di Ilaria Ramelli
L a Stele del Mar Morto, di cui stiamo parlando da un paio di settimane, arricchisce certamente lo studio del Nuovo Testamento, ma non inficia la veridicità dei racconti evangelici sulla resurrezione di Gesù. Infatti, che il motivo del Messia sofferente e della resurrezione dopo tre giorni fosse ben presente nelle attese del giudaismo era ben noto anche prima che l’epigrafe in questione fosse pubblicata, e similmente non consentiva la conclusione che la storia di Gesù fosse stata inventata sulla base di questi motivi preesistenti. Da Is 53 era nota la figura del Servo sofferente del Signore che, caricato dei nostri peccati, muore, per poi tuttavia risorgere: «Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce». Nel Sal 21 (22), tradizionalmente visto come messianico, la sofferenza e la morte sono congiunte alla speranza e alla gloria. Il Sal 15 (9-10) proclama: «Non lascerai che il tuo Santo veda la corruzione».
Il Santo di Dio è Cristo, poiché solo Cristo risorge prima che il suo corpo si corrompa nella morte.
Questo passo è citato infatti in At 2, 27.31 in riferimento alla resurrezione di Gesù. Sotto questo aspetto, l’epigrafe in esame non dice niente di tanto nuovo: erano già presenti nella Bibbia la sofferenza e resurrezione del Messia.
Ammesso che nella stele i 'tre giorni' vadano riferiti alla resurrezione del Messia, il che non è sicuro, comunque anche questo particolare era già attestato nell’Antico Testamento. Qui i tre giorni designano un intervallo di tempo caratteristico per l’avvenimento di qualcosa di importante; si trovano quasi cinquanta occorrenze di ' treis hemerai' nella Septuaginta
(la versione greca della Bibbia ebraica, realizzata molto prima di Gesù). In Gio 2,1 si dice che Giona rimase per tre giorni e notti nel ventre della balena: molti Padri riferirono questi tre giorni alla permanenza di Gesù nel ventre della terra prima della resurrezione. In Gn 40, 12-13 nell’interpretazione di un sogno di un dipendente del Faraone Giuseppe dice: «Fra tre giorni il Faraone solleverà il tuo capo e ti ricostituirà [ apokatastései] nel tuo ufficio ». Qui, i tre giorni indicano la restaurazione a una condizione positiva originaria da una negativa che era intervenuta, proprio come il ritorno dalla morte alla vita. Si trova pure un riferimento sacrificale ai tre giorni in Es 3,18 e 5,3: gli ebrei chiedono al Faraone di poter andare nel deserto per tre giorni per sacrificare al Signore. In Gs 1,11 i tre giorni sono indicati come l’intervallo dopo cui viene la presa di possesso della Terra promessa. Importante è anche Es 10:22-23, relativo alla piaga delle tenebre in Egitto: «Mosè stese le mani verso il cielo, e ci fu una tenebra fitta in tutta la terra d’Egitto; per tre giorni non poterono vedersi l’un l’altro, né alcuno poté levarsi [ exanéste,
il verbo della resurrezione,
ndr ] dal suo luogo per tre giorni». Soprattutto, in 1Sam 30, 12 i tre giorni indicano l’intervallo durante il quale una persona fu vicina alla morte per mancanza di cibo; dopo quell’intervallo si rianimò e tornò in vita: «Gli diedero un pezzo di torta di fichi e due grappoli d’uva passita. E quando ebbe mangiato, il suo spirito rivisse. Non aveva infatti assunto pane o bevuto acqua per tre giorni e tre notti». I tre giorni sono precisamente l’intervallo tra la morte e il ritorno alla vita. La Stele del Mar Morto conferma la presenza di motivi legati al Messia sofferente, che risorge dopo tre giorni, nel giudaismo di poco tempo prima di Gesù. Questi motivi si trovano già nell’Antico Testamento e non possono dimostrare che la storia di Gesù, quale narrata dai Vangeli e prima ancora, in nuce, da Paolo, sia un’invenzione letteraria basata su elementi preesistenti.
Tanto più che la storicità della sua figura e della sua morte, e l’annuncio della sua resurrezione, sono attestate anche da fonti non cristiane. Quello che conferma l’epigrafe pubblicata dalla Yardeni è che nel giudaismo del tempo di Gesù c’erano forti aspettative messianiche, e che queste erano orientate ad un Messia che doveva morire e risorgere, forse dopo tre giorni. Gesù venne a colmare tali attese. I discepoli di Gesù erano tanto lontani dall’inventare la notizia della sua resurrezione da non credervi nemmeno, quando Gesù era apparso risorto a Maria Maddalena e quando le sue discepole avevano annunciato agli apostoli la sua resurrezione.
© Copyright Avvenire 13 aprile 2010