In vista della prossima beatificazione del cardinale John Henry Newman, l'International Centre of Newman Friends ha inviato alle migliaia di "amici di Newman" una lettera circolare con il famoso "discorso del biglietto": testo pronunciato da Newman in occasione della sua nomina a cardinale. La mattina di lunedì 12 maggio 1879 l'oratoriano si recò a Palazzo della Pigna a Roma - residenza del cardinale Edward Charles Howard - portando con sé il biglietto con il quale il cardinale segretario di Stato, Lorenzo Nina, lo informava che Leone xiii aveva deciso di crearlo cardinale. A mezzogiorno, in una sala affollata di cattolici inglesi e americani, ecclesiastici e rappresentanti della nobiltà romana, il messo concistoriale gli consegnò il messaggio che lo informava che il Papa gli avrebbe conferito la berretta cardinalizia il mattino seguente. Newman rispose con un discorso che pubblichiamo integralmente in una nuova traduzione. Il testo fu subito trasmesso dal corrispondente romano dell'inglese "The Times" che lo pubblicò integralmente il giorno successivo. "L'Osservatore Romano" del 14 maggio lo pubblicò in una traduzione del gesuita Pietro Armellini e in seguito "La Civiltà Cattolica" commentò il discorso qualificandolo come importantissimo.
La ringrazio, Monsignore, per la partecipazione dell'alto onore che il Santo Padre si è degnato di conferire sulla mia umile persona [parole pronunciate da Newman in italiano] e se Le chiedo il permesso di continuare il mio discorso non nella Sua lingua così musicale, ma nella mia cara lingua materna, è perché in questa posso esprimere meglio ciò che sento all'annuncio che Lei mi ha comunicato.
Vorrei anzitutto esprimere lo stupore e la profonda gratitudine che ho provato e che ancora provo per la magnanimità e l'amore del Santo Padre per avermi prescelto ad un onore così immenso. È stata davvero una grande sorpresa. Non mi era mai passato per la mente di esserne degno e mi è sembrato così in contrasto con le vicende della mia vita. Ho dovuto passare attraverso molte prove, ma avvicinandomi ormai alla fine di tutto, mi sentivo in pace. Tuttavia non è forse possibile che io sia vissuto tanti anni proprio per vedere questo giorno?
Difficile anche pensare come avrei potuto affrontare una tale emozione se il Santo Padre non avesse compiuto un ulteriore gesto di magnanimità nei miei confronti, mostrando così un altro aspetto della sua natura piena di finezza e di bontà. Egli intuì il mio turbamento e volle spiegarmi le ragioni per cui mi aveva innalzato a tanto onore. Insieme a parole di incoraggiamento, mi disse che la sua decisione era un riconoscimento del mio zelo e del servizio che avevo reso per tanti anni alla Chiesa Cattolica; inoltre, egli era certo che i cattolici inglesi e perfino l'Inghilterra protestante si sarebbero rallegrati del fatto che io ricevessi un segno del suo favore. Dopo queste benevole parole di Sua Santità, sarei proprio stato insensibile e ingrato se avessi avuto ancora delle esitazioni.
Questo egli ebbe la premura di dirmi, e che cosa potevo desiderare di più? Nella mia lunga vita ho commesso molti sbagli. Non ho nulla di quella sublime perfezione che si trova negli scritti dei santi, cioè l'assoluta mancanza di errori. Ma ciò che credo di poter dire riguardo tutto ciò che ho scritto è questo: la mia retta intenzione, l'assenza di scopi personali, il senso dell'obbedienza, la disponibilità ad essere corretto, il timore di sbagliare, il desiderio di servire la santa Chiesa, e, solo per misericordia divina, un certo successo. E mi compiaccio di poter aggiungere che fin dall'inizio mi sono opposto ad una grande sciagura. Per trenta, quaranta, cinquant'anni ho cercato di contrastare con tutte le mie forze lo spirito del liberalismo nella religione. Mai la santa Chiesa ha avuto maggiore necessità di qualcuno che vi si opponesse più di oggi, quando, ahimé! si tratta ormai di un errore che si estende come trappola mortale su tutta la terra; e nella presente occasione, così grande per me, quando è naturale che io estenda lo sguardo a tutto il mondo, alla santa Chiesa e al suo futuro, non sarà spero ritenuto inopportuno che io rinnovi quella condanna che già così spesso ho pronunciato.
