di Alessandro D’Avenia
Tratto da Avvenire dell'8 settembre 2010
«Tutti vogliono le stesse cose, tutti sono eguali. Una vo gliuzza per il giorno e una per la not te: salva restando la salute. 'Noi ab biamo inventato la felicità' – dicono e strizzano l’occhio. Io ho conosciu to persone nobili che hanno perduto la loro speranza più elevata. E da al lora calunniano tutte le speranze e levate. Da allora vivono sfrontata mente di brevi piaceri e non riesco no più a porsi neppure mete effime re. Perciò hanno spezzato le ali al lo ro spirito: che ora striscia per terra e contamina ciò che rode... Ma, ti scon giuro: mantieni sacra la tua speranza più elevata!». A leggere queste parole di Nietzsche si rimane sbalorditi: a veva previsto la chiusura della men te borghese e la sua rinuncia alla vi ta.
Nessun uomo è un’isola e, parafra sando il poeta, si può dire lo stesso di uno studente che abbandona la scuo la. Se abbandona, non fallisce lui so lo, ma la scuola come relazione: ge nitori- insegnanti-studenti. I dati par lano chiaro, negli ultimi cinque anni uno studente su tre dell’ultimo quin quennio non arriva al diploma; nel l’ultimo anno il 20% ha abbandona to il liceo e il 44% gli istituti profes sionali. La scuola dovrebbe essere, at traverso la cultura e il lavoro manua le, un trampolino di lancio per la scel ta professionale più adeguata. Quel lo che posso dire, da professore, è che molti abbandonano perché la scuo la appare loro inutile per ciò che vo gliono essere e fare nella vita.
Durante un’estate da liceale squattri nato lavoravo in un cantiere come aiuto di un manovale: «Sei fortunato – mi ripeteva – perché puoi studiare: se potessi, io tornerei indietro». La scuola dell’obbligo non obbliga a ri manerle fedele perché non riesce a obbligarti: solo gli amori veri e gran di 'obbligano' alla fedeltà. I ragazzi che si disperdono spesso non hanno trovato docenti in grado di appassio narli. Eppure la scuola dovrebbe es sere un 'andare a bottega': scoperta e incoraggiamento dei talenti perso nali per opera di maestri. Ho incon trato, con l’occasione del mio primo libro, studenti di tutte le città e per corsi. Ho trovato ragazzi di istituti tec nici affamati di letture, ben sapendo che avrebbero fatto l’elettricista, l’i draulico, l’informatico. Tutto merito di professori appassionati ai loro a lunni, capaci di accendere nei ragaz zi, attraverso la cura del pezzo di mondo loro affidato, lo sguardo su una vita più grande, più piena, più ric ca.
Molti ragazzi abbandonano perché tanto un lavoro si trova: si guadagna subito e si realizza l’orizzonte ristret to delle «vogliuzze». Manca loro uno sguardo di più lunga gittata. Gli adulti descritti da Nietzsche riescono a spe gnere quello sguardo, perché hanno rinunciato loro stessi a una vita più grande. Anche loro si accontentano del tutto e subito. Se i ragazzi non leg gono libri, è perché gli adulti accen dono la tv, invece di prendere in ma no un libro. Se i ragazzi abbandona no la scuola, è perché gli adulti della scuola non sono interessati a loro. La crisi dei giovani è crisi di maestri. Io conosco centinaia di maestri capaci di provocare la nostalgia del futuro, provocando (chiamandole alla luce) le risorse migliori degli studenti. Di contro ci sono docenti che odiano i loro studenti, li umiliano e condan nano all’abbandono, non solo della scuola, ma di sé stessi.
Nietzsche sferzava i benpensanti che trasformavano la felicità in vogliuzze e benessere, gli stessi che hanno cri ticato queste parole: «Allo stesso tem po la gioventù rimane comunque l’età in cui si è alla ricerca della vita più grande. Se penso ai miei anni di allo ra: semplicemente non volevamo perderci nella normalità della vita borghese. Volevamo ciò che è grande, nuovo. Volevamo trovare la vita stes sa nella sua vastità e bellezza». Le ha pronunciate Benedetto XVI, qualche giorno fa. Nietzsche e il Papa sem brano d’accordo. Esiste un terreno sul quale la scuola sta mancando e non è questione di ideologie, ma di amo re all’uomo. Nella scuola è dei docenti – alleati ai genitori – il compito di tra smettere una vita più grande e nuo va attraverso le loro ore di lezione.