DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

La Cina soccorre Chavez con 20 miliardi di dollari Il leader «rinvigorito» fa sfilare carri e missili di fronte agli alleati

DA L IMA M ICHELA C ORICELLI
B
alli e carri armati. Inni patriottici e caccia da combattimento. Circon­dato dai suoi principali alleati latinoamericani – e rinvigorito da un accordo petrolifero con la Cina da 20 miliardi di dollari – il presidente venezuelano Hugo Chavez mostra i muscoli e fa sfi­lare l’esercito con gli ultimi ac­quisti militari compiuti soprat­tutto nella Russia dell’ « amico » Vladimir Putin.
Il fastoso corteo di cinque ore – messo in piedi lunedì in occa­sione del Bicentenario dell’in­dipendenza venezuelana – si è trasformato in una simbolica di­mostrazione della forza bellica del Paese sudamericano e delle sue amicizie internazionali. L’insicurezza, l’alto tasso di cri­minalità ( Caracas è la città più violenta dell’America del Sud),
la crisi energetica ed economi­ca hanno colpito duramente l’immagine di Chavez: la sua po­polarità è scesa al di sotto del 50% per la prima volta dal 2003. Ma all’estero il presidente ve­nezuelano continua ad incassa­re appoggi e intese. « È arrivato il momento di difendere la no­stra vera indipendenza, 200 an­ni dopo » : il socialismo del XXI secolo – secondo il leader ve­nezuelano – dovrebbe costitui­re la via per raggiungere l’indi­pendenza dal capitalismo. Ma a Caracas servono nuovi soci e­conomici: ancora oggi Wa­shington è il principale cliente petrolifero del Venezuela.
La Cina può diventare l’alterna­tiva: Caracas e Pechino hanno appena firmato un accordo e­nergetico per estrarre greggio dalla regione venezuelana dell’Orinoco. Un’intesa miliar­daria con cui i cinesi si assicu­reranno
una bella fetta della produzione petrolifera vene­zuelana e Chavez consoliderà un’alleanza strategica decisiva. Sul fronte latinoamericano, alla sfilata per i 200 anni del proces­so di indipendenza c’era il gota della sinistra radicale. Oltre ai leader dei Paesi membri dell’Al­ba (Alleanza Bolivariana) – il cu­bano Raul Castro, l’ecuadore­gno Rafael Correa, il nicara­guense Daniel Ortega, il boli­viano Evo Morales –, erano pre­senti anche delegazioni della Bielorussia, dell’Algeria e della Libia. Battaglioni venezuelani e unità di Paesi alleati ( dai cuba­ni ai militari di Gheddafi) han­no marciato in onore di Simoón Bolivar, il “ liberatore” dell’Ame­rica meridionale. Fra gruppi fol­clorici, ballerine, indigeni, trat­tori iraniani e operai del settore petrolifero, militari e milizie bolivariane, al trionfo hanno parteci­pato circa 12.000 per­sone.
Dopo un’esibizione di carri armati russi e bat­terie antimissili, i cieli di Caracas sono stati at­traversati da caccia ci­nesi K- 8, aerei da combatti­mento Sukhoi ed elicotteri rus­si Mi- 17. Smentisce chi lo accu­sa di avere innescato una nuo­va corsa al riarmo nella regione, ma poi Chavez ammette: « Ci stiamo preparando per difen­dere fino all’ultimo millimetro
questa patria sacra » di fronte ad eventuali aggressioni dell’ « im­pero yankee » . Il pericolo – secondo il presi­dente bolivariano – viene dagli Stati Uniti e dal loro alleato co­lombiano. La firma di un accor­do militare fra Washington e Bo­gotà, lo scorso anno, ha spinto il governo venezuelano a con­gelare tutte le relazioni diplo­matiche ed economiche con la Colombia.
Per anni il difficile rapporto fra Chavez e il colombiano Alvaro Uribe ha registrato alti e bassi ( si era arrivati quasi alla minac­cia di scontro militare tra i due Paesi), ma la tensione potrebbe aumentare con la possibile ele­zione dell’ex ministro della Di­fesa: Juan Manuel Santos – ac­cusa Chavez – « ora vuole essere il presidente della Colombia » , ma è « una minaccia per tutti noi, per i Paesi vicini » .

Il presidente cerca da tempo alternative al «cliente» statunitense per la vendita del greggio e fa affari con i «nuovi amici» di Pechino




© Copyright Avvenire 21 aprile 2010




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