Il liberalismo in campo religioso è la dottrina secondo cui non c'è alcuna verità positiva nella religione, ma un credo vale quanto un altro, e questa è una convinzione che ogni giorno acquista più credito e forza. È contro qualunque riconoscimento di una religione come vera. Insegna che tutte devono essere tollerate, perché per tutte si tratta di una questione di opinioni. La religione rivelata non è una verità, ma un sentimento e una preferenza personale; non un fatto oggettivo o miracoloso; ed è un diritto di ciascun individuo farle dire tutto ciò che più colpisce la sua fantasia. La devozione non si fonda necessariamente sulla fede. Si possono frequentare le Chiese protestanti e le Chiese cattoliche, sedere alla mensa di entrambe e non appartenere a nessuna. Si può fraternizzare e avere pensieri e sentimenti spirituali in comune, senza nemmeno porsi il problema di una comune dottrina o sentirne l'esigenza. Poiché dunque la religione è una caratteristica così personale e una proprietà così privata, si deve assolutamente ignorarla nei rapporti tra le persone. Se anche uno cambiasse religione ogni mattina, a te che cosa dovrebbe importare? Indagare sulla religione di un altro non è meno indiscreto che indagare sulle sue risorse economiche o sulla sua vita familiare. La religione non è affatto un collante della società.
Finora il potere civile è stato cristiano. Anche in Nazioni separate dalla Chiesa, come nella mia, quand'ero giovane valeva ancora il detto: "Il cristianesimo è la legge del Paese". Ora questa struttura civile della società, che è stata creazione del cristianesimo, sta rigettando il cristianesimo. Il detto, e tanti altri che ne conseguivano, è scomparso o sta scomparendo, e per la fine del secolo, se Dio non interviene, sarà del tutto dimenticato. Finora si pensava che bastasse la religione con le sue sanzioni soprannaturali ad assicurare alla nostra popolazione la legge e l'ordine; ora filosofi e politici tendono a risolvere questo problema senza l'aiuto del cristianesimo. Al posto dell'autorità e dell'insegnamento della Chiesa, essi sostengono innanzitutto un'educazione totalmente secolarizzata, intesa a far capire ad ogni individuo che essere ordinato, laborioso e sobrio torna a suo personale vantaggio. Poi si forniscono i grandi principi che devono sostituire la religione e che le masse così educate dovrebbero seguire, le verità etiche fondamentali nel loro senso più ampio, la giustizia, la benevolenza, l'onestà, ecc.; l'esperienza acquisita; e quelle leggi naturali che esistono e agiscono spontaneamente nella società e nelle cose sociali, sia fisiche che psicologiche, ad esempio, nel governo, nel commercio, nella finanza, nel campo sanitario e nei rapporti tra le Nazioni. Quanto alla religione, essa è un lusso privato, che uno può permettersi, se vuole, ma che ovviamente deve pagare, e che non può né imporre agli altri né infastidirli praticandola lui stesso.
