E’ stata una vera settimana di passione per il Papa. Molti sono rimasti meravigliati dal suo silenzio nei confronti delle accuse infamanti che gli venivano mosse. Non era reticenza.
Nella lettera agli irlandesi sullo scandalo del clero pedofilo Benedetto XVI aveva detto tutto: non si confonda più il buon nome della chiesa con la copertura di comportamenti che gridano vendetta al cospetto di Dio.
Nei giorni della memoria della Passione, il silenzio del papa assomigliava ai silenzi di Gesù tante volte raccontati nei Vangeli. Il Maestro serra le sue labbra quando percepisce che le domande che vengono poste dai suoi interlocutori sono solo un pretesto o un tranello. Nemmeno prova a difendersi quando avverte che la sentenza è già scritta. Resta muto anche quando Pilato sembra volerlo aiutare, nel processo al pretorio, chiedendogli di fornire elementi per la sua difesa.
Non intendiamo sacralizzare ogni scelta del papa, in questo caso la scelta di non parlare. E nemmeno si deve criminalizzare ogni contestazione o legittima richiesta di chiarimento che viene dai mass media. Tanto più su un dramma reale e doloroso come questo. Il velo sulla piaga degli abusi sessuali compiuti dal clero cattolico andava sollevato. Per fare pulizia e impedire ogni recidiva. Ma sarebbe non vedere tutta la realtà se si chiudesse gli occhi di fronte al carattere malizioso, all’accanimento non obiettivo con cui le accuse vengono lanciate. Una vera e propria ‘campagna’. Che essa sia mossa solo da una logica editoriale-commerciale, per vendere più copie, o che siano in azione lobbies anticattoliche non sappiamo. Non è questa, in fondo, la cosa più importante.
Più importante, per i cristiani, è capire se può essere vero quello che l’apostolo san Paolo scrive in una sua delle sue lettere: che “tutto coopera al bene”. Non che i fatti in se negativi possano essere visti altro da quello che sono. Gli ‘occhi della fede’ aiutano a vedere meglio la realtà, non trasformano i cristiani in visionari, mistici fuori dal mondo. E’ male, quello che sta succedendo. Male i preti pedofili, male l’offensiva mediatica che sta screditando la Chiesa. Se la Chiesa fosse solo un’organizzazione umana – e l’unico criterio del suo successo fosse la sua immagine nel mondo - il bilancio sarebbe fallimentare. E allora? Dal punto di pista psicologico il sabato santo di duemila anni fa deve essere stato molto peggio.
Il Messia tanto atteso finito appeso a una croce, fra due malfattori. I discepoli smarriti, impauriti, derisi. Sembrava la fine di una grande avventura. E lo sarebbe stata davvero se Gesù fosse stato solo un grande uomo: il più buono, il più libero, il più giusto di tutti. Se il suo corpo fosse rimasto a verminare nella tomba. Ecco cosa fa la differenza, se Cristo è o meno risorto. Non sono soltanto verità da ripassare nel catechismo. E’ il fatto che decide il modo con cui si reagisce a quanto sta succedendo in questi primi mesi del 2010. Se Cristo è un fantasma o una presenza reale, che agisce e si manifesta attraverso gesti e persone concrete. Un’evidenza attraente. Che queste parole nel giorno di Pasqua suonino a noi cristiani oggi così astratte, lontane, poco concrete è il segno della vera debolezza della Chiesa nel mondo odierno.
Ma sentirsi così poveri del grande dono della fede, può essere anche l’inizio di un cambio di rotta. “C’è troppa chiesa in giro e troppo poco Gesù” ha detto il cardinale Schoenborn.
La bufera dei preti pedofili – ha aggiunto l’arcivescovo di Vienna - può essere una scossa salutare, può cooperare al bene, se aiuta i cristiani a riscoprire, anzi a mendicare, ciò che fa nascere e giustifica l’esistenza stessa della Chiesa: lo spirito di Cristo.
© Copyright Eco di Bergamo, 4 aprile 2010