Roma. “E’ come se tornasse ogni volta la
curiosità di Stalin: quante divisioni ha il
Papa?”, dice sorridendo il gesuita Franco
Imoda. Pochi anni fa, quando era rettore
dell’Università Gregoriana, ebbe l’idea di
organizzare un corso per diplomatici che
spiegasse come funziona il Vaticano e le
strutture ecclesiastiche in generale. In effetti
gli interna corporis della Santa Sede
sono piuttosto imperscrutabili anche per
gli addetti ai lavori e l’iniziativa, in collaborazione
con l’Istituto Jacques Maritain,
è stata accolta con grande favore nelle
cancellerie di tutto il mondo. “L’anno scorso
la Cina fu tentata fino all’ultimo di partecipare;
gli apprezzamenti sono venuti da
ogni parte, Iran compreso”, dice Imoda. La
prima edizione del corso era dedicata ai
paesi del Maghreb e del medio oriente, la
seconda a quelli dell’Africa nera e la terza
all’Asia. Quest’anno è la volta dell’America
latina. Una ventina di persone, selezionate
dai vari stati, si sottoporranno a
una full immersion grazie alla quale il Vaticano
(che non potendo gestire direttamente
l’iniziativa manda avanti i gesuiti,
maestri di relazioni diplomatiche fin dai
tempi di Matteo Ricci) spera di avere nel
prossimo futuro interlocutori avveduti.
Anche la Farnesina sostiene il corso che
verrà inaugurato dopodomani alla presenza,
tra gli altri, di Óscar Andrés Rodríguez
Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, e
Jean-Louis Tauran, capo del pontificio
consiglio per il Dialogo interreligioso. I
due cardinali saranno tra i docenti del
corso (oltre ad accademici, ambasciatori,
giornalisti specializzati) che avrà un primo
modulo teorico a Roma e un secondo di taglio
pastorale a Torino. La chiesa non rinuncia
quindi al suo ruolo di potenza politica.
“Ai tempi del Concilio si ipotizzò di
abolire i nunzi ma non se ne fece nulla
perché in fondo sono i rappresentanti di
un potere disarmato che a volte ottiene
dei risultati, come i negoziati di pace tra
Cile e Argentina”, nota padre Imoda.
Quella della Santa Sede è una diplomazia
un po’ particolare. Lo sottolinea anche
l’altro ideatore del corso, il segretario generale
dell’Istituto Maritain Roberto Papini:
“Oggi nelle relazioni internazionali si
punta molto sul soft power, la capacità di
regolare i conflitti grazie alle mediazioni
culturali. La chiesa cattolica è sempre stata
una grande figura di mediazione sullo
scacchiere internazionale, lo diceva anche
Henry Kissinger. Per il fatto stesso del suo
messaggio, dei valori di cui si fa portatrice,
per come è strutturata capillarmente,
ha un’influenza reale in molti paesi”. Che
magari gli stessi diplomatici non percepiscono.
Da qui la necessità di un corso di
aggiornamento. “L’America latina vive una
stagione di disincanto. I diplomatici di
quei paesi in realtà già conoscono le chiese
locali, noi cerchiamo di offrire loro una
visione globale”. (mb)
© Copyright Il Foglio 8 maggio 2010