Le caratteristiche generali di questa grande apostasia sono identiche dovunque; ma nei particolari variano a seconda dei Paesi. Parlerò del mio Paese perché lo conosco meglio. Temo che essa avrà qui un grande seguito, anche se non si può immaginare come finirà. A prima vista si potrebbe pensare che gli Inglesi siano troppo religiosi per un modo di pensare che nel resto del continente europeo appare fondato sull'ateismo; ma la nostra disgrazia è che, nonostante, come altrove, conduca all'ateismo, qui esso non nasce necessariamente dall'ateismo. Occorre ricordare che le sette religiose, comparse in Inghilterra tre secoli fa e oggi così forti, si sono ferocemente opposte all'unione della Chiesa e dello Stato e vorrebbero la scristianizzazione della monarchia e di tutto il suo apparato, sostenendo che tale catastrofe renderebbe il cristianesimo più puro e più forte. Il principio del liberalismo, poi, ci è imposto dalle circostanze stesse. Consideriamo le conseguenze di tutte queste sette. Con tutta probabilità esse rappresentano la religione della metà della popolazione; e non dimentichiamo che il nostro governo è una democrazia. È come se, in una dozzina di persone prese a caso per la strada e che certamente hanno la loro quota di potere, si trovassero fino a sette religioni diverse. Ora come possono trovare unanimità di azione in campo locale o nazionale quando ciascuna si batte per il riconoscimento della propria denominazione religiosa? Ogni decisione sarebbe bloccata, a meno che l'argomento religione non venga del tutto ignorato. Non c'è altro da fare. E in terzo luogo, non dimentichiamo che nel pensiero liberale c'è molto di buono e di vero; basta citare, ad esempio, i principi di giustizia, onestà, sobrietà, autocontrollo, benevolenza che, come ho già notato, sono tra i suoi principi più proclamati e costituiscono leggi naturali della società. È solo quando ci accorgiamo che questo bell'elenco di principi è inteso a mettere da parte e cancellare completamente la religione, che ci troviamo costretti a condannare il liberalismo. Invero, non c'è mai stato un piano del Nemico così abilmente architettato e con più grandi possibilità di riuscita. E, di fatto, esso sta ampiamente raggiungendo i suoi scopi, attirando nei propri ranghi moltissimi uomini capaci, seri ed onesti, anziani stimati, dotati di lunga esperienza, e giovani di belle speranze.
Ecco come stanno le cose in Inghilterra, ed è un bene che tutti ce ne rendiamo conto; ma non si pensi assolutamente che io ne sia spaventato. Certo ne sono dispiaciuto, perché penso possa nuocere a molte anime, ma non temo affatto che abbia la capacità di impedire la vittoria della Parola di Dio, della santa Chiesa, del nostro Re Onnipotente, il Leone della tribù di Giuda, il Fedele e il Verace, e del suo Vicario in terra. Troppe volte ormai il cristianesimo si è trovato in quello che sembrava essere un pericolo mortale; perché ora dobbiamo spaventarci di fronte a questa nuova prova. Questo è assolutamente certo; ciò che invece è incerto, e in queste grandi sfide solitamente lo è, e rappresenta solitamente una grande sorpresa per tutti, è il modo in cui di volta in volta la Provvidenza protegge e salva i suoi eletti. A volte il nemico si trasforma in amico, a volte viene spogliato della sua virulenza e aggressività, a volte cade a pezzi da solo, a volte infierisce quanto basta, a nostro vantaggio, poi scompare. Normalmente la Chiesa non deve far altro che continuare a fare ciò che deve fare, nella fiducia e nella pace, stare tranquilla e attendere la salvezza di Dio. "Gli umili erediteranno la terra e godranno di una gran pace" (Ps 37, 11).
(©L'Osservatore Romano - 9 aprile 2010)
Con la gioia pensosa e gentile dell'Oratorio
di Edoardo Aldo Cerrato L'oratoriano cardinale John Henry Newman condividerà la gloria degli altari con san Filippo Neri e i discepoli del santo già riconosciuti dalla Chiesa come sicuri modelli di vita cristiana: san Francesco di Sales (1567-1622), fondatore e primo preposito dell'oratorio di Thonon, sebbene per la sua azione pastorale e la grandezza di dottore della Chiesa egli travalichi ampiamente i confini dell'oratorio; san Luigi Scrosoppi (1804-1884), mite e forte servo della carità nella sua città di Udine; i beati Giovanni Giovenale Ancina (1545-1604), discepolo di padre Filippo nell'oratorio di Roma e poi vescovo intrepido e riformatore della diocesi piemontese di Saluzzo; Antonio Grassi (1592-1671), angelo di pace nella sua città di Fermo; Sebastiano Valfré (1629-1710), operoso apostolo di Torino nei più vari campi della evangelizzazione e della carità, del quale stiamo celebrando il iii centenario del dies natalis; José Vaz (1651-1711), indiano di Goa ed evangelizzatore dello Sri Lanka, "il più grande missionario dell'Asia per l'Asia" (Giovanni Paolo II) del quale ci si appresta a celebrare, nel 2011, il iii centenario della morte.
