Tratto da L'Occidentale il 18 aprile 2010
Che la pioggia a San Pietro sarebbe arrivata direttamente dall’America, sulle ali degli scandali di abusi sessuali commessi da sacerdoti cattolici, era una facile previsione. Non valutabile era l’intensità e la durata del temporale. Acquazzoni, tempeste d’acqua, grandinate? Ogni giorno che passa le nubi si addensano, e il diluvio non sta risparmiando neppure Benedetto XVI.
Nell’ultimo decennio la chiesa americana è stata devastata dagli scandali dovuti a reati sessuali compiuti da religiosi, puntualmente registrati da inchieste giornalistiche, serie televisive di grande successo popolare, spettacoli teatrali, film candidati all’Oscar. Forse la sedi più colpita è stata Los Angeles, retta dal 1985 da uno dei vescovi più liberal dell’episcopato statunitense, Roger Michael Mahony. Mahony è nato ad Hollywood, il 27 febbraio 1936. La sua nomina a vescovo della più innovativa città d’America, suscitò grandi speranze. Era in piena corsa il treno della rivoluzione reaganiana, avviata proprio in California, dove Ronald Reagan era stato Governatore. E sempre nella California stava muovendo i primi passi la grande rivoluzione tecnologica legata all’informatica, destinata a cambiare in maniera determinante il futuro dell’economia. Mahony aveva cinquant’anni quando nelle sue mani forti venne affidato il compito di gestire il cambiamento. Giovanni Paolo II si recò personalmente a Hollywood, il 15 settembre del 1987, per tenere un discorso molto caloroso al mondo dei produttori della celluloide. A dire il vero di produttori non è che ce ne fossero molti. E anche di attori. Charlton Heston rimase sorpreso nel vedere solo vecchie conoscenze: Bob Hope, Ricardo Montalban, Loretta Young e la stravagante Shirley MacLaine. Al pontefice non troppo entusiasta dell’accoglienza, fu ricordato però che era in lavorazione un film sulla vita di Cristo. Non sapeva si trattasse di L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese. L’avrebbe appreso l’anno successivo, con lo scatenarsi di polemiche furibonde, con la Santa Sede in prima fila ad indirizzare gli strali contro la scandaloso pellicola.
Il prossimo febbraio Roger Mahony raggiungerà il settantacinquesimo anno di età. E Benedetto XVI ha già indicato il suo successore nell’attuale vescovo di San Antonio, in Texas, il messicano José Haracío Gómez. Trattasi di una scelta di notevole importanza, soprattutto se letta alla luce dell’assedio mediatico (e in prossimità di alcune importanti decisioni giudiziarie americane) in atto contro la Chiesa di Roma, che ha negli Stati Uniti la centrale operativa. Mahony ha dovuto affrontare negli ultimi anni la piaga degli abusi sessuali verificatisi nella diocesi. Per affrontarli ha scelto una doppia strada. Fornire tutte le documentazioni alle autorità giudiziarie e soprattutto ai mezzi di informazione, e pagare pesantissimi risarcimenti. Così facendo Mahony ha portato le casse della diocesi in rosso profondo. Molti gli hanno rimproverato di aver pagato per troppe denunce, senza una accurata verifica della dinamica dei fatti. Questa strategia ha fatto diventare i rimborsi pesantissimi, oltrepassando i seicento milioni di dollari. Una cifra mostruosa. E anche la totale apertura ai media non ha fruttato granché in benevolenze, considerati i giudizi della stampa davvero poco indulgenti, a cominciare dal più grande quotidiano della città, il “Los Angeles Times”.
Mahony ha sempre mostrato un volto conciliante verso una fra le città più liberal d’America. Nella comunità la costruzione della grande cattedrale, iniziata nel 1995, gli ha attirato grandi simpatie e altrettante antipatie. La realizzazione di Nostra Signora degli Angeli ha richiesto centoventi milioni di dollari. Il grande tempio postmoderno spuntato su quarantamila metri quadrati di territorio, ricco di pietre pregiate e vetri, è stato finanziato da generose donazioni. I nomi dei benefattori sono riportati nel giardino, e tra di essi spiccano il cattolico Arnold Schwarzenegger (diventato successivamente Governatore della città) e la moglie Maria Scriver. L’operazione da alcuni è stata vista come un oculato investimento in una zona in grande espansione; i critici invece hanno denunciato l’inutile spreco, il cattivo gusto della costruzione e l’imbarazzante vista su un importante tratto autostradale ventiquattrore al giorno trafficato.
Benedetto XVI, affrettandosi a nominare il vescovo Gómez, ha inteso mandare un segnale molto chiaro, di notevole discontinuità e di chiara indicazione per il futuro. Se Mahony è un liberal, certamente lo stesso non si può dire di Gómez, come hanno rilevato non pochi commentatori, definendolo semplicisticamente come un conservatore. Nato nel 1951 a Monterrey, in Messico, il nuovo vescovo di Los Angeles è un appartenente dell’Opus Dei. Ha ottenuto un dottorato in teologia nella prestigiosa Università di Navarra, a Pamplona, in Spagna, fondata e retta dalla prelatura fondata da San Josemaría Escrivá de Balaguer.
Il problema dell’omosessualità del clero non si risolve solo pagando pur sacrosanti risarcimenti. Si risolve cambiando strategia nella gestione dei seminari, nella valutazione delle vocazioni sacerdotali e nella formazione culturale e teologica. A José Haracío Gómez non spetterà tanto il compito di rinsanguare le casse della diocesi, affossate dal predecessore. La sua vera missione è ricostruire la credibilità dell’istituzione, incrinata dagli scandali, cosa che Mahony non è riuscito a fare. Da lui Benedetto XVI si aspetta l’unica possibile strategia per combattere la piaga che ha messo in ginocchio la Chiesa americana e che rischia di minare alle fondamenta la Chiesa di Roma.
La battaglia scandalistica è cominciata in America. E dall’America deve arrivare una risposta concreta. José Haracío Gómez ha dunque una missione speciale. Ed è solo la prima pedina della controffensiva vaticana: la cura pastorale affidata ai vescovi. I legali, gli esperti della comunicazione e i soldi dei fedeli per risarcire le vittime, da soli non bastano.