«Carissimi, che dono inestimabile per la Chiesa la lezione del Servo di Dio Paolo VI! E com’è entusiasmante ogni volta mettersi alla sua scuola! E’ una lezione che riguarda tutti e impegna tutti, secondo i diversi doni e ministeri di cui è ricco il Popolo di Dio, per l’azione dello Spirito Santo. In questo Anno Sacerdotale mi piace sottolineare come essa interessi e coinvolga in modo particolare i sacerdoti, ai quali Papa Montini riservò sempre un affetto e una sollecitudine speciali. Nell’Enciclica sul celibato sacerdotale egli scrisse: “Preso da Cristo Gesù” (Fil 3,12) fino all’abbandono di tutto se stesso a lui, il sacerdote si configura più perfettamente a Cristo anche nell’amore col quale l’eterno Sacerdote ha amato la Chiesa suo corpo, offrendo tutto se stesso per lei… La verginità consacrata dei sacri ministri manifesta infatti l’amore verginale di Cristo per la Chiesa e la verginale e soprannaturale fecondità di questo connubio” (Sacerdotalis caelibatus, 26)… E vorrei ricordare anche quelle che Paolo VI rivolse agli alunni del Seminario Lombardo il 7 dicembre 1968, mentre le difficoltà del post – Concilio si sommavano con i fermenti del mondo giovanile: “Tanti – disse – si aspettano dal Papa gesti clamorosi, interventi energici e decisivi. Il Papa non ritiene di dover seguire altra linea che non sia quella della confidenza in Gesù Cristo, a cui preme la sua Chiesa più che non a chiunque altro. Sarà Lui a sedare la tempesta… Non si tratta di un’attesa sterile o inerte: bensì di attesa vigile nella preghiera. E’ questa la condizione che Gesù ha scelto per noi, affinché Egli possa operare in pienezza. Anche il Papa ha bisogno di essere aiutato con la preghiera” (Insegnamenti VI, (1968), 1189)» [Benedetto XVI, Omelia, 8 novembre 2009].
Nella Lettera per l’indizione di un anno sacerdotale, rifacendosi alla Lettera enciclica Sacerdotii nostri primordia di Papa Giovanni XXIII, nella quale i “tre consigli evangelici” di povertà, obbedienza, castità sono giudicati necessari anche per i presbiteri, riporta: “Se, per raggiungere questa santità di vita, la pratica dei consigli evangelici non è imposta al sacerdote in virtù dello stato clericale, essa si presenta nondimeno a lui, come a tutti i discepoli del Signore, come la via regolare della santificazione cristiana”. Il Curato d’Ars seppe vivere i “consigli evangelici” nelle modalità adatte alla condizione di presbitero. E anche la sua castità era quella richiesta a un prete per il suo ministero. “Si può dire – sottolinea – che era la castità conveniente a chi deve toccare abitualmente l’Eucaristia e abitualmente la guarda con tutto il trasporto del cuore e con lo stesso trasporto la dona ai suoi fedeli. Dicevano di lui che “la castità brillava nel suo sguardo”, e i fedeli se ne accorgevano quando egli si volgeva a guardare il tabernacolo con gli occhi di un innamorato”.
Per Benedetto XVI il connubio amore verginale a Cristo e alla Chiesa, citando Paolo VI nel discorso al Seminario Lombardo nel 1968 quando si chiedevano al Papa interventi energici e decisivi e lui seguiva la linea paziente della confidenza in Cristo, è fecondo per essere nella Chiesa buoni educatori cioè capaci di non badare a diverse cose non buone e premurarci di condurre fuori dalle strettezze. “Non dovrebbe la grande Chiesa – Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica riguardo alla remissione della scomunica del 10 marzo 2009 – permettersi di essere anche generosa nella consapevolezza del lungo respiro che possiede; nella consapevolezza della promessa che le è stata data?”. Non si tratta di un’attesa sterile o inerte: bensì attesa vigile nella preghiera, condizione perché la presenza del Risorto operi pienamente.
Nella Lettera per l’indizione di un anno sacerdotale, rifacendosi alla Lettera enciclica Sacerdotii nostri primordia di Papa Giovanni XXIII, nella quale i “tre consigli evangelici” di povertà, obbedienza, castità sono giudicati necessari anche per i presbiteri, riporta: “Se, per raggiungere questa santità di vita, la pratica dei consigli evangelici non è imposta al sacerdote in virtù dello stato clericale, essa si presenta nondimeno a lui, come a tutti i discepoli del Signore, come la via regolare della santificazione cristiana”. Il Curato d’Ars seppe vivere i “consigli evangelici” nelle modalità adatte alla condizione di presbitero. E anche la sua castità era quella richiesta a un prete per il suo ministero. “Si può dire – sottolinea – che era la castità conveniente a chi deve toccare abitualmente l’Eucaristia e abitualmente la guarda con tutto il trasporto del cuore e con lo stesso trasporto la dona ai suoi fedeli. Dicevano di lui che “la castità brillava nel suo sguardo”, e i fedeli se ne accorgevano quando egli si volgeva a guardare il tabernacolo con gli occhi di un innamorato”.
Per Benedetto XVI il connubio amore verginale a Cristo e alla Chiesa, citando Paolo VI nel discorso al Seminario Lombardo nel 1968 quando si chiedevano al Papa interventi energici e decisivi e lui seguiva la linea paziente della confidenza in Cristo, è fecondo per essere nella Chiesa buoni educatori cioè capaci di non badare a diverse cose non buone e premurarci di condurre fuori dalle strettezze. “Non dovrebbe la grande Chiesa – Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica riguardo alla remissione della scomunica del 10 marzo 2009 – permettersi di essere anche generosa nella consapevolezza del lungo respiro che possiede; nella consapevolezza della promessa che le è stata data?”. Non si tratta di un’attesa sterile o inerte: bensì attesa vigile nella preghiera, condizione perché la presenza del Risorto operi pienamente.
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