Appartenente alla famiglia di padre Filippo, John Henry Newman - di cui già Pio xii aveva confidato a Jean Guitton: "Non dubiti, Newman sarà un giorno dottore della Chiesa" - appartiene, al tempo stesso, a tutti coloro che "sono alla ricerca - come disse Paolo vi - di un preciso orientamento e di una direzione attraverso le incertezze del mondo moderno". Anche Giovanni Paolo ii sottolineò l'universalità dell'oratoriano nella lettera commemorativa del secondo centenario della nascita: "Mi unisco volentieri a una schiera di voci in tutto il mondo, nel lodare Dio per il dono del grande Cardinale inglese e per la sua duratura testimonianza. (...) La missione particolare che Dio gli affidò garantisce che John Henry Newman appartiene a ogni epoca, luogo e persona".
Nell'imminenza della beatificazione è bello riascoltare, insieme alle parole di questi romani Pontefici almeno quelle che il Papa Benedetto XVI ha rivolto, recentemente, ai vescovi di Inghilterra e Galles in Visita ad limina: "Il cardinale Newman (...) ci ha lasciato un esempio eccezionale di fedeltà alla verità rivelata, seguendo quella kindly light ovunque essa lo conducesse, anche a un considerevole costo personale. Grandi scrittori e comunicatori della sua statura e della sua integrità sono necessari nella Chiesa oggi e spero che la devozione a lui ispirerà molti a seguirne le orme. Giustamente è stata prestata molta attenzione all'attività accademica e ai molti scritti di Newman, ma è importante ricordare che egli si considerava soprattutto un sacerdote. In questo Annus sacerdotalis, vi esorto a far presente ai vostri sacerdoti il suo esempio di impegno nella preghiera, di sensibilità pastorale per le necessità del suo gregge, di passione per la predicazione del Vangelo. Voi stessi dovreste offrire un esempio simile. Siate vicini ai vostri sacerdoti e riaccendete il loro senso di enorme privilegio e di gioia nello stare in mezzo al popolo di Dio come alter Christus".
Il grande Leone xiii, di cui ricorre quest'anno il secondo centenario della nascita, parlando della scelta di farlo cardinale nel primo concistoro del suo pontificato, confidava: "Non è stato facile, non è stato facile. Dicevano che fosse troppo liberale, ma io avevo deciso di onorare la Chiesa onorando Newman. Ho sempre avuto un culto per lui". Lo considerò - e lo dichiarò - il "suo cardinale".
Per il concistoro in cui avrebbe ricevuto la porpora padre J. H. Newman, giunto a Roma, scriveva al suo vescovo: "Il Santo Padre mi ha ricevuto molto affettuosamente stringendo la mia mano nella sua. Mi ha chiesto: "Intende continuare a guidare la Casa di Birmingham?". Risposi: "Dipende dal Santo Padre". Egli riprese: "Bene. Desidero che continuiate a dirigerla", e parlò a lungo di questo".
