By Rai Vaticano | Aprile 20, 2010
Nella vulgata dei secoli successivi, Galilei appare come un grande scienziato: una verità difficilmente contestabile. Ma era anche un paladino della verità e dell’onestà intellettuale? Su ciò ci permettiamo di avanzare qualche dubbio.Ancora giovanissimo, nel 1597, scrisse il libro “Cosmografia” centrato sul valore del sistema tolemaico o geocentrico, tesi che allora insegnava presso l’università di Pisa ma, nello stesso anno, in una lettera indirizzata al suo amico Keplero, dichiarò come, ormai da tantissimo tempo, egli fosse profondamente convinto della validità copernicana.
Nel 1606 affronta lo studio del Compasso Proporzionale ottenendo un certo successo, ma un professore di Padova, il milanese Baldassarre Capra, non convinto delle sue asserzioni, pubblicò un piccolo opuscolo nel quale sottolineò tutti gli errori di calcolo nei quali era incorso il Galilei.
Chi si aspettasse a questo punto una avvincente controversia scientifica degna della libertà di ricerca e di parola, sbaglierebbe. Lo scienziato pisano si rivolse al tribunale di Padova per interdire e sequestrare il testo che osava criticarlo e vinse.
Anche all’apice della fama venne ancora fuori il suo carattere. Alla richiesta di Keplero, scienziato assai generoso anche con lo stesso Galilei nel dare i suoi lavori per amore della scienza, chiese al nostro scienziato i suoi disegni per costruire anche lui un telescopio e studiare la volta celeste sempre in merito alla libertà di ricerca scientifica. La risposta di Galilei fu un secco rifiuto, forse perché, tra tanti studi, fu proprio quest’ultimo a dargli la grande fama.
Infatti, fu nel 1610 che perfezionò uno studio olandese sull’ottica e, proprio grazie ad alcuni disegni, riuscì a costruirsi un telescopio a Padova.
Con questo strumento poté osservare la Luna, le stelle, i pianeti, definendone le fasi, le rivoluzione, per primo scoprì gli anelli di Saturno, e così via, suscitando un entusiasmo ovunque, specialmente, non ci crederete, proprio nella Chiesa cattolica: ebbe, come estimatore, oltre a tanti alti prelati, lo stesso papa Urbano VIII, che gli riconobbe laute rendite e benefici.
A questo punto della storia qualche lettore potrà domandarsi: ma allora quando ha inizio la lotta della Chiesa contro il sistema copernicano e la volontà di insistere su quello tolemaico?
I processi
Possiamo rispondere per brevità che la frattura si compì quando lo scienziato pisano, non contento di studiare le materie scientifiche, volle cimentarsi anche nella teologia.
In alcune lettere affermava, ad esempio, che bisognava leggere la Bibbia in maniera da non contraddire l’idea copernicana. Essa al tempo, è bene ricordarlo, era ancora un’ipotesi e non una realtà, ma era semmai la fede cattolica che doveva riformarsi a questa dottrina, data come definitiva.
Aggiungeva, inoltre, che se la Sacra Scrittura non può sbagliare per fede, possono però sbagliare i suoi commentatori e dunque la Chiesa stessa.
Si arrivava così, per semplice deduzione, ad una forma di protestantesimo con tutto ciò che da questo poteva derivare, data la realtà storica di quei tempi, per la Chiesa e la sua dottrina. Senza questa affermazioni teologiche il caso Galilei, ci permettiamo di supporre, probabilmente non sarebbe mai sorto. Una semplice ipotesi poteva, così, avere risvolti imprevedibili e il sistema eliocentrico copernicano cominciava ad essere visto, proprio per queste eventuali conclusioni, con sospetto in molti ambienti della Chiesa.
Contestare, dunque, la validità copernicana, con questi risvolti che minavano, senza alcuna dimostrazione plausibile i fondamenti dottrinali era per la Chiesa dell’epoca come per la Chiesa di oggi, un dovere assoluto, altrimenti sarebbe venuta meno la sua missione spirituale.
Per ricapitolare il nostro ragionamento, non è quindi la tesi copernicana ad essere condannata in quanto tale, ma, come abbiamo accennato, la sua eventuale manipolazione teologica. Un primo processo Galilei lo subì da parte del Sant’Uffizio su queste sue tesi che contrastavano sulla dottrina. Secondo la vulgata si pensa al povero scienziato torturato, umiliato nella sua dignità di uomo e di scienziato.
Nulla di tutto questo.
