DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Eterologa per sentenza: è la «nuova» Corte europea

Prima il verdetto sul crocifisso, poi quello contro il divieto in Austria di ricorrere a gameti altrui nella Pma Sulle «stranezze» della Corte di Strasburgo il commento di un suo ex giudice, Javier Borrego
P
rima la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che chiedeva di rimuovere il crocifisso nelle scuole (accogliendo poi la richiesta di appello da parte del Governo italiano). Quindi, giorni fa, la sentenza che condanna le autorità austriache perché la legge che regola la procreazione assistita in Austria non consente di ricorrere alla donazione di sperma per la fertilizzazione in vitro e alla donazione di ovuli in genere. In sostanza vieta come in Italia la fecondazione eterologa.
Secondo Javier Borrego Borrego, ex giudice a Strasburgo, «la Corte Europea è nata perché mai si ripetessero il disastro e l’orrore della seconda guerra mondiale, perché venissero rispettati i diritti umani. Ultimamente, però, sembra discostarsi
dal suo ruolo».
La sentenza sul crocifisso può essere considerata paradigmatica, secondo Borrego: «È inesplicabile perché si tratta di un tribunale europeo ed è sorprendente che questo pretenda di espellere il segno del Cristianesimo. È come negare la sua condizione di tribunale europeo. È inesplicabile perché i giudici sembra non conoscano l’Italia.
Il crocifisso è ovunque. La Corte non può interpretare un diritto contro il sentire comune di uno Stato», spiega Borrego. Ma soprattutto Strasburgo è chiamata «a risolvere casi individuali e non può generalizzare. Se generalizza, si converte in un Parlamento nazionale. E una corte internazionale non è mai un parlamento nazionale».
Borrego spiega come concretamente la Corte è chiamata ad agire: «Per prima cosa deve analizzare il singolo caso.
Nella sentenza del crocifisso, invece, non si studia il caso individuale, ma si dice con carattere generale che in ambito pubblico non deve esserci il crocifisso. Il ragionamento della sentenza avrebbe dovuto essere limitato, a mio giudizio, all’aula, alla classe concreta, alla scuola in cui stavano i figli di questa signora finlandese, ma non avrebbe dovuto avere un carattere generale, riferendosi all’ambito pubblico. Questo la Corte non lo può mai fare».

U
na tendenza «creativa del diritto» che Borrego vede all’orizzonte anche su un tema delicatissimo come quello del suicidio assistito: «Nel 2002, il tribunale europeo ha detto all’unanimità che la convezione europea non garantisce il diritto a morire, il suicidio assistito. È un caso inglese: Pretty contro Regno Unito. In un caso tedesco, identico al caso Pretty, il Tribunale 'ha comunicato la questione' al Governo tedesco. Questo è sorprendente perché se già esiste il caso Pretty è naturale che non si entri nuovamente in questo tema.
Quando il Tribunale comunica un caso significa che lo vuole studiare, che vuole una risposta dal Governo. Il tribunale sta aprendo la porta ad un tema molto preoccupante, il suicidio assistito. Se vuole studiarlo di nuovo, si presume che sia per cambiare. Sarebbe stata logica, invece, l’inammissibilità: non va studiato perché è stato già risolto dal caso Pretty.
Quando una persona presenta una domanda nel 93% dei casi non si ammette perché non è competenza del tribunale o perché esiste una giurisprudenza consolidata. La questione del suicidio assistito è una questione che deve essere discussa all’interno di ciascuno Stato».
L’opinione di Borrego è che se la Corte interpreta la convenzione in questo modo, creando nuovi diritti, perde tutta la sua credibilità. E se perde la credibilità, gli Stati non applicano le sentenze. Inoltre, la sentenza del crocifisso sembrerebbe indicare che la Corte usi pesi e misure diverse: «In Norvegia la Costituzione dice che la religione luterana è la religione ufficiale e i bambini devono essere educati nella religione luterana. In un caso relativo alla Norvegia, il tribunale ha analizzato
molto diligentemente le circostanze di quel paese, i costumi e la legge. Nella sentenza del crocifisso il Cristianesimo in Italia si riduce a tre parole: 'Religione maggioritaria in Italia'», dice Borrego.

C
ompito della Corte Europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo, che nulla ha a che vedere con la Corte di Giustizia di Lussemburgo – istituzione dell’Unione Europea – è quello di applicare la Convezione dei diritti dell’Uomo firmata a Roma nel 1950. La Corte è composta da un numero di giudici pari al numero degli Stati membri, uno per Stato, scelto da una rosa di tre candidati proposti dai singoli Stati.
Il perché la Corte abbia intrapreso un percorso lontano dai compiti stabiliti dal trattato che la istituisce sembrerebbe risiedere, secondo Borrego, nelle modalità di scelta dei giudici.
«Attualmente su 46 giudici, 26 sono professori, ovvero non sono professionisti, e intendo giudici di carriera, avvocati. La mia opinione è che i professori quando arrivano a diventare giudici pensano che la sentenza sia una opportunità per esprimere e convertire in legge le proprie idee. Il giudice sa che la legge la fa l’assemblea, mentre lui la applica e deve decidere senza opinioni preconcette. Ci sono bravi professori, ma sono l’eccezione».
Nomine, quelle dei giudici, di natura politica: «Il criterio politico non è un criterio di selezione, la scelta dovrebbe essere fatta per professionalità, esperienza. Solitamente il Governo indica il suo favorito e poi i Parlamenti eleggono. Prima, anche nella corte di Lussemburgo gli Stati nominavano i giudici e l’Unione accettava. Dall’inizio di quest’anno per il trattato di Lisbona si è creata una commissione di giuristi per selezionare i giudici, perché l’Unione Europea era molto preoccupata per alcuni giudici nominati dai Governi».

A
ltro nodo è quello di stabilire quale sia il tribunale di ultima istanza in Europa. L’Unione Europea, infatti, come Unione non ha firmato il trattato, spiega Borrego, e per questo non può essere sottomessa alla giurisdizione del tribunale europeo dei diritti umani.
Hanno firmato, invece, tutti e 27 gli Stati membri. «Se, per esempio, un cittadino ricorre sostenendo che la Corte di Lussemburgo abbia violato un diritto umano, ad esempio il diritto al giusto processo, la Corte Europea non si rivolge all’Unione Europea, ma dirige la domanda a 27 stati. Che è una cosa abbastanza assurda. E anche così, il Tribunale perde credibilità».
Una perdita di credibilità che indebolisce un importante strumento di tutela dei diritti umani e che, secondo Borrego, potrebbe essere arginata solo se l’errore della Corte venisse pubblicamente ammesso, solo se l’input giungesse dall’opinione pubblica. «Se non succede nulla. Se si accetta tutto, ci saranno altri passi avanti» nella tendenza a cambiare la società attraverso le sentenze.
Elena Pasquini

© Copyright Avvenire 8 aprile 2010