DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Società liquida: quale futuro per le fedi

di Massimo Giuliani
Tratto da Avvenire dell'11 novembre 2009

Sono sempre più frequenti oggi saggi e volumi sul ritorno delle fedi, e delle religioni, nel dibattito pubblico e sul ruolo che esse giocano nello scacchiere geo-politico mondiale.

Ma si tratta altrettanto spesso di testi o polemicamente anti-religiosi o apertamente apologetici. Non è un paradosso affermare che esistono, al contempo, un deficit di riflessione sul fenomeno religioso e un bisogno di capirlo in maniera più profonda e ragionata, rendendo conto della complessità delle società tardo-moderne (multi­culturali, post-secolari, globalizzate, e via catalogando) in cui viviamo. Quale peso oggettivo hanno le religioni come «meccanismi identitari» in un vissuto sociale sempre più segnato da vincoli istituzionali deboli e da una sovrabbondanza di opzioni e di scelte, ben simbolizzato dalla quasi infinita disponibilità della e nella Rete? È vero che, sfuggendo alle strategie di controllo e di conservazione messe in atto dalle istituzioni religiose tradizionali (soprattutto cristiane, islamiche ed ebraiche), si sta facendo strada una religiosità virtuale, liquida e sempre mutevole, che sancirebbe il trionfo di un’identità, individuale e collettiva, dalle identiche caratteristiche? E qual è la ricaduta di una simile ri-definizione della religione sull’identità personale qualora si profilasse un conflitto sociale o uno scontro culturale, ad esempio in materia di immigrazione o di diverse concezioni della laicità dello stato o quant’altro che la cronaca non manca di suggerire ogni giorno? Queste domande, e il bisogno di nuovo pensiero religioso a cui sembrano alludere, trovano eco e forse qualche originale, non sbrigativa ipotesi di risposta nell’impegnativa opera curata da Giovanni Filoramo dal titolo «Le religioni e il mondo moderno» (Einaudi). Si tratta del quarto volume, che appare dopo quelli specificamente dedicati a cristianesimo, ebraismo e islam, di un’opera che intende scandagliare, sotto molteplici punti di vista espressi da diversi esperti a livello italiano e internazionale, le modalità con cui nella tarda modernità sta evolvendo il ruolo delle religioni (al plurale) nella definizione delle identità personali e collettive, in rapporto all’appartenenza etnica o sociale ma anche in rapporto alle istituzioni e alle teologie a cui quelle religioni hanno dato vita nel corso della storia. Nell’introduzione e in suo saggio, Filoramo ipotizza tra il resto che stia emergendo ciò che lui chiama una «religione diasporica»: in società non più culturalmente omogenee, e rese liquide sia dal tasso migratorio (in entrata e in uscita) sia dalla mobilità elettronica (la Rete), l’esperienza religiosa d’origine, alla quale cioè siamo stati iniziati da piccoli, potrebbe fungere in futuro da prezioso collante per un’identità alle prese con le lealtà multiple che ci sono richieste. Tale funzione non può che essere positiva, e potrebbe attenuare il sempre ricorrente rischio di conflitti o di competizioni nel singolo non meno che nella società.

Forse l’aspetto meno esplorato in questa riflessione (e nell’intero volume) è l’impatto che sulle nuove forme di religiosità può avere una sensibilità, oltre che una pratica, che si va sempre più diffondendo come quella del dialogo interreligioso, dello scambio interconfessionale e dell’educazione alla multiculturalità.