Fu solo ammonito verbalmente, neanche con una bolla papale o quant’altro, a non occuparsi e non insegnare l’ipotesi copernicana nelle accezioni teologiche.
Ma Il Galilei, sicuro della sua verità, e ancor di più delle influenti amicizie nelle varie corti italiane e straniere, non dette molta importanza a questo invito e continuò a scrivere, insegnare e guadagnare oltre ad essere, ieri come oggi per certi intellettuali, il benvenuto nei salotti che contavano.
Arriviamo, così, al secondo processo, quello che poi passerà alla storia come una sconfitta culturale della Chiesa.
L’occasione scaturì dal libro ”Dialogo sui massimi sistemi”, in cui Galilei affronta con grande maestria dialettica i suoi studi e le sue conclusioni. Il testo ottiene addirittura l’imprimatur del papa Urbano VIII, suo grande estimatore come scienziato, meno del teologo, tant’è che pur dando il suo assenso invitò l’autore a togliere alcune parti che potevano dar adito ad equivoci.
Galilei, invece di ringraziare il papa che gli ha dato questa opportunità, accetta l’imprimatur, ma non i consigli del papa, come risulterà al processo: addirittura contesta con ironia i rilievi pontifici. Durante il processo, in cui non esiste alcuna tortura, i giudici contestano allo scienziato il suo essere copernicano con le conseguenti tesi teologiche già affrontate, ma accade qualcosa che lascia interdetti gli stessi giudici e, se permettete, anche noi contemporanei.
Da un lato egli negò sotto giuramento di essere per il sistema copernicano e dall’altra chiese ai stessi giudici di poter scrivere un testo per dimostrare l’autenticità del sistema eliocentrico. A questo punto il processo, bisogna ammetterlo, prende una via drammatica con minacce dure, mai attuate, nei suoi confronti se non abiurerà ai suoi errori.
Non dimentichiamo che c’erano nella Chiesa fautori, e non erano pochi, della validità tolemaica e dunque colsero al balzo la possibilità di denigrare tutta l’opera copernicana contro la verità e l’autorità della sacra Scrittura.
In un clima surriscaldato si arrivò finalmente alla conclusione con la sentenza di colpevolezza affermando, purtroppo, che “il Sole sia centro del mondo e immobile di moto locale, è proposizione assurda e falsa in filosofia, e formalmente eretica, per essere espressamente contraria alla Sacra Scrittura; che la Terra non sia centro del mondo né immobile, ma che si muova eziandio di moto diurno, è parimente proposizione assurda e falsa nella filosofia, e considerata in teologia ad minus erronea in Fide”.
Appendice
Nella relazione finale della Commissione di studio sul processo a Galilei, datata 31 ottobre 1992, il cardinale Poupard scrisse che la condanna del 1633 fu ingiusta, per un’indebita commistione di teologia e cosmologia pseudo-scientifica e arretrata, anche se veniva giustificata dal fatto che Galileo sosteneva una teoria radicalmente rivoluzionaria senza fornire però alcuna vera prova scientifica sufficiente a permettere l’approvazione delle sue tesi da parte della Chiesa.
Il problema che si posero dunque i teologi dell’epoca era, dunque, quello della compatibilità tra l’eliocentrismo e la Scrittura.
In appendice a questo discorso vogliamo brevemente sottolineare in quale contesto storico la Chiesa, con la sua presunta chiusura, si trovava ad agire.
Nella pacifica e libera Europa del Nord, in quel periodo abbiamo la famosa guerra dei Trent’anni tra cattolici e protestanti che costò la vita a circa la metà dell’intera popolazione. In Inghilterra, un pazzo criminale come Cromwell, scatenò la caccia al cattolico massacrando centinaia di martiri irlandesi e coloro che sopravvissero vennero fatti schiavi per lavorare nelle nuove colonie oltre mare.
Mentre si parla sempre dell’inquisizione cattolica, una verità tutta riscrivere, nel mondo protestante avveniva il massacro della caccia alle streghe, solo in Germania si parla di almeno 100 mila vittime, tra cui, nientemeno che la madre di Keplero. La Francia fu martoriata per decenni dai fanatici Ugonotti che, oltre a massacrare inermi cittadini, profanarono migliaia di chiese aprendo lo scenario per nuove sanguinose guerre. Malgrado ciò, ancora oggi di questo secolo si ricorderà solo ed unicamente la “ferocia” del processo contro Galileo Galilei.
Antonello Cannarozzo