Per la Chiesa di papa Ratzinger è stata una dura ma anche purificante e  istruttiva Pasqua. Benedetto XVI e, con lui, tutti i vescovi  dell’ecumene, sono stati nettissimi nel riconoscere gli abusi di cui si  sono macchiati alcuni loro preti e a prendersene in carico la loro  repressione e l’allontanamento di quanti, anche tra le alte gerarchie  ecclesiali, se ne siano fatti complici. Voleranno teste e certo lo  scandalo accelererà la riforma ratzingeriana delle curie, della liturgìa  e dei seminari. Resta la distanza abissale tra i fatti e il lungo  latrare e abbaiare del circuito mediatico contro la Chiesa cattolica.  Fatta apparire come una casta di mangiabambini, quando già le semplici  statistiche dimostrano l’irrisorietà del contributo che gli uomini di  Chiesa offrono alla pedofilìa e a tutti gli altri generi di perversioni  in cui è specializzata la teoria e la prassi dell’umanesimo secolare  (basti pensare alla buona fama che gode la pornografia o a quel partito  politico pedofilo che non si presenterà alle prossime elezioni politiche  olandesi, non perché è stato messo fuorilegge dai giudici alla Pietro  Forno, ma solo perché non ha raccolto le firme necessarie per presentare  la lista). Naturalmente è diventato uno sport internazionale sparare su  chi porta la croce. Di là, dove i cristiani vengono fisicamente  sparati. Di qua, dove il cristiano che non si limiterà a dar la caccia  alle farfalle e si occuperà di res pubblica, come scriveva Czeslaw  Milosz, «avrà la mano mozzata». Già, i cristiani se ne stiano alle  playstation dei teologi alla Küng e Mancuso. E Benedetto si faccia  confermare Papa da un martiniano e democratico terzo concilio di preti  sposati e donne sacerdote. Grazie a Dio, tutto ciò non accadrà mai.  Mentre sempre accadrà la benvenuta ora in cui il popolo s’infiamma per  l’Unico che non inganna. 
© Copyright Tempi, 7 aprile 2010