave di altri abusi».

Quella celebrazione è stata preceduta da altre iniziative di grande impatto nella direzione della trasparenza: la dichiarazione dei vescovi, la commissione d’inchiesta...

«Nella dichiarazione, come vescovi austriaci abbiamo ringraziato le vittime di aver parlato, le abbiamo ringraziate per il coraggio di rompere il silenzio, abbiamo chiesto anche ad altri di manifestarsi perché siamo convinti che solo la verità rende libere le vittime, ma anche noi. Poi, abbiamo dotato ogni diocesi austriaca di responsabili per le vittime che vogliono parlare».

Avete anche incaricato una personalità politica di istituire una commissione d’inchiesta...

«Abbiamo istituito un avvocato delle vittime indipendente dalla Chiesa nella persona di Waltraud Klassnic, governatrice della Stiria per molti anni. Questa donna molto conosciuta e apprezzata in Austria ora sta creando una commissione. Noi abbiamo incaricato questa commissione indipendente di esaminare tutto ciò che viene a sua conoscenza. Anche a proposito di eventuali sussidi, di aiuti finanziari alle vittime».

Lei è stato allievo del cardinale Ratzinger, gli è molto vicino. Gli ha parlato dell’esperienza della Settimana Santa?

«Non ho avuto occasione, ma il Santo Padre ha incontrato delle vittime. Io ero testimone alle Gmg di Sydney. È un uomo che ha una grande sensibilità per queste ferite, l’ha sempre avuta. È un uomo che ama la verità, io l’ho sempre visto così, con questo coraggio della verità. Che ci piaccia o no, che ci faccia male o no. La verità rende liberi».

La pubblicazione del documento avvenuta ieri è una tappa fondamentale in questa direzione. Davvero lei non può dirlo?

«Forse lo dirò. Ma quando avrò letto il testo».

La Sindone, alla quale lei ha voluto venire pellegrino, aiuta a riflettere anche su queste ferite?

«La Sindone ci dice: “Convertitevi”. O, come ha detto San Francesco, “Perché l’amore non è amato?”».

© Copyright La Stampa, 13 aprile 2010