Si combatte a colpi di interpretazioni e distinguo attorno alla decisione con cui ieri il Tribunale amministrativo di Besançon ha concesso il nulla osta all’adozione di un bambino da parte di una donna che vive in coppia con un’altra donna.
In Francia l’adozione per i single è consentita, mentre non lo è per i semplici conviventi o per coppie unite da Pacs. Ma la protagonista del caso – un’insegnante del Jura, che lo scorso anno aveva ottenuto dalla Corte europea dei diritti dell’uomo la condanna della Francia per “discriminazione sessuale” – si era vista negare in due occasioni la licenza di adozione, anche dopo la sentenza di Strasburgo. Il rifiuto si basava su “motivi non legati alla sua omosessualità”, avevano detto i giudici, ma alla mancanza di “punti di riferimento paterni” e all’ambiguità della posizione della convivente (c’è tuttora disaccordo, nella coppia, sull’età del bambino da adottare, il cui interesse dovrebbe essere considerato centrale).
La licenza è stata concessa a una persona, non alla coppia, e il governo continua a essere contrario all’adozione per le coppie gay, diceva ieri il portavoce governativo Luc Chatel, ministro dell’Educazione nazionale. Ma la decisione di Besançon è un precedente dirompente. Salutato come vittoria epocale dal movimento arcobaleno, il quale parla di aperto riconoscimento del diritto di adozione da parte della coppia omosessuale, in quanto tale.