DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Amsterdam nasconde il Natale dietro le luci Ma tra l’indifferenza sta rispuntando la fede

MARINA CORRADI
C
andida la neve, spazzata dal vento gelido del Mare del Nord, Amsterdam è festo­sa in questa fine di di­cembre. Sfarzose lumina­rie illuminano la Damrak e piazza Dam. Piste di pat­tinaggio affollate di ra­gazzi ridenti, Babbi Nata­le, e le note di “Jingle bel­ls” che escono dai grandi magazzini affollati. Saldi, saldi, sta scritto sulle ve­trine: in Olanda, i regali li porta Santa Klaus, il 5 di dicembre. Ora già si sven­dono montagne di stivali e giacche a vento. Ma co­sa resta del Natale in un Paese fra i più secolariz­zati d’Europa, dove il 58 % della popolazione, secon­do un’indagine, non sa cosa esattamente è acca­duto, quel giorno? In un Paese con 900mila immi­grati arabi su 16milioni di abitanti, e venti moschee nella sola Amsterdam?
Cercando il Natale di Amsterdam

La Oude Kerk, la più anti­ca chiesa della città, co­struita nel 1309, si erge con la sua mole nel cuore del centro. Attorno, è il Red Light District, il quar­tiere a luci rosse. Dalle ve­trine in cui stanno espo­ste, le prostitute sudame­ricane e dell’Est bussano
ai vetri per attirare l’at­tenzione dei passanti. Qualcuna indossa un ber­retto da Babbo Natale. Le guardi e cerchi di imma­ginare quale storia le ha condotte qui. Loro sorri­dono, ammiccanti. Ma le mille luci della città sono una ubriacatura che co­pre la falsa allegria di que­sti vicoli. Vai oltre. La Neuwe Kerk, la chiesa do­ve veniva­no incoro­nati i re d’Olanda, è un mu­seo. L’unica «chiesa» affol­lata in città è Scientology, sei piani in pieno centro. « Istituto di tecnologia re­ligiosa », si legge su un ma­nifesto all’interno. Offro­no, gratis, test sullo stress. C’è un sacco di gente.
Strano e triste per un italiano

È strano e triste per un i­taliano questo susseguir­si di chiese che non sono più chiese: ma condomi­nii, locali, moschee. Os­servi i netturbini, i mano­vali nelle strade, i came­rieri nelle pizzerie: sono quasi tutti marocchini o turchi. Quasi un milione di mani. E anche se quasi altrettanti immigrati ven­gono da Paesi cristiani, gli olandesi, di tutti questi i­slamici, hanno paura. Il partito di Gert Wilders, destra populista in qual­che modo somigliante al­la nostra Lega, è il secon­do per consensi, e le ele­zioni sono fra pochi mesi. Due terzi degli olandesi dicono che gli immigrati sono troppi. In periferia ci sono quartieri come Slo­tervaart,
ghetti unica­mente islamici, dove in­contrare un olandese è quasi impossibile. Se ne sono andati tutti. Rotter­dam poi ha una percen­tuale di islamici ancora più alta, e un sindaco mu­sulmano. Un giornale a­mericano l’ha chiamata « incubo Eurabia » . In realtà, le donne velate che incontri nel centro delle città olandesi sono meno che in certi quartieri di Milano. Benché gli omici­di Van Gogh e Fortuyn ab­biano scosso profonda­mente gli olandesi, e esi­stano tuttora imam fon­damentalisti, in grande maggioranza gli islamici sembrano voler lavorare e vivere in pace.
La paura dell’ « Eurabia »

La paura dell’ « Eurabia » sembra in verità solo un fatto conseguente a un fe­nomeno ancora più radi­cale: la secolarizzazione quasi totale di un Paese che, fino all’ultima guerra, era cattolico o protestan­te, comunque cristiano. Un crollo: solo il 7 % dei cattolici oggi va a Messa la domenica. Viene bat­tezzato il 16 % dei bambi­ni. Su nozze gay e eutana­sia l’Olanda è stata pio­niera. « Dopo il Concilio – dice il professor Wim Pee­ters, insegnante al semi­nario della diocesi di Haarlem- Amsterdam – la Chiesa olandese è entra­ta in una crisi profonda. La generazione degli an­ni Cinquanta se ne è an­data, e ha dimenticato di educare i suoi figli » . Nel
1964 anche l’insegna­mento religioso nelle scuole è stato abolito. Due generazioni di olandesi hanno dimenticato l’alfa­beto cristiano. Nel regi­stro del seminario di Haarlem, il numero dei preti ordinati precipita al­la fine degli Anni Sessan­ta. Nel 1968, nemmeno u­no. « Io credo – dice Pee­ters – che non avremmo niente da temere dall’i­slam, se fossimo cristiani. E spesso sembra che gli o­landesi oggi abbiano pau­ra di tutto: di avere figli, degli immigrati. Ma la paura, è l’esatto contrario della fede » .
Una ricerca che non si ferma