Una preziosa riflessione sul significato della scelta di Leone xiii - tenacemente voluta - di fare Newman a cardinale è stata offerta recentemente da monsignor Inos Biffi che scrive: "Il cardinalato e l'accoglienza di Leone xiii oltre che una riparazione per la diffidenza che per anni aveva circondato la vita e l'opera di Newman, erano soprattutto il riconoscimento del valore dell'ampio e lungo magistero di Newman. Ed è molto significativo che "L'Osservatore Romano" del 14 maggio, la vigilia del concistoro pubblico, pubblicasse in prima pagina il discorso pronunziato da Newman dopo la consegna del Biglietto di nomina, il 12 maggio, dove faceva un rapido bilancio della sua vita e dove trattava di un tema che appare ancora di impressionante attualità: quello del liberalismo religioso". Newman, infatti, dopo aver espresso la sua meraviglia, affermava in quel discorso: "Godo nel dire che a un gran male mi sono opposto fin dal principio. Per trenta, quaranta, cinquant'anni anni ho resistito, con tutte le mie forze, allo spirito del liberalismo religioso, e mai la Chiesa ebbe come oggi più urgentemente bisogno di oppositori contro di esso, mentre, ahimé, questo errore si stende come una rete su tutta la terra. (...) Il liberalismo religioso è la dottrina secondo la quale non esiste nessuna verità positiva in campo religioso, ma che qualsiasi credo è buono come qualunque altro; e questa è la dottrina che, di giorno in giorno, acquista consistenza e vigore. Questa posizione è incompatibile con ogni riconoscimento di una religione come vera. Esso insegna che tutte sono da tollerare, in quanto sono tutte materia di opinione. La religione rivelata non è verità, ma sentimento e gusto, non fatto obiettivo (...) Ogni individuo ha diritto a interpretarla a modo suo (...) La bella struttura della società che è l'opera del cristianesimo, sta ripudiando il cristianesimo; filosofi e politici vorrebbero surrogare anzitutto un'educazione universale, affatto secolare che provvede le ampie verità etiche fondamentali di giustizia, benevolenza, veracità e simili; sennonché un tale progetto è diretto a rimuovere e ad escludere la religione".
Newman fu profondamente oratoriano. La scelta oratoriana compiuta dal neo-convertito - che tornò da Roma in Inghilterra portando con sé il breve Magna Nobis semper del 1847, con cui il beato Pio ix istituiva l'oratorio in Inghilterra dando a Newman facoltà di propagarlo in quella nazione - è dettata dall'amore per la proposta di vita sacerdotale che venne da san Filippo Neri e che Newman visse intensamente, come lucidamente la descrisse nei sermoni sulla Missione di san Filippo Neri (Birmingham, 1850), nelle Lettere inviate da Dublino nel 1856 alla sua comunità, in alcune preghiere - tra queste le preziose Litaniae - composte per chiedere al santo le grazie di cui egli fu singolarmente arricchito.
Che cosa, di padre Filippo, affascinò John Henry Newman, spingendolo a scegliere l'oratorio come forma e metodo della sua vita sacerdotale nella Chiesa cattolica?
Un solo elemento desideriamo sottolineare che ci pare esprimere in armoniosa sintesi tutto il mondo interiore di padre Filippo colto da Newman: la "gentilezza".
Caratteristica del santo come dote temperamentale, questa "gentilezza" è, al tempo stesso, sintesi di alti valori acquisiti in un forte e dolce rapporto con la presenza viva di Gesù Cristo: singolare libertà di spirito, amore per una vita autenticamente comunitaria normata da leggi di discrezione, rispetto delle doti di ognuno, sapiente semplicità che fece della gioia di Filippo "una gioia pensosa", secondo la bella formula di Goethe affidata al diario del suo Viaggio in Italia.
"Amo un vecchio dal dolce aspetto, - scrisse Newman in riferimento a san Filippo - lo ravviso nel suo pronto sorriso, nell'occhio acuto e profondo, nella parola che infiamma uscendo dal suo labbro quando non è rapito in estasi".
Nel momento in cui gli fu offerta la porpora romana, un favore Newman chiese a Papa Leone: "Da trent'anni sono vissuto nell'Oratorio, nella pace e nella felicità. Vorrei pregare Vostra Santità di non togliermi a san Filippo, mio padre e patrono, e di lasciarmi morire là dove sono vissuto così a lungo".
Con tali espressioni padre John Henry si collocava sulla scia dei primi discepoli di Filippo Neri chiamati alla dignità cardinalizia, e anticipava la scelta fatta dall'ultimo cardinale oratoriano, padre Giulio Bevilacqua (1881-1965), il quale, accettando la porpora per le insistenze di Paolo vi, chiese e ottenne dal Papa di poter continuare il suo ministero di parroco nella comunità di Sant'Antonio, alla periferia di Brescia.
(©L'Osservatore Romano - 9 aprile 2010)