DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

La sfida India-Cina: corsa per il primato

DI L UCA M IELE
P
er il capo dell’esercito, il generale Deepak Kapoor, l’India è in grado di affrontare u­na «guerra su due fronti». I fronti in que­stione sono il prevedibile Pakistan e, a sorpresa, la Cina. Bharat Verma, il direttore dell’Indian
Defence Review,
prestigiosa rivista militare in­diana, ha “profetizzato” che «la Cina attaccherà l’India entro il 2012». E sulle pagine della stessa rivista, il generale Vinay Shankar ha parlato di comportamenti «arroganti, bellicosi e intimi­datori », tutti da ascrivere a Pechino. Infine, Dorjee Khand, premier dell’Arunachal Pradesh – lo Stato sui cui i due giganti asiatici litigano da decenni – ha detto che «l’India deve prepararsi a difendere militarmente i suoi confini».
Aumenta la competizione

L’India sembra attraversata da una nuova os­sessione: misurarsi – politicamente ma anche militarmente – con la Cina. Il Paese si sta ar­mando sempre più: il budget è cresciuto del 70% in 5 anni, 50 i miliardi spesi per modernizzare l’esercito. E di certo il Paese non accenna a ridi­mensionare le sue ambizioni: lo stanziamento per la Difesa ammonta quest’anno a 30 miliar­di di dollari. New Delhi studia da super-poten­za e c’è un solo Paese asiatico che può ridimen­sionare (se non umiliare) le sue ambizioni: il Dragone. L’Elefante sembra non voler perdere tempo. Secondo il giornale pachistano
The Na­tion,
ha varato un piano quinquennale per blin­dare il confine dell’Arunachal Pradesh. E, come ha rivelato
The Times of India , New Delhi - do­po aver testato con successo i missili balistici A­gni- III - si è detta pronta a sperimentare il suo primo missile intercontinentale entro la fine del­l’anno. L’Agni-V, capace di portare testate nu­cleari, sarà in grado di colpire anche le città più settentrionali della Cina. Il nuovo tassello della “guerra dei cieli” si aggiunge ai programmi già in corso, sistemi difensivi pensati per neutraliz­zare un eventuale attacco cinese.
I motivi della contesa tra i due Paesi sono annosi: Pechino rivendica buona parte dello Stato in­diano dell’Arunachal Pradesh, che i cinesi chia­mano Tibet meridionale. Nel 2009, l’esercito in­diano – come ha riportato
Newsweek in un re­portage intitolato “Le paure dell’India” – ha de­nunciato 270 violazione dei confini da parte del­le forze cinesi. A sua volta, l’India chiede la re- stituzione dell’Aksai Chin, un territorio un tem­po facente parte del Kashmir, che è stato in par­te conquistato dalla Repubblica popolare nella guerra del 1962, e in parte da essa ceduto dal Pakistan. La ferita della sconfitta militare del ’62 brucia ancora.
Il ruolo di Islamabad e di Colombo

Ma non basta. Ad infiammare le relazioni tra i due Paesi è un terzo incomodo: il Pakistan. New Delhi e Islamabad hanno combattuto due guer­re (più una terza non dichiarata ufficialmente), si confrontano sul Kashmir, rivaleggiano per e­stendere la propria influenza in Afghanistan. I rapporti sono sempre più bellicosi. Dopo un fa­ticoso riavvio dei negoziati, l’attentato di Mum­bai nel 2008 ha spinto i due vicini sull’orlo di un nuovo conflitto. L’India accusa il Pakistan di es­sere il regista segreto degli attacchi terroristici e di foraggiare la galassia del terrore che si muo­ve sul suo territorio. Islamabad, a sua volta, ac­cusa New Delhi di fomentare la guerriglia nel Balucistan. A New Delhi nutrono pochi dubbi sul modo in cui agirebbe la Cina – il grande spon­sor del nucleare pachistano – in caso di un nuo­vo
conflitto con Islamabad. Ma la rivalità tra i due giganti non è limitata al­le questioni aperte del passato. Come sottoli­neano al Centro Studi internazionale (Cesi), «l’O­ceano Indiano è una via di collegamento fon­damentale con enormi implicazioni strategi­che ». Chi mette le mani sulle rotte attraverso le quali transita un terzo del commercio mondia­­le, chi si aggiudica il controllo dei porti guada­gna una posizione di assoluto vantaggio sul­l’avversario. Si spiega così il corteggiamento ci­nese allo Sri Lanka, tradizionalmente vicino al­l’India. La vittoria militare sulle Tigri tamil sa­rebbe stata impensabile se Pechino non fosse in­tervenuta – e massicciamente – a favore di Co­lombo. A New Delhi parlano di una nuova «co­lonizzazione ». La Repubblica popolare è il mag­gior donatore di Colombo, con elargizioni che ammontano a un miliardo di dollari.
La «conquista» del Nepal

L’altra fonte di attrito è il Nepal, il piccolo regno himalayano inca­stonato tra i due giganti. Anche in questo caso la Cina sta erodendo l’influenza indiana, provocando nuovi malumori. Pechino ha a­perto un canale preferenziale con Katmandu, attraverso cui transi­tano soldi, armi, supporti logisti­ci. Lo scopo è potenziare la poli­zia di frontiera nepalese e in que­sto modo “murare” la via di tran­sito che ogni anno consente ai ti­betani di entrare e uscire dal Ti­bet. E i risultati sembrano arriva­re: nel 2008, 3mila tibetani aveva­no attraversato il confine, lo scor­so anno il loro numero è precipi­tato
a 600. In questo complesso gioco tattico decisivo sarà il ruolo dell’Ammi- nistrazione Obama. Come notano dal Centro mi­litare di studi strategici (Cemiss), il presidente U­sa «sta cercando di evitare che l’apertura totale fatta all’India da Bush faccia saltare gli equilibri regionali», e produca una nuova corsa al nucleare. La recente visita del capo della Casa Bianca in Cina ha irritato non poco New Delhi. Primo perché Obama non ha citato l’India tra le po­tenze regionali. E peggio, per­ché ha riconosciuto alla Cina il ruolo di stabilizzatore nella regione, persino per il “ve­spaio” Kashmir. Un’intromis­sione insopportabile per New Delhi, cui il presidente Usa do­vrà rimediare nella missione che lo porterà entro fine anno ad incontrare il premier Singh.
La fine della cooperazione

Infine, c’è la sponda economi­ca. Evaporato il sogno di Cin­dia – il miraggio di un’unione produttiva tra giganti – i due Paesi hanno ripreso a gareg­giare. Per gli esperti dell’Eco­nomist Intelligence Unit (Eiu), l’India nel 2018 sorpasserà la Cina. Per Anjalika Bardalai «New Delhi crescerà a un tas­so dell’8% nei prossimi 5 anni». Una crescita da capogiro che deve essere alimentata: gli analisti calcolano che entro il 2030 i consumi energetici indiani raddoppieranno, schizzando all’equiva­lente di 833 milioni di tonnellate di petrolio. È qui che si gioca l’altra partita: la corsa a saziare la fame di materie prime. Entrambi gli attori pun­tano sul nucleare. La Cina ha annunciato un pia­no per la costruzione di 28 nuovi reattori nucleari entro il 2020, la Russia costruirà 4 impianti in In­dia. New Delhi – che importa il 75% del fabbiso­gno energetico – vuole creare il suo primo fondo sovrano per strappare a Pechino accordi e forni­tori. Secondo il
Financial Times , i gruppi petro­liferi pressano il governo per un miglior utilizzo dei 278 miliardi di dollari di riserve in valuta e­stera del Paese: utilizzarli per competere con la Cina. Secondo l’agenzia Bloomberg , le compa­gnie cinesi l’anno scorso hanno speso la cifra re­cord di 32 miliardi di dollari per acquistare fon­ti energetiche, contro investimenti indiani che non superano i 2,1 miliardi. La sfida – politica, mi­­litare, economica – è più aperta che mai.
Il capo dell’esercito di New Delhi e altre fonti militari parlano apertamente di un possibile conflitto con Pechino Cresce la spesa per la Difesa, mentre si acuiscono le tensioni di frontiera nell’Arunachal Pradesh, lo Stato conteso da anni. E si prepara un missile intercontinentale
Evaporato il sogno di Cindia, il miraggio di un’unione produttiva tra giganti, i due Paesi hanno ripreso a gareggiare. Secondo alcune previsioni, nel 2018 l’economia indiana, grazie a una crescita sostenuta, potrebbe superare quella cinese, oggi più forte. Gara alle fonti energetiche



© Copyright Avvenire 1 aprile 2010