Cercando, ancora, il Na­tale. In Oudezijds Voor­burgwal al 40, nel Red Li­ght District, c’è un picco­lo portone. All’ultimo pia­no del Museum Amstelk­ring c’è una chiesa, una chiesa clandestina, risa­lente al tempo delle per­secuzioni calviniste che
proibivano il culto catto­lico. Nel sottotetto un al­tare, un organo, dieci pan­che cui i fedeli accedeva­no di nascosto. Ons’Lieve Heer op Solder, si chiama la chiesa, « Il nostro caro Signore in soffitta » . Cristo in soffitta, ti chiedi, è que­sto il Natale di Amster­dam? Eppure. Nel semi­nario di Haarlem- Amster­dam oggi ci sono 45 semi­naristi, riflesso anche di una forte presenza neo­catecumenale. Monsi­gnor Josef Punt, il vesco­vo, spiega che oggi qual­cosa è cambiato rispetto alla crisi più dura, venti o trenta anni fa. Se nel ’ 68 da questo seminario non uscì un solo sacerdote, « oggi ogni anno in tutta l’Olanda vengono ordina­ti 15 nuovi preti, che man­tengono gli organici a li­vello stabile. In questa diocesi al­cune centi­naia di per­sone chie­dono ogni anno il bat­tesimo da adulti. Si percepisce una nuova domanda, generata dal senso di vuoto. Certo, par­liamo di piccoli numeri. Siamo una Chiesa missio­naria. Tutto è da ricomin­ciare da capo. Stiamo creando nei monasteri fuori città dei centri di e­vangelizzazione per chi, lontano dalla fede, voglia riscoprirla. Nella nostra scuola cattolica a Haar­lem non riusciamo ad ac­cogliere tutte le domande di iscrizione. Io ho la sen­sazione che questi geni­tori, pure non più creden­ti, siano affascinati dalla bellezza del cristianesi­mo, e la desiderino per i figli » .
Il primo germe di una rinascita?

Occorre fiducia per cre­derci, in questa città dove dai campanili di chiese che non sono più chiese le campane suonano dol­ci melodie natalizie. Mil­le Babbi Natale, e nessun presepe. Tranne uno, pic­colissimo, nelle stanze dell’Esercito della Salvez­za, vicino alla Centraal Station, alla mensa dei
poveri. Venti clochard ab­brutiti dal freddo, ther­mos giganti di caffé caldo, e quel piccolo presepe. E poi ancora, in Egelantin­straat 147, quasi periferia, una casa povera. Suoni, ti apre una suora di Madre Teresa. Sono in quattro. Qui, ogni mattina, c’è la Messa, ogni sera i vespri. Una cappella disadorna, due suore in adorazione. Sotto l’altare, una man­giatoia vuota.
Ma se il senso del Natale è una domanda, un’atte­sa, allora lo incontri an­cora nelle vie di questa città. È lo zoccolo vuoto che i bambini depongono nel camino la notte di Santa Klaus, aspettando un dono. Sono quei clo­chard, e anche, se le guar­di negli occhi, quelle gio­vani prostitute nelle vetri­ne del Red Light District. Sono i vecchi soli che camminano esitanti sulla neve, temendo di cadere e di finire invalidi in un o­spedale dove forse li guar­deranno come pesi inuti­li. Sono le sedicenni alla tavola di una pizzeria ita­liana dietro il Dam, che cantano tenendosi per mano « I wish you a merry Christmas and a happy new year » . Già, un anno felice. « Nonostante tutto – ci ha detto il professor Wim Peeters – la doman­da della felicità, e quindi di Dio, resta sempre, nel cuore dell’uomo » .


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