Il Papa migliore
14 Aprile 2010
Non tutti erano sempre d’accordo con Papa Giovanni Paolo II, ma tutti sembravano amarlo. Prestante e carismatico, con il fascino d’un attore e la sicurezza di uno statista, Wojtyla ha trasformato il papato da un anacronismo italiano in un fenomeno planetario. La sua autorevolezza ha consolidato una Chiesa in bilico, la sua personale spiritualità ha ispirato una nuova generazione di giovani cattolici. “Santo subito!” (in italiano nel testo, ndt) gridava la folla romana nelle ultime ore della sua vita.
La folla non griderà per Benedetto XVI. Per il mondo intero, Joseph Ratzinger è un Papa molto più difficile da amare: più introverso del suo predecessore, meno politico e meno viaggiatore, con le rughe e i tratti di un vecchio zio un po’ sinistro. Mentre Giovanni Paolo II si intratteneva con presidenti e rock star, il Cardinale Ratzinger badava alla ditta a Roma, duellando con i teologi liberali con il nomignolo di “Rottweiler di Dio”. Ci si aspettava che il suo premio fosse la pensione e il ritorno alle attività di insegnamento. Invece è stato chiamato al trono di Pietro, e – a quanto pare – al disastro.
Lo sgocciolare di casi di abusi sessuali dal passato di Benedetto è cominciato un mese fa con un serio incidente: un prete pedofilo restituito al servizio sacerdotale a Monaco per volere dei sottoposti dell’allora Arcivescovo Ratzinger e forse non a sua insaputa.
L’ultima “pistola fumante” a suo carico però produce più fumo che fuoco. Il Papa è oggi criticato non per aver consentito o coperto le azioni criminose, ma perché tra gli anni ’80 e ’90, la burocrazia vaticana si è mossa lentamente nel decidere la riduzione allo stato laicale di quei preti che erano già stati rimossi dal loro ministero. Ma anche il solo fumo è abbastanza dannoso. “Il fallimentare papato di Benedetto XVI” titolava una recente copertina di “Der Spiegel”, il settimanale della sua nativa Germania. Se si deve giudicare un pontefice dalla sue capacità espansive, vuoi verso i credenti più tepidi e verso il mondo secolare, questo giudizio è forse accurato. In mezzo a quest’ultima ondata di scandali, il cattolicesimo avrebbe avuto bisogno del magnetico Giovanni Paolo, maestro di grandi gesti e di commoventi atti di pentimento. Invece la Chiesa è incappata in Benedetto, libresco, sempre sulla difensiva e non all’altezza del compito.
Ma c’è un'altra storia da raccontare su Giovanni Paolo II e il suo assediato successore. L’ultimo Papa è stato un grand’uomo ma anche un debole amministratore: incapace di delegare e qualche volta pessimo giudice dell’altrui carattere.
I ritardi nelle risposte della Chiesa allo scandalo degli abusi sessuali è un lascito di questa debolezza. Lo stesso vale per l’amicizia tra Giovanni Paolo e Marcial Maciel Degollado, il fondatore dei Legionari di Cristo. Wojtyla lo ha amato e difeso. Ma noi oggi sappiamo che Padre Maciel era un sociopatico sessuomane. E grazie ad una recente inchiesta di Jason Berry per il National Catholic Reporter, sappiamo anche il segreto del successo di Padre Maciel in Vaticano: era uno straordinario fund-raiser, e i fondi che raccoglieva spesso fluivano verso la stretta cerchia di Giovanni Paolo II.
C’è solo una persona che da quell’inchiesta ne esce bene ed è Joseph Ratzinger. Jason Berry racconta di quando il futuro Papa tenne una lezione ad un gruppo di Legionari di Cristo e alla fine gli venne consegnata una busta di denaro “per il suoi usi di beneficienza”. Il Cardinale, dice un testimone, “fu spietato ma in modo molto cordiale” e respinse l’offerta.
Non è un caso isolato. Nel 1990, fu Ratzinger a spingere per una inchiesta approfondita sul caso di Hans Hermann Groer, il cardinale viennese accusato di pedofilia, ma fu il Vaticano a bloccare i suoi sforzi. E fu ancora Ratzinger a convincere Giovanni Paolo II nel 2001 a centralizzare nel suo ufficio il caotico sistema che la Chiesa usava nel gestire le accuse di abusi sessuali. Fu Ratzinger, nel 2004, a riaprire l’inchiesta dormiente contro Maciel Degollado, appena qualche giorno dopo che Giovanni Paolo II aveva onorato i Legionari di Cristo con una cerimonia in Vaticano. E fu Ratzinger, ormai Papa Benedetto, a spedire Maciel in un monastero e a ordinare una nuova e complessiva inchiesta sul suo ordine.
Così, mentre Giovanni Paolo II volava alto e lasciava che gli scandali gli passassero sotto i piedi, l’ombroso Ratzinger rimaneva con i piedi per terra a ripulire. Questo modello di comportamento vale anche per altri problemi che l’ultimo Papa tendeva ad evitare, dalla destabilizzazione della liturgia cattolica al montare dell’Islam in un’Europa sempre più de cristianizzata. E si estende anche alla qualità e al calibro dei vescovi di Santa Romana Chiesa, con le nomine di Benedetto ampiamente considerate un miglioramento rispetto alle scelte del predecessore. Non è una coincidenza se alcune tra le più convincenti risposte ecclesiali allo scandalo degli abusi sono venute da voci vicine all’attuale papa.
Benedetto ha fatto abbastanza per ripulire la sua casa e mostrare pentimento? Purtroppo no. Il suo Vaticano ha risposto all’ultima tornata di scandali con risentimento e poco cristiana autocommiserazione? Assolutamente sì. Potrà questo pontefice riconquistare il tipo di fiducia e ammirazione per sé stesso e per il suo papato di cui ha goduto Giovanni Paolo II? Impossibile.
Ma per quanto possa sembrare strano dirlo oggi, Benedetto può già meritare di essere ricordato come il papa migliore.
Tratto da